L’avvocato ramingo per le carceri a raccogliere firme (di Riccardo Radi)

Una domanda mi affatica la mente da tempo.

Se il Parlamento è sapiente per definizione, se l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia è presidiato storicamente e nel presente da giganti del pensiero giuridico, se questo complesso di titani ha come sua prima priorità la sensatezza dei precetti normativi e come seconda la sua cristallina chiarezza, com’è che ogni riformicchia che esce dalle loro sedi austere si trasforma in un bordello indescrivibile e in un’agonia senza fine per chi la deve applicare da pratico?

Ieri l’altro mi sono recato alla Casa di Reclusione Passerini di Civitavecchia e subito dopo a Viterbo per raccogliere le firme di due assistiti per poter proporre l’impugnazione nei termini di una sentenza con motivazione contestuale, bontà del giudicante.

Noi avvocati siamo alle prese con un nuovo onere che ci vede esposti ad una ulteriore responsabilità professionale e deontologica per non dire altro.

Non abbiamo sempre a che fare con gentlemen e se ci dovesse sfuggire il termine per l’impugnazione, quale sarebbe la reazione?

In quindici giorni dobbiamo redigere l’impugnazione e contemporaneamente raccogliere il nuovo mandato ad impugnare con relativa elezione di domicilio girando per le carceri della Penisola.

Per carità si potrebbe inviare il tutto via e-mail ed attendere che l’assistito risponda prontamente inviando a sua volta nomina ed elezione ma quando il termine per l’impugnazione è così ravvicinato quale avvocato dormirebbe sonni tranquilli?

Tutto questo non è comprensibile ed è il frutto di una scelta legislativa che prevede che, con l’atto di impugnazione, sia depositata, a pena di inammissibilità, dichiarazione o elezione di domicilio «ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione».

Scritta per agevolare il lavoro delle cancellerie che spesso e volentieri non erano in grado di individuare l’ultimo domicilio eletto dall’imputato.

La direttiva si intreccia con il criterio dettato per il processo in assenza secondo il quale il difensore dell’imputato assente può impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e l’imputato, con lo specifico mandato a impugnare, deve dichiarare o eleggere il domicilio per il giudizio di impugnazione.

Il legislatore delegato ha provveduto (art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) inserendo, nell’art. 581, i commi 1-ter e 1-quater.

Il comma 1-ter prevede che, con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori, debba essere depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio «ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».

In sostanza, le “parti private” si riducono all’imputato ed è paradossale che tutto ciò non sia sentito come un macigno da eliminare immediatamente.