Tribunale di sorveglianza di Roma: qualcosa non va (di Riccardo Radi)

In questi giorni si susseguono mozioni e comunicati che denunciano le carenze del tribunale di sorveglianza di Roma.

Dev’esserci qualcosa di vero se anche la Suprema Corte se ne è accorta.

Ma c’è qualcuno che dice no, come canta Vasco Rossi.

Depositare atti via PEC al tribunale di sorveglianza di Roma è un terno a lotto e questa volta la cassazione sezione 1 con la sentenza numero 49605, depositata il 29 dicembre, ha annullato l’ordinanza di rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale per omessa valutazione della memoria difensiva presentata.

Fatto

Il TDS ha respinto l’istanza perché il condannato, sentito telefonicamente, ha riferito di trovarsi in Belgio e non si è attivato per presentare progetti risocializzanti o proposte lavorative di cui disporrebbe in Italia; la mancanza di informazioni rende non possibile concedere la misura.

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con due motivi, di seguito enunciati.

Nel primo deduce che il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38 ammette la possibilità di scontare la pena mediante affidamento in prova al servizio sociale anche nei paesi dell’Unione europea, e la possibilità di far scontare la pena in Belgio non è stata valutata dal Tribunale.

Nel secondo deduce che nella memoria depositata prima dell’udienza il condannato aveva chiesto espressamente di scontare la pena in Belgio ma questa memoria non è stata presa in considerazione.

Decisione

Il ricorso è fondato, in particolare il secondo motivo in cui si deduce che nella memoria depositata prima dell’udienza il condannato aveva chiesto espressamente di scontare la pena in Belgio ma questa memoria non è stata presa in considerazione.

Dagli atti del procedimento, cui la Corte può accedere atteso il vizio dedotto (Sez. unite, n. 42792 del 31/10/2001, Rv. 220092), risulta che la difesa del condannato ha depositato al Tribunale di sorveglianza la memoria datata 13 aprile 2022, trasmessa via PEC il 14 aprile.

In tale memoria si legge che il ricorrente vive in Belgio dal 2017 perché sua moglie si è trasferita e lavora lì, e si chiede di valutare la possibilità di disporre l’affidamento in Belgio.

Nel provvedimento del TDS non vi è alcun riferimento al contenuto di essa.

La mancata valutazione di tale memoria, pur non integrando, di per sé, nullità del provvedimento impugnato, può influire sulla correttezza logico-giuridica della motivazione (Sez. 1^, sentenza n. 26536 del 24/06/2020, Rv. 279578: l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive; conformi Sez. 3^, sentenza n. 23097 del 08/05/2019, Rv. 276199; Sez. 5^, sentenza n. 51117 del 21/09/2017, Rv. 271600).

Questo è proprio quanto accade nel caso in esame, in cui il TDS ha respinto l’istanza sostenendo che il condannato non si è attivato per presentare progetti risocializzanti o proposte lavorative di cui disporrebbe in Italia, il che, però, non è congruente con la sua richiesta di svolgere l’affidamento in Belgio dove vive.

Va aggiunto che la circostanza che il condannato viva e sia radicato in Belgio era nota al tribunale anche da prima del deposito del provvedimento finale, perché già evidenziato anche nella relazione dei servizi sociali, talché nella motivazione del provvedimento impugnato era necessario anche il passaggio logico sulla esistenza o meno dei presupposti per concedergli l’affidamento in Belgio.

L’ordinanza deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.