Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 25615/2023, camera di consiglio dell’1° marzo 2023, chiarisce che, ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non è necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario (Sez. 1^, n. 27352 del 17/05/2019, Rv. 276413).
Tuttavia, è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1^, n. 17947 del 30/3/2004, Rv. 228289; Sez. 1^, n. 972 del 14/10/2011, dep. 2012, Rv. 251674; Sez. 1^, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Rv. 258406; Sez. 1^, n. 2337 del 13/11/2020, dep. 2021, Rv. 280352).
Ciò premesso in termini generali, il collegio rileva che la stessa ordinanza impugnata ha definito gravissimo lo stato di salute in cui versa il condannato, malato oncologico non operabile e sottoposto a trattamento chemioterapico e a cure palliative, con prognosi infausta a breve e medio termine.
A fronte di tale situazione, appare necessario riesaminare se la malattia da cui è affetto il condannato – già definita tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose – incida in modo preponderante sul bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1^, n. 17947 del 30/03/2004, Rv. 228289; Sez. 1^, n. 972 del 14/10/2011, dep. 2012, Rv. 251674; Sez. 1^, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Rv. 258406; Sez. 1^, n. 2337 del 13/11/2020, dep. 2021, Rv. 280352), punto sul quale è necessaria una specifica valutazione da parte del Tribunale di sorveglianza, alla luce degli acquisiti elementi, nonché sotto il profilo della salvaguardia della dignità della persona e del trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 1033 del 13/11/2018, A., Rv. 276158).
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata onde effettuare le necessarie rivalutazioni in tema di bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti.
