La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 24362/2023 Rv 284669-01, ha stabilito che in tema di cause di estinzione della pena, il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, concedibile dal giudice esclusivamente sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., è diretto a favorire il ravvedimento del condannato, mediante l’eliminazione di conseguenze del reato suscettibili di compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro.
La Suprema Corte ha osservato che il beneficio in questione persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato e può essere concesso all’esito di una valutazione che deve tenere conto esclusivamente dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la corte di merito nel caso esaminato ha evidenziato che il tempo e le modalità dell’azione, l’intensità del dolo e la condotta contemporanea al reato, volta a depistare gli inquirenti, rendevano evidentemente i ricorrenti immeritevoli di siffatta benevolenza.
Se è vero che la giurisprudenza di legittimità ha pure affermato il principio, secondo il quale la ratio sottesa al riconoscimento del beneficio della non menzione non risiede nella pubblicità legata alla tipologia del reato al quale è riferita la condanna a tutela dei terzi, bensì nell’agevolazione al reinserimento sociale ad esclusivo beneficio del condannato (Sez. 3, n. 23841 del 17/05/2022, non mass.), principio che non collide con quello affermato dalla Corte d’appello, va ricordato che, quanto ai criteri di valutazione per concedere il beneficio ex art. 175 cod. pen. in relazione alla ratio che lo sostiene, la norma è invece proprio diretta a favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione di talune conseguenze del reato, che possano compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro.
Tant’è che il giudizio sulla concedibilità del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è subordinato esclusivamente alla valutazione delle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., sicché resta precluso ogni altro criterio di valutazione (Sez. 1, n. 560 del 22/11/1994, dep. 1995, Rv. 200029 – 01).
In tema di beneficio della non menzione condanna nel certificato penale ricordiamo che non osta al riconoscimento la natura del reato
Sul punto la cassazione sezione 3 con la sentenza numero 23841, udienza 17 maggio 2022, depositata il 21 giugno 2022 ha accolto il ricorso della difesa avverso la pronuncia che aveva negato la non menzione della condanna nel certificato penale sul presupposto della natura del reato.
In realtà la corte territoriale avrebbe dovuto motivare sulla scorta degli artt. 175 e 133 cod. pen., il diniego della non menzione della condanna nel certificato penale.
In fatto la Corte di appello aveva ritenuto l’opportunità, trattandosi di reati offensivi della fede pubblica, che la pronuncia risultasse esplicitata nel suddetto certificato.
La cassazione rileva come le suddette argomentazioni fossero in primo luogo in contrasto con il principio dell’emenda sotteso al suddetto beneficio, volto a favorire il recupero sociale del condannato attraverso la valutazione riservata alla discrezionalità del giudice, dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. cui è estraneo ogni riferimento alla natura del reato ed in secondo luogo come del tutto arbitrario risultasse il metro dell’opportunità utilizzato dalla Corte di appello.
Il riconoscimento del beneficio ex art. 175 cod. pen. deve essere calibrato esclusivamente sui parametri di cui all’art. 133 cod. pen., deve escludersi che la natura del reato, quali che fossero le ragioni addotte dalla difesa a supporto della richiesta, possa costituire una risposta adeguata ai fini del diniego opposto al riguardo dalla Corte distrettuale, non afferendo né alla valutazione complessiva del fatto né alla personalità dell’imputato.
La ratio sottesa al riconoscimento della non menzione non risiede, del resto, nella pubblicità legata alla tipologia del reato al quale è riferita la condanna a tutela dei terzi, bensì nell’agevolazione al reinserimento sociale ad esclusivo beneficio del condannato, così da escludere che le conseguenze del reato possano tradursi in ostacoli al suo percorso lavorativo o alla sua futura affermazione in termini positivi all’interno della collettività, essendosi già il legislatore fatto carico con lo sbarramento riferito alla misura della pena inflittagli in concreto di impedire l’applicazione dell’istituto alle condotte connotate da gravità.
