La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 34414 del 4 agosto 2023 ha enunciato il seguente principio di diritto: “integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del tecnico che attesti falsamente in una perizia giurata dinanzi al cancelliere l’esistenza ovvero l’inesistenza di circostanze di fatto oggetto di percezione diretta da parte dello stesso”.
La Suprema Corte ha stabilito che è corretta la sussunzione giuridica della condotta contestata all’imputato nel reato di cui all’art. 483 cod. pen.
La cassazione ha infatti da lungo tempo chiarito che la perizia giurata stragiudiziale, introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 5 del r.d. 9 ottobre 1922 n. 1366, è un istituto al quale più volte il legislatore ha fatto ricorso nel delegare al cittadino quelle funzioni di accertamento, una volta riservate alla pubblica amministrazione, ed aventi ad oggetto presupposti di fatto essenziali, connessi all’esercizio di diritti soggettivi e di interessi legittimi.
Ne deriva che, se la falsa attestazione riguarda – come è senz’altro nella fattispecie per cui è processo venendo in rilievo la presenza, o no, del laboratorio artigianale sui luoghi oggetto della perizia – circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, e non valutazioni conseguenti alla utilizzazione di regole d’esperienza, è ravvisabile, nei suoi aspetti oggettivi, l’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 483 cod. pen., atteso che la formula del giuramento prestato al cancelliere attribuisce al contenuto della perizia, nella parte relativa alla attestazione di fatti oggettivi, la efficacia probatoria conseguente alla natura pubblicistica dell’atto (Sez. 5, n. 12108 del 09/07/1987, Rv. 177156 – 01).
Questo orientamento è rimasto fermo nella giurisprudenza di legittimità successiva che ha ribadito che integra il delitto di falsità ideologica del privato il rilascio, da parte di un esperto qualificato iscritto in un albo speciale, di false attestazioni in merito a circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, riversate in un atto pubblico, costituenti premessa di un provvedimento dell’autorità, amministrativa o giudiziaria, che, in assenza delle stesse, dovrebbe o potrebbe disporre l’accertamento d’ufficio.
In applicazione di tale principio, ad esempio, Sez. 5, n. 12733 del 27/01/2020, Rv. 279021 – 01, ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 483 cod. pen. in fattispecie relativa all’asseverazione da parte di un tecnico incaricato, mediante falso giuramento reso al cancelliere, di una relazione peritale dallo stesso redatta, nella quale si attestava, contrariamente al vero, che l’immobile oggetto di verifica non aveva subito, in epoca successiva ad una determinata data, interventi edilizi per i quali era necessario il rilascio di concessione edilizia.
Né, del resto, nell’ipotesi in esame il reato di falsità ideologica in atto pubblico può essere escluso perché la perizia giurata dall’imputato che ha attestato la presenza in loco del manufatto già demolito era destinata ad essere allegata a un contratto di compravendita rogato da un notaio poiché ad essere responsabili di quanto dichiarato su determinate caratteristiche oggettive dell’immobile non rispondenti al vero sono i privati che effettuano la dichiarazione, sulla cui veridicità il notaio non ha alcun obbligo di compiere verifiche (cfr., ex ceteris, Sez. 5, n. 5178 del 12/12/2017, dep. 2018, Rv. 272443 – 01; Sez. 5, n. 11628 del 30/11/2011, dep. 2012, Rv. 252298 – 01).
Pertanto deve essere affermato il principio di diritto per il quale integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del tecnico che attesti falsamente in una perizia giurata dinanzi al cancelliere l’esistenza ovvero l’inesistenza di circostanze di fatto oggetto di percezione diretta da parte dello stesso (come, nella specie, la presenza sui luoghi di un manufatto già demolito).
La peculiare natura della perizia stragiudiziale giurata che, come evidenziato, non è un atto privatistico, stante la funzione solenne e dunque pubblicistica riservata a tale atto dall’ordinamento proprio per asseverare determinate circostanze da parte di un soggetto avente particolari cognizioni tecniche quale presupposto di ulteriori atti comporta che non possa ritenersi che il ricorrente, professionista esperto, sia incorso in un errore rilevante sulla valenza delle proprie attestazioni non rispondente al vero tale da far escludere l’elemento soggettivo del reato.
