Si segnala l’interessante principio della “funzione pubblica” della prova per la completezza ed affidabilità dell’accertamento processuale, quindi la prova testimoniale non solo per la soddisfazione dell’interesse delle parti ma per l’affidabilità del “giudizio”.
La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 25136/2023 ha stabilito che in tema di giudizio abbreviato condizionato all’assunzione di una prova testimoniale, la mancata citazione del teste non causa l’automatica decadenza della parte dal diritto alla sua escussione, ma genera in capo al giudice un onere di verifica circa la sua rilevanza per l’accertamento in corso, da compiersi alla stregua della valutazione già effettuata al momento dell’ammissione del rito.
Nel caso esaminato la Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale era stata rilevata la decadenza dal diritto dell’imputato all’assunzione della testimonianza, inferendola dalla mancata citazione del testimone.
La cassazione ricorda l’interpretazione letterale dell’art. 438, comma 5, cod. proc. pen., dalla quale si ricava univocamente che il vincolo di subordinazione insito nella domanda di ammissione del rito abbreviato “condizionato” «attiene all’ammissione della integrazione probatoria e non alla effettiva assunzione delle ulteriori acquisizioni probatorie.
Di conseguenza il vincolo di subordinazione insito nella richiesta dell’imputato deve ritenersi utilmente assolto con l’instaurazione del rito e l’ammissione delle prove sollecitate dalla difesa; il relativo atto di impulso processuale non può essere influenzato dalle vicende correlate al distinto e successivo momento della effettiva assunzione della prova – che può essere influenzata da diversi fattori – e non può subire una retroattiva perdita di efficacia quando, per qualunque motivo, la prova non venga concretamente assunta» (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253211 – 01). Occorre allora chiedersi quali siano le conseguenze della mancata citazione del testimone la cui assunzione “condiziona” il rito abbreviato.
Ribadito che tale comportamento non può mai risolversi nella revoca della ammissione del rito abbreviato nella forma condizionata, la cassazione ritiene necessario verificare se la mancata citazione esprima, o meno, una consapevole rinuncia alla audizione (circostanza che, ove verificata non implica la revoca dell’abbreviato nella forma condizionata, ma legittima definizione del processo senza l’assunzione del teste rinunciato: Sez. 2, n. 43876 del 07/10/2014).
Con riferimento al rito ordinario la Cassazione ha affermato, infatti, che la mancata citazione dei testimoni già ammessi comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria 2 (Sez. 4, Sentenza n. 31541 del 13/10/2020, Rv. 279758 – 01; Sez. 6, n. 2324 del 07/01/2015, Rv. 261922 – 01)
Si tratta di orientamento non del tutto stabile considerato che si è anche affermato, valorizzando la funzione che le prove ammesse hanno per l’affidabilità del “giudizio”, e non solo per la soddisfazione dell’interesse delle parti, che la mancata citazione del teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un’udienza successiva comporti il ritardo della decisione (Sez. 4, n. 48303 del 27/09/2017, Rv. 271143 – 01; Sez. 2, n. 21788 del 04/10/2018, dep. 2019, Rv. 275593 – 01).
Tali discontinuità interpretative hanno trovato una condivisibile composizione della giurisprudenza secondo cui la mancata citazione del teste per l’udienza non comporta l’ “automatica decadenza” della parte richiedente dalla prova, ma consente al giudice di valutare se, per la superfluità della testimonianza o per il ritardo che comporterebbe per la decisione, debba dichiararsi la decadenza della parte dalla prova, ovvero sia necessario differire l’audizione del teste già ammesso ad un’udienza successiva (Sez. 6 , n. 33163 del 03/11/2020, C., Rv. 279922 – 01).
Si tratta di un orientamento condivisibile in quanto le prove non sono solo funzionali a soddisfare gli interessi della parte processuale che le richiede, ma sono necessarie per la completezza ed affidabilità dell’accertamento processuale.
Tale funzione “pubblica” delle prove è confermata dalla ampia diffusione dei poteri di integrazione istruttoria affidati al giudice (artt. 422, 441 comma 5, art. 507, art. 603 cod. proc. pen.).
La funzionalità delle prove a garantire l’affidabilità e completezza dell’accertamento processuale è particolarmente evidente quando le stesse condizionano l’ammissione al rito abbreviato, dato che le stesse hanno già patito uno stringente vaglio di rilevanza, che ha condotto il giudice ad ammettere un rito “ibrido”, solo in parte “allo stato degli atti”.
Può dunque essere ribadito che la mancata citazione di un testimone non produce l’automatica decadenza della parte dal diritto alla sua audizione, ma genera in capo al giudice che procede un onere di verifica circa la sua rilevanza per l’accertamento in corso, valutazione che, nel caso del giudizio abbreviato, è, invero, già stata effettuata all’atto della ammissione del rito “condizionato” proprio dalla audizione del testimone non citato.
