Gli abusi della contestazione associativa e il garantismo strabico/discriminatorio (Vincenzo Giglio)

Questione Giustizia, l’house organ di Magistratura Democratica, è una lettura imprescindibile per chi voglia comprendere dove batta il cuore della “sinistra giudiziaria”.

La sua rubrica Controvento, nata sul finire del 2019 contestualmente al rifacimento grafico del sito web, è dichiaratamente destinata alle “riflessioni “a caldo” a commento di ciò che si muove all’interno e a margine della giurisdizione“.

Non solo a caldo, si è portati a pensare, ma anche divergenti o addirittura in conflitto con la mainstream, perché altrimenti Controvento sarebbe solo un’espressione piaciona e invece QG è una rivista da sempre seria e autorevole.

Bene, proprio in questa sezione il 18 aprile 2023 è stata pubblicata, a firma del direttore Nello Rossi, una di queste riflessioni a caldo dal titolo Riace, Piacenza, Padova. Associazioni a delinquere dovunque? (la si trova a questo link).

Come reso chiaro dallo stesso titolo, l’Autore accomuna tre distinte vicende giudiziarie: quella istruita dalla procura di Locri nei confronti dell’ex sindaco del Comune reggino di Riace e definita in primo grado dal tribunale di Locri con una pesantissima condanna a suo carico; quella avviata dalla procura di Piacenza nei confronti di alcuni sindacalisti del comparto della logistica accusati di essersi associati al fine di commettere plurimi reati di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e sabotaggio; infine quella avviata dalla procura di Padova che sta indagando per associazione a delinquere numerosi militanti del movimento Ultima Generazione in quanto “autori di azioni di protesta che vanno dalle performance polemiche nei confronti di esponenti politici al blocco del traffico e all’imbrattamento e danneggiamento di edifici pubblici e privati“. 

Il giudizio di Nello Rossi è netto e basta la premessa allo scritto per comprenderlo:

E’ sempre più frequente la contestazione da parte di Procure della Repubblica del reato di associazione a delinquere nei confronti di quanti – partecipando a forme non ortodosse di protesta sociale, di azione sindacale, di solidarietà – possono incorrere in violazioni della legge penale. E’ una tendenza che si è manifestata in tre recenti vicende giudiziarie tra di loro diversissime – Riace, Piacenza e Padova – e che ha un inquietante tratto comune: induce a guardare fenomeni sociali complessi attraverso la lente monocromatica della criminalizzazione che trasforma gruppi ed aggregazioni in altrettante associazioni criminali ed i mezzi illegali eventualmente utilizzati negli unici e veri scopi dell’azione collettiva“. 

Ulteriori bordate arrivano all’inizio del primo paragrafo, denominato Iniziative estemporanee o una pulsione corrente?:

Isolate levate di ingegno? Iniziative estemporanee? Interpretazioni azzardate, sempre possibili nell’ambito di un potere diffuso com’è quello della magistratura italiana? 

O piuttosto una pulsione ricorrente, un tic mentale, una tendenza – minoritaria, certo, ma non per questo meno inquietante – che sta prendendo corpo sotto i nostri occhi nel clima politico della destra al governo? 

Parliamo della sempre più frequente contestazione da parte di Procure della Repubblica del reato di associazione a delinquere nei confronti di quanti – partecipando a forme non ortodosse di protesta sociale, di azione sindacale, di solidarietà – possono incorrere in violazioni della legge penale“. 

Espressioni e concetti analoghi si trovano negli altri due paragrafi, anch’essi di titolazione quantomai espressiva: La lente monocromatica della criminalizzazione ed E tanti garantisti stanno a guardare.

È illuminante nell’economia dello scritto il richiamo a un recente lavoro di V. Roppo, dal titolo Garantismo (2022, Milano, Baldini&Castoldi).

Così ne parla Rossi: “Vincenzo Roppo ha puntigliosamente elencato tradimenti e falsi amici del garantismo, icasticamente definito come preziosa invenzione della civiltà umana «senza la quale la vita degli uomini sarebbe decisamente peggiore; non meno di quanto lo sarebbe senza i progressi della scienza, della tecnica, della medicina, e senza il conforto delle arti». 

Vale la pena di rievocare almeno le teste di capitolo di questa singolare classificazione che a ciascun lettore può rammentare personali esperienze e riflessioni: il garantismo sospeso o sopito; il garantismo estremista /assolutista; il garantismo iperbolico; il garantismo incoerente; il garantismo belligerante; il garantismo complottista; il garantismo pretestuoso di autodifesa; il garantismo in caricatura; il garantismo strabico/discriminatorio“. 

Trovo completamente condivisibili le argomentazioni e le conclusioni di Rossi.

D’altro canto, sono proprio quelle che ci si aspetta da una rivista di sinistra (ed uso questo termine nel significato ad esso dato da Norberto Bobbio, cioè una posizione politico-ideologica volta ad eliminare o almeno attenuare significativamente le disuguaglianze sociali).

Penso però che di isolate levate di ingegno, iniziative estemporanee, interpretazioni azzardate, pulsioni ricorrenti e tic mentali si potrebbe e si dovrebbe parlare in relazione ad una casistica assai più ampia di quella messa a fuoco in Controvento.

Penso che, ad esempio, nel vastissimo contenitore dell’antimafia, siano state stipate sperimentazioni associative altrettanto spericolate di quelle citate da Rossi.

Mi riferisco ai tanti casi di associazioni mafiose contestate in assenza della dimostrazione di una capacità intimidatrice effettiva ed obiettivamente riscontrabile e servendosi dell’espediente di ricavarla per relationem dalla cosiddetta casa madre (è il caso delle cosiddette mafie delocalizzate).

Ricordo gli altrettanto numerosi tentativi di far passare l’associazione mafiosa come un delitto di pericolo presunto il che consentirebbe di ritenerne l’esistenza sulla base di  forza intimidatrice solo potenziale.

Penso alle tante affermazioni giurisprudenziali volte a far passare il principio che non occorre l’esteriorizzazione del metodo mafioso e alle tesi che hanno provato a sdoganare il cosiddetto “sapere implicito” del giudice sul rilievo che “le conoscenze della realtà che sono oggetto del procedimento penale [devono essere] «sempre mediate da precomprensioni, da aspettative di senso che stanno alla base della nostra percezione, che non possiamo semplicemente scrollarci di dosso, ma su cui possiamo solo riflettere, divenendone consapevoli“.

Mi chiedo: ignorare questi casi di abuso della contestazione associativa non è anche questa una forma di garantismo strabico/discriminatorio?