La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 26190/2023 ha stabilito che nei contratti ad esecuzione istantanea, integrano il reato di truffa gli artifici e raggiri posti in essere al momento della trattativa e della conclusione del negozio giuridico che traggono in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, sicché, nel caso di contratto stipulato senza alcun artificio o raggiro, l’attività decettiva commessa successivamente alla stipula e durante l’esecuzione contrattuale è penalmente irrilevante, salvo che non determini, da parte della vittima, un’ulteriore attività giuridica che non sarebbe stata compiuta senza quella condotta decettiva.
La Suprema Corte nel caso esaminato ha annullato per l’insussistenza del fatto la decisione di condanna emessa nei confronti di soggetti che avevano preso in locazione un appartamento di proprietà delle persone offese con la mediazione di un’agenzia immobiliare, rilasciando due assegni privi di copertura a titolo di caparra, salvo poi recedere dal contratto per impossibilità di far fronte ai relativi oneri, con l’impegno di restituire l’appartamento nell’arco di tre giorni.
La giurisprudenza di legittimità ritiene, con orientamento costante e consolidato, che -nell’ambito di una transazione commerciale- il versamento del prezzo pattuito mediante assegni privi di copertura non costituisce un raggiro idoneo a trarre in inganno la controparte, richiedendosi che alla dazione s’accompagni un quid pluris costituito dalle rassicurazioni fornite dall’agente sulla esistenza della relativa provvista o, comunque, circa la propria solvibilità ovvero da una maliziosa condotta finalizzata a vincere la resistenza del prenditore, o -ancora- da qualsivoglia comportamento dell’agente idoneo a far sorgere un ragionevole affidamento sul pagamento dell’assegno (in tal senso, tra molte, Sez. 2 , n. 23229 del 12/04/2022, Rv. 283410-01; n. 10850 del 20/02/2014, Rv. 259427-01; n. 46890 del 06/12/2011, Rv. 251452-01).
Nella specie risulta dalle sentenze di merito (conformi quanto al reato in discussione) che gli imputati locarono l’appartamento di proprietà delle parti civili con la mediazione dell’Agenzia xxx e rilasciarono il 6/11/2014, a titolo di caparra e pagamento del primo canone, due assegni dell’importo complessivo di euro duemila.
Una volta accertata da parte dei locatori l’assenza di fondi a copertura dei titoli, il 21/11/2014 gli imputati consegnarono agli stessi una dichiarazione di recesso dal contratto per l’impossibilità di far fronte ai relativi oneri, impegnandosi a restituire l’appartamento nell’arco di tre giorni, termine inosservato sicché l’abitazione rientrava solo nel febbraio 2015 nella disponibilità dei proprietari, che vi riscontravano vari danni.
La cassazione rileva che alla stregua della ricostruzione operata dai giudici di merito, non si rinvengono nel caso a giudizio artifizi o raggiri causalmente orientati a trarre in inganno i proprietari al fine di indurli ad acconsentire alla locazione, non risultando dotata di attitudine fraudolenta la scelta dei prevenuti di rivolgersi ad un’agenzia immobiliare per reperire un’abitazione né il richiamo (veritiero) all’esercizio di un’attività commerciale appena avviata.
Né sono suscettibili d’incidere sulla configurazione del reato comportamenti che si collocano a valle della contestata truffa contrattuale, quali le rassicurazioni sulla copertura dei titoli fornite dopo il negativo accertamento bancario effettuato dalle persone offese allorché gli imputati erano stati già immessi nel possesso dell’immobile.
La giurisprudenza di legittimità riconosce, infatti, la possibilità che la condotta truffaldina si collochi anche nella fase esecutiva di un contratto ma la rilevanza della stessa è condizionata alla effettuazione da parte della vittima, in conseguenza degli artifizi e raggiri, di un’attività dispositiva ulteriore rispetto a quella negozialmente convenuta.
La cassazione ha in proposito chiarito che nei contratti ad esecuzione istantanea, configurano il reato di truffa gli artifici e raggiri che siano posti in essere al momento della trattativa e della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, sicché, nel caso di contratto stipulato senza alcun artificio o raggiro, l’attività decettiva commessa successivamente alla stipula e durante l’esecuzione contrattuale è penalmente irrilevante, a meno che non determini, da parte della vittima, un’ulteriore attività giuridica che non sarebbe stata compiuta senza quella condotta decettiva (Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, Rv. 268073 – 01).
Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto e la conseguente revoca delle statuizioni civili.
