Violenza privata: anche un partito politico può esserne il soggetto passivo (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 5^, sentenza n. 30725/2023, udienza del 17 maggio 2023, offre utili chiarimenti riguardo al delitto di violenza privata.

Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo del reato di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, purché sia diversa dal fatto in cui si esprime la violenza (Sez. 5, sentenza n. 6208 del 14/12/2020 Ud. (dep. 17/02/2021), Rv. 280507 – 01).

Ed ancora, si è affermato che in tema di delitto di violenza privata, il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del reato, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà (Sez. 5, sentenza n. 3991 del 14/12/2022, Cc. (dep. 31/01/2023), Rv. 283961 – 01).

Per la consumazione del reato, integra, dunque, l’elemento della violenza la condotta che impedisca il libero movimento del soggetto passivo, ponendolo nell’alternativa di non muoversi oppure di muoversi con il pericolo di menomare l’integrità di altri, compreso l’agente (cfr. Sez. 5, sentenza n. 41311 del 15/10/2008, Rv. 242328 — 01, nel cui caso, l’agente, nell’ambito di una manifestazione di protesta, aveva impedito al guidatore di un’autovettura di procedere liberamente, ostacolandone la marcia; in motivazione, è stata esclusa, ai fini della sussistenza del reato, la necessità che l’agente abbia procurato danni all’autoveicolo o abbia rivolto minacce al conducente).

Nel caso di specie il condizionamento delle persone offese, costrette a non proseguire la corsa, è stato il risultato di una vera e propria condotta violenta e minacciosa avendo gli imputati, unitamente ad altri manifestanti rimasti ignoti, accerchiato la macchina su cui viaggiavano esponenti politici impedendole di fatto di proseguire dal momento che un suo movimento avrebbe messo a rischio gli stessi assalitori; il tutto mentre, al contempo, venivano pronunciate frasi minacciose all’indirizzo degli occupanti del veicolo bloccato, frasi che questi erano costretti a subire a causa del comportamento dei manifestanti – tra i quali i ricorrenti; comportamento che non esaurì quindi i suoi effetti nell’impedimento del normale progredire della marcia.

Irrilevanza della durata della violenza

Per quanto rileva più specificamente nei caso di specie, essendosi le difese appuntate soprattutto sulla brevità dell’effetto determinato dalla condotta altrui, si è, per altro verso, anche affermato che in tema di violenza privata (art. 610 cod. pen.) è irrilevante, per la consumazione del reato, che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi di reato istantaneo (Sez. 5, sentenza n. 3403 del 17/12/2003 Ud. (dep. 29/01/2004), Rv. 229063 – 01); ed ancora, si è in particolare affermato: il delitto di violenza privata è reato istantaneo e si consuma nel momento in cui si realizza la limitazione coattiva della libertà di determinazione ed azione della vittima, essendo irrilevante che gli effetti della

imposizione si protraggano nel tempo e l’offeso possa successivamente eliminarli (Sez. 5, Sentenza n. 1174 del 20/11/2020 Ud. (dep. 2021), Rv. 280130- 01; conf. Sez. 5 n 10834 del 1988, Rv. 179650).

Limitazione della libertà di azione e di determinazione della parte offesa

Ciò che rileva è che vi sia stata una limitazione della libertà di azione e di determinazione della persona offesa indipendentemente dalla sua durata, purché sia ovviamente apprezzabile, e nel caso di specie essa lo è certamente tenuto conto della consistenza della condotta violenta e minacciosa posta in essere dai manifestanti che sia pure per poco tempo determinò una rilevante compromissione della libertà degli occupanti dell’autovettura presa di mira che non ebbero scelta e dovettero adeguarsi alla grave situazione di pericolo – per essi e per gli stessi manifestanti – venutasi a creare, salvo poi a riprendere la marcia – a ben vedere anche tale scelta fu sotto certi aspetti obbligata – al fine di evitare che l’azione dei manifestanti potesse ulteriormente degenerare.

Sono, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i soli comportamenti che, pur costituendo violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, pur astrattamente condizionanti, si rivelino in concreto inidonei a limitare la libertà di movimento o ad influenzare significativamente il processo di formazione della volontà; processo di formazione della volontà che risulta invece significativamente inficiato – e sotto diversi aspetti – nella fattispecie in esame, dal momento che l’alternativa era investire i manifestanti sicché l’autista e gli occupanti dell’autovettura non hanno avuto scelta e hanno dovuto fermarsi e lasciare che i manifestanti ponessero in essere la loro protesta che sfociava in un vero e proprio dileggio (oltre che in atti di danneggiamento posti in essere da parte di alcuni di essi).

Ciò che rileva ai fini dell’integrazione del reato di violenza privata è che la condotta si riveli idonea a limitare o influenzare significativamente la liberta di determinazione della vittima ed ai fini di tale idoneità non è determinante la sua durata, potendosi esaurire essa anche in poco tempo, ma la sua intensità, che sia tale da incidere sul processo di formazione della volontà altrui; ciò che rileva quindi è che la condotta sia di entità tale da comportare un effettivo condizionamento della volontà altrui.

Né potrebbe rilevare il fatto che l’idea dei manifestanti di bloccare o comunque di far rallentare l’autovettura – come evidenzia la difesa – fosse dipesa dall’intenzione di esprimere il loro dissenso nei confronti dei suoi occupanti dal momento che l’azione nel suo complesso si contraddistinse per la veemenza con cui i manifestanti intesero manifestare il loro disappunto e non si esaurì in meri improperi ma assunse anche i toni di una violenta minaccia (“Vergogna, infame, razzista schifoso, pezzo di m*, te ne devi andare da XXX, infame, bastardo”).

Questi i toni delle parole usate all’indirizzo della parte offesa e a tratti ci fu un vero e proprio assalto all’autovettura e ai suoi occupanti; sicché essa, di là delle intenzioni che possono averla indotta – che quali meri motivi a delinquere ovviamente non possono assumere alcun rilievo ai fini dell’esclusione del reato – si risolse comunque in una condotta altamente invasiva e condizionante dell’altrui sfera psico-fisica (ed è ciò che rileva ai fini dell’integrazione del reato, laddove peraltro anche il mero rallentamento della marcia indotto dall’altrui agire violento costituisce una conseguenza dell’azione coercitiva dell’altrui volere, sicché l’eventuale intenzione dei manifestanti di determinare solo un rallentamento dell’autovettura a nulla potrebbe, in ogni caso, rilevare.

Non può revocarsi in dubbio che, di contro, ben altre erano le intenzioni e le ragioni della presenza di esponenti politici in quel luogo, in quel contesto spazio temporale, ragioni connesse con il ruolo degli stessi e con le finalità politiche connaturali alle cariche istituzionali ricoperte, e che, a causa della condotta aggressiva degli imputati, le persone offese furono costrette ad abbandonare i propri programmi.

Il danno da violenza privata è configurabile anche in capo ad una formazione politica

È configurabile il danno in capo a un partito politico – nel caso di specie – qualora le azioni lesive della libertà di autodeterminazione, pur indirizzate a singole persone fisiche, si qualificano per essere rivolte ad esse nella loro qualità di rappresentati o esponenti di un organismo politico, quale è il partito politico coeso per via di associazione – del  quale nel caso di specie si contestano le linee politiche ed ideologiche – traducendosi in atti che hanno diretta incidenza anche nei confronti dell’ente politico, nel quale si identifica la collettività dei suoi adepti, che si è in tal modo visto limitato nell’espressione delle proprie idee e prerogative istituzionali. Né potrebbe esservi dubbio sulla ragione per la quale l’on. XXX e gli altri esponenti delle istituzioni si trovavano in quel luogo (ossia per motivi legati alle

prossime elezioni regionali).

Le azioni hanno aggredito anche la sfera della libertà dell’entità collettiva – partito politico – cui appartengono le persone fisiche destinatarie delle condotte, andando ad incidere nella sfera giuridica di cui l’ente gode nella collettività – a prescindere dall’essere un’associazione riconosciuta trattandosi comunque di soggetto dotato di capacità giuridica – in virtù dei fini statutari perseguiti; in tal caso a tale entità compete la legittimazione ad assumere la qualità di soggetto passivo/danneggiato dal reato, nonché alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile e spetta quindi il diritto al risarcimento dei danno arrecato, sia patrimoniale (nel caso di specie il danno all’autovettura), sia non patrimoniale che morale, ai sensi dell’art. 185 cod. pen., per essere l’ente costituito dai suoi membri e quindi leso attraverso di essi ma in diretta conseguenza del reato.

Nella vicenda in esame la protesta realizzata in quei termini e in quel contesto si è risolta in una limitazione non solo della libertà individuale delle persone che ne sono state direttamente oggetto ma anche di quella della pluralità di soggetti facenti capo al partito politico che si è visto in tal modo limitato nell’estrinsecazione dei propri obbiettivi politici.

Tale danno è diretta conseguenza del reato ed è risarcibile anche in sede penale, secondo la previsione generale dell’art. 185, comma secondo, cod. pen. – che fa riferimento “ad ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale”.

Sicché deve affermarsi che è risarcibile il danno patrimoniale e non patrimoniale subito da un’associazione anche non riconosciuta – partito politico – consistente nell’offesa all’interesse perseguito dal sodalizio – posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione – con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente alla personalità o identità dell’ente (Sez. U, sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261110 – 01), e ciò anche nel caso in cui – come in quello in esame – la lesione avvenga attraverso le persone che lo costituiscono essendo anche in tal caso ravvisabile un danno diretto risarcibile ex art. 185 cod. pen., anche di tipo morale, per le finalità della protesta, amplificata com’era prevedibile dai mezzi di informazione, che attraverso la violenza privata ai suoi esponenti ha mirato a colpire le idee e la politica della parte offesa.