L’età avanzata della persona offesa e la configurabilità dell’aggravante di cui all’articolo 61 n. 5 c.p. (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 16017/2023 Rv 284523 ha ribadito che ii fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza, dovendosi valutare, invece, la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità della vittima dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio.

La Suprema Corte ha indicato il principio prendendo in esame una fattispecie relativa a una tentata truffa in danno di una donna di settantatré anni, in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale, in ragione della vigile attenzione reattiva prestata dalla persona offesa e della prontezza nel raccogliere elementi utili all’identificazione dell’agente, è stata esclusa la sussistenza dell’aggravante.

Occorre, dunque, una valutazione delle circostanze del caso concreto al fine del riconoscimento della menzionata aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., contrariamente a quanto sostenuto dalla procura generale ricorrente secondo cui il legislatore avrebbe inserito nel tessuto codicistico, con la novella del 2009, una presunzione assoluta di maggiore colpevolezza o accresciuta pericolosità dell’autore in ragione della minorazione delle capacità della vittima di resistere al raggiro, così come alla aggressione, per motivi anagrafici.

Tuttavia, l’invocata assolutezza della presunzione, peraltro ancorata ad un presupposto anagrafico quanto mai indeterminato quale “l’età”, confligge apertamente con la necessità di un’interpretazione conforme a Costituzione delle norme incriminatrici e di quelle che ne aggravano la dimensione sanzionatoria (Corte cost. n. 48/2015, 213/2013, 57/2013, 110/2012, 331/2011, 164/2011, 265/2010, le presunzioni assolute, specie quando limitano diritti fondamentali della persona, violano il principio di eguaglianza se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’ id quod plerumque accidit: evenienza che si riscontra segnatamente allorché sia “agevole” formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa. … A determinare i rilevati vulnera non era, peraltro, la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto. … Sulla illegittimità costituzionale di norme incriminatrici fondate su presunzioni assolute di pericolosità e istitutive di irragionevoli discriminazioni, v. sentenze n. 354/2002 e n. 370/1996).

Peraltro, è la stessa formulazione dell’aggravante che esclude la lettura prospettata dal Pubblico ministero ricorrente: la declinazione dell’età, al pari delle altre circostanze di tempo, di luogo e di persona, sono idonee ad integrare la circostanza allorché risultino “tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”.

Si tratta, pertanto, di una circostanza che, lungi dal fondarsi sul mero dato di “condizione“, richiede necessariamente un accertamento di “evento“, ossia una verifica giudiziale che dia conto di come l’età o gli altri elementi indicati abbiano svolto un’incidenza causale di carattere agevolativo nella perpetrazione del reato.

Solo, in tal caso, infatti, la circostanza apporta quella indispensabile componente di disvalore che aggrava il reato, ben racchiusa nella formula legislativa della “minorata difesa“.

Altrimenti, soprattutto con riguardo all’età, ma lo stesso potrebbe affermarsi con riferimento al tempo, si finirebbe per far dipendere l’aggravante da una nozione generica e di carattere indefinito, non indicandosi da quale momento anagrafico “l’età” assumerebbe rilievo quale fattore che agevola la commissione del reato.

Del resto, non va neppure sottaciuto che la minorata difesa costituisce un’aggravante comune e, come tale, applicabile ad una variegata tipologia di reati, con la conseguenza che l’incidenza dell’età anagrafica va accertata con riferimento alla specifica fattispecie di reato alla quale “accede“.

In conclusione, in tema di “minorata difesa“, l’età avanzata della persona offesa non può costituire una presunzione assoluta ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., dovendo valutarsi la ricorrenza di condizioni denotanti una eventuale particolare debolezza del soggetto passivo da cui l’agente trae consapevolmente vantaggio; tali condizioni possono consistere in fenomeni di decadimento o di indebolimento delle facoltà mentali o in ulteriori situazioni personali, quale il basso livello culturale della persona offesa.

L’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa, principio espresso anche dalla Cassazione penale sez. II, sentenza n. 1726 depositata il 17 gennaio 2022.

Occorre accertare, con giudizio contro-fattuale se, astrattamente, la condotta criminosa avrebbe avuto le medesime probabilità di successo se fosse stata posta in essere in danno di persona non anziana ovvero se detta condotta sia stata agevolata dalla scarsa lucidità e dalla sostanziale incapacità della vittima di orientarsi nella comprensione degli avvenimenti secondo criteri di normalità   (Cassazione pen. sez. VII, 8 giugno 2021, n. 32571 e Cass. pen., sez. II, 22 ottobre 2019, n. 47186 e Cass. pen., sez. II, 23 settembre 2010, n. 35997).

Dunque, l’età avanzata della vittima del reato rileva nel senso che il giudice deve verificare, nel caso di reato commesso nei confronti di una persona anziana, se si sia in presenza di una menomazione della capacità di percezione e di apprezzamento critico della realtà e della capacità di reazione alla condotta antigiuridica posta in essere dall’autore del reato (Sez. 2, n. 47186 22/10/2019, Rv. 277780 -01; Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, Rv. 248163 – 01; Sez. 3, n. 552 del 1/12/2022, dep. 2023, non mass.; Sez. 1, n. 42522 del 29/09/2022, non mass.).