Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 26342/2023, camera di consiglio del 12 aprile 2023, contribuisce a chiarire gli elementi di cui deve tener conto il tribunale di sorveglianza allorché si pronunci su un’istanza di affidamento al servizio sociale.
Vicenda e motivi di ricorso
Un detenuto in espiazione pena per rapina aggravata ha chiesto al competente tribunale di sorveglianza di essere affidato in prova al servizio sociale o in alternativa di essere ammesso alla detenzione domiciliare.
Il TDS ha dichiarato inammissibile quest’ultima richiesta sul presupposto dell’ostatività del reato ed ha rigettato l’ulteriore richiesta di affidamento in prova perché “perché prematura «alla luce delle criticità segnalate», in quanto la brevità del tempo trascorso in istituto non ha consentito un’osservazione sufficiente, e la mancata concessione di permessi-premio non ha consentito una valutazione del comportamento del condannato all’esterno“.
Il difensore del detenuto ha proposto ricorso per cassazione lamentando la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata.
La decisione della Corte di cassazione
Il collegio di legittimità ha accolto il ricorso sulla base delle argomentazioni che seguono.
Il tribunale ha elencato in modo dettagliato gli elementi favorevoli all’accoglimento dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ma l’ha respinta parlando genericamente di «criticità segnalate», il cui contenuto non è però evidenziato. Il provvedimento risulta perciò contraddittorio.
La reiezione risulta in realtà motivata solo dalla brevità del periodo di detenzione e della conseguente osservazione intramuraria, nonché dall’assenza di una sperimentazione della condotta all’esterno, non avendo l’istante mai fruito di permessi-premio.
La legittimità di una gradualità nel trattamento rieducativo è stata più volte affermata dalla Corte di cassazione, secondo cui «In tema di concessione di misure alternative alla detenzione il tribunale di sorveglianza, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e sussista una verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello» (Sez. 1^, n. 22443 del 17/01/2019, Rv. 276213).
Nel presente caso, però, il tribunale non ha tenuto conto della evoluzione del percorso rieducativo già rilevabile dalle due relazioni di sintesi, dal momento che la seconda ha concluso per la concedibilità della misura alternativa laddove la prima evidenziava la mancanza di una effettiva consapevolezza della gravità del reato commesso. In ogni caso il Tribunale non ha motivato sul perché tale evoluzione debba ancora essere ritenuta insufficiente.
La brevità del periodo detentivo già trascorso può essere posta a base della decisione di rigetto di una misura alternativa alla detenzione, ma la sua rilevanza, soprattutto nel caso di sussistenza di elementi favorevoli e di una già accertata evoluzione del trattamento rieducativo, deve essere valutata con attenzione, potendo costituire un motivo ostativo alla concessione del beneficio solo se sia tale da non consentire la formulazione di un giudizio prognostico positivo in relazione al pericolo di recidivanza. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (in motivazione, la Corte ha specificato che le fonti di conoscenza che il tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante)» (Sez. 1^, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, Rv. 277924; cfr. anche Sez. 1^, n. 773 del 03/12/2013, dep. 2014, Rv. 258402).
La motivazione dell’ordinanza è carente anche in ordine all’asserita mancanza di una sufficiente sperimentazione all’esterno, non avendo il tribunale valutato le ragioni dell’omessa fruizione di permessi-premio, se essi non siano stati concessi o neppure richiesti, al fine di consentire di apprezzare tale elemento in relazione all’effettiva verifica del percorso risocializzante.
Il ricorso deve quindi essere accolto, nei limiti sopra precisati, e l’ordinanza impugnata deve perciò essere annullata, con rinvio al tribunale di sorveglianza, per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
