La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 34633/2023 ha stabilito che gli atti di indagine, tempestivamente effettuati, ma trasmessi e depositati in data successiva alla notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. ed antecedentemente alla celebrazione dell’udienza preliminare sono utilizzabili.
La trasmissione in ritardo ha natura “fisiologica“, non determinando alcuna violazione del diritto di difesa, ed è sanata dalla successiva e corretta acquisizione dell’atto nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza della cassazione sezione 6 numero 39576/2022.
Fatto
La difesa denuncia la violazione degli artt. 178, 416, 419, 430, 191, 192 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione.
Deduce che la Corte territoriale è incorsa in errore nel ritenere che, essendo l’accertamento tecnico sulle piante avvenuto dopo l’avviso di conclusione delle indagini, sarebbe irrilevante il mancato inserimento dell’atto prima di detto avviso ed insussistente la lesione del diritto difesa per essere stato l’avviso di deposito notificato al difensore il 30 luglio 2020 nel corso del giudizio di primo grado, dopo la verifica della costituzione delle parti.
Rileva che, sebbene l’analisi tossicologica fu effettuata il 23 dicembre 2019, quindi, dopo la notificazione dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., dell’accertamento non fu data notizia alla difesa prima dell’udienza preliminare dell’8 gennaio 2020 e l’avviso di deposito fu notificato solo dopo il rinvio a giudizio, nel giudizio di primo grado dopo l’ammissione delle prove.
La scelta di non inserire nel fascicolo delle indagini l’accertamento tecnico, perfezionatosi dopo l’avviso di conclusione delle indagini, ma prima della richiesta di rinvio a giudizio, non ha consentito alla difesa l’accesso al materiale probatorio raccolto e ha inciso sulla possibilità dell’imputato di accedere a riti alternativi.
Decisione
La cassazione ha ritenuto infondato il motivo.
La cui natura processuale consente di accedere agli atti, dai quali emerge che il 25 novembre 2019 fu notificato l’avviso di conclusione delle indagini, mentre l’attività tecnica fu compiuta dai CC il 22 novembre 2019; la consulenza tecnica, redatta il 23 dicembre 2019 e trasmessa via pec il 25 dicembre 2019 (v. pag. 2 sentenza di primo grado), non fu prodotta all’udienza preliminare tenutasi 1’8 gennaio 2020, ma solo nel corso del giudizio di primo grado.
Risulta infatti, dagli atti, che all’udienza del 24 giugno 2020 il teste C., in servizio presso la stazione CC di xxx consegnò la relazione tecnica al P.m., che ne chiese l’acquisizione e l’escussione del tecnico che l’aveva redatta.
Stante l’opposizione della difesa e l’invito del Tribunale a verificare se l’atto fosse stato o meno inserito nel fascicolo del P.m., all’udienza del 14 ottobre 2020 il P.m, chiese di depositare l’accertamento tecnico svolto, notificato al difensore, come attività integrativa di indagine, chiedendo l’escussione ex art. 507 cod. proc. pen. dell’ufficiale di p.g. che aveva redatto l’atto e il Tribunale aveva disposto in conformità.
La ricostruzione che precede consente di ritenere infondata l’eccezione difensiva, atteso che pacificamente l’accertamento tecnico fu disposto prima della conclusione delle indagini, ma redatto dopo la notificazione dell’avviso delle indagini e consegnato direttamente in udienza al P.m., che provvide a depositarlo nelle forme dell’art. 430 cod. proc. pen.
Va ricordato che l’inutilizzabilità degli atti di indagine, tempestivamente effettuati, ma trasmessi e depositati in data successiva alla notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. ed antecedente alla celebrazione dell’udienza preliminare ha natura “fisiologica”, non determinando alcuna violazione del diritto di difesa, ed è sanata dalla successiva e corretta acquisizione dell’atto nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 2, n. 40409 del 08/10/2008, Rv. 241870).
Come già affermato dalla Suprema Corte, l’inutilizzabilità degli atti di indagine, tempestivamente effettuati, ma trasmessi e depositati in data successiva alla notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. ed antecedente alla celebrazione dell’udienza preliminare ha natura “fisiologica”, non determinando alcuna violazione del diritto di difesa, ed è sanata dalla successiva e corretta acquisizione dell’atto nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 2, n. 43927 del 17/10/2019, Bonanno, Rv. 277998, relativa al tardivo deposito di rilievi e di una relazione dattiloscopica eseguiti dalla polizia scientifica prima del termine di conclusione delle indagini preliminari).
Sotto altro profilo, va considerato che poiché il decreto che dispone il giudizio non ha effetto interruttivo delle indagini, che possono essere integrate sino alla discussione finale, l’attività integrativa di indagine da parte del pubblico ministero non è soggetta ad alcun limite cronologico finale, richiedendosi, tuttavia, che la difesa sia posta nelle condizioni di confrontarsi e di interloquire sulle acquisizioni di indagini – coerentemente con il principio della parità delle parti nel processo stabilito dall’art. 111, comma secondo, Cost., essendo il difensore legittimato allo svolgimento di attività di investigazione difensiva in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 327-bis, comma secondo, cod. proc. pen. – (Sez. 5, n. 40467 del 16/04/2018, Rv. 273884), come avvenuto nel caso di specie, atteso che la consulenza tossicologica fu acquisita nel corso del giudizio e il consulente tecnico sentito in dibattimento nella pienezza del contraddittorio.
Né l’integrazione del fascicolo del P.m. nella fase dibattimentale ha pregiudicato il diritto di difesa dell’imputato, in particolare, la possibilità di optare per riti alternativi, non avendo l’accertamento tecnico determinato alcuna modifica del fatto storico o dell’imputazione, che, infatti, contestava “il reato di cui all’art. 73 co.1 e 4 d.P.R. 309 del 90 perché senza autorizzazione di all’art. 17, coltivava n. 13 piante di marijuana della lunghezza media di circa 70 cm ciascuna in stato di fluorescenza“: dati questi oggettivi, rispondenti alla situazione di fatto accertata in sede di perquisizione né risulta che la difesa avesse eccepito l’invalidità della richiesta di rinvio a giudizio o la incompleta formazione del fascicolo per il dibattimento, pur avendo avuto possibilità di accedere agli atti dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini.
