Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo l’intervento dell’Avvocato Roberto Le Pera, nella veste di presidente della Camera penale di Cosenza, nell’occasione meglio specificata in nota.
Ma cosa è veramente il carcere e cosa c’entrano i diritti con il carcere?
Chiariamoci: non affanniamoci a leggere e rileggere correttamente l’articolo 27 comma 3 della Costituzione.
Non lo fa -oramai più- nessuno: sempre meno la politica, a stento il legislatore, solo saltuariamente buona parte della magistratura.
Una sorta di unico pensiero è costantemente trasmessa, con incredibile efficacia persuasiva, alla pubblica opinione: il carcere è ciò che il delinquente merita; più il carcere è duro più giustizia è fatta.
E tutto ha avuto inizio con un corto circuito di cui ha grande responsabilità la politica e che riguarda concetti basilari della educazione civica: il cittadino è stato portato a pensare – ritengo orami in maniera consolidata – che in cella entri il reato non la persona.
Ed è così che il carcere e l’intero sistema carcerario sono pensati dalla cosiddetta “società civile” come una sorta di mondo fetido, all’interno del quale viene fatto ristagnare un nauseabondo percolato, un individuo definito “il mostro”, che deve “pagare per ciò che ha commesso”.
Quanto mai opportuna è la provocazione proposta da Alessandro Margara, già capo DAP e Garante dei detenuti, della formulazione capovolta dell’articolo 27: le pene possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono limitarsi, senza altri scopi, a contenere il condannato per il tempo necessario all’esecuzione della pena.
Leggendo bene e pensando al doppio binario penitenziario, in particolare al 41 bis, mi sorge più di un dubbio sul fatto che questa possa essere intesa, oggi, come una semplice provocazione.
Mi vengono in mente le considerazioni pubbliche del nostro Presidente, l’Avvocato Caiazza, proprio in tema di 41-bis: lo Stato ha certamente il diritto e il dovere di differenziare i regimi detentivi in ragione della gravità dei reati commessi dal detenuto e della ritenuta, accertata, sua pericolosità.
Ma questo elementare principio di sicurezza non ha nulla a che fare con le regole odiose, violente, non di rado irragionevolmente sadiche che connotano il regime del 41-bis, strumento chiarissimamente finalizzato alla collaborazione. In questo senso è concettualmente pari alla tortura; impedire all’essere umano detenuto, quale che siano le colpe di cui si è macchiato, di non poter per decenni o per tutta la vita mai più abbracciare un figlio o un familiare che cosa ha a che fare con la sicurezza?
Il doppio binario penitenziario, con il suo 41 bis, è il risultato della triste e incivile equazione secondo cui il carcere è ciò che il delinquente merita, dunque più duro è, più giustizia è fatta!
Per questo motivo, l’ambito penitenziario è divenuto oramai una sorta di circo -non di circuito- in cui, però, non esistono trampolieri e pagliacci, ma soltanto gabbie utilizzate per trattenere esseri umani che, con cadenza settimanale, si arrendono alla vita, si suicidano “nelle gabbie”: la silenziosa strage del nostro sistema carcerario di cui sempre meno si parla, di cui nulla si vede, perché ciò che non appare non esiste!
Ed ecco perché da quel mondo che sta laggiù – la Calabria giudiziaria delle migliaia di ordini di cattura eseguiti nottetempo e riguardanti inchieste a cui sono attribuite denominazioni che sfregiano le più basilari forme di presunzione di non colpevolezza, delle aule-bunker utilizzate come veri e propri centri di permanenza temporanea di centinaia di presunti innocenti così ammassati da una interpretazione giuridicamente eccentrica dell’istituto della connessione che rende tutto (mafiosamente e non teleologicamente) connesso– mi sento onorato nel rivolgere – con il sentimento che accomuna tutte le Camere penali calabresi – a tutti i penalisti della Camera penale di Roma, al Presidente e all’intero Consiglio direttivo, a tutti i Colleghi qui presenti che hanno aderito all’astensione, la più vera e sentita vicinanza per la battaglia che state conducendo.
Una battaglia di diritti e di dignità; in difesa dei diritti violati degli ultimi, a tutela della dignità e del decoro della Toga.
E proprio leggendo il deliberato di astensione della Camera penale di Roma sento forte il dovere di chiedere alle Politica presente in questa assemblea se è pronta ad ammettere che il carcere, come oggi divenuto, costituisce la deriva dei diritti umani nonché se è pronta a “confessare” che l’articolo 27 della Costituzione è, allo stato, un modo di dire e di apparire, utile soltanto a calmierare e calmare le coscienze dinanzi alla strage di decessi per suicidio nelle nostre carceri.
Ed infine – ma non per ultimo – se è pronta a prendere le distanze dalle recenti esternazioni del magistrato ex consigliere del CSM, Sebastiano Ardita, secondo cui l’efferato crimine della povera Giulia Tramontano “non riceverà mai una giustizia effettiva in quanto,così testualmente nell’intervista, “se l’indagato sarà condannato ed avrà qualche attenuante o beneficio, tra liberazione anticipata e misure alternative/liberazione condizionale, dopo una decina di anni di carcere tornerà libero per rifarsi una vita, come è già accaduto per altri. Lei invece rimarrà sottoterra, viva solo nel ricordo e nel dolore dei suoi cari … vittima di un crimine efferato in un sistema penale che non fa più paura”.
Ritengo che soltanto una politica che rifuggirà da questo approccio connotato da grave ignoranza costituzionale rispetto alla funzione della pena declinata dal comma 3 dell’articolo 27, dunque soltanto una politica che si rivolgerà all’uomo e non al delitto, consentirà che giornate come quella odierna costituiscano un punto, anzi il punto di partenza per un confronto costruttivo su “CARCERE E DIRITTI” e non un dialogo tra sordi.
[1] Roma – 06 giugno 2023 Intervento della Camera penale di Cosenza “Avvocato Fausto Gullo”in seno all’Assemblea della Camera penale di Roma alla presenza dei signori Presidente della Camera penale di Roma, Coordinatore delle Camere penali del Distretto, Sottosegretario di Stato alla Giustizia, Responsabile giustizia del PD, Componenti della Commissione giustizia del Senato, Garante nazionale dei detenuti, Coordinatore scientifico degli Stati generali dell’esecuzione penale e del Presidente dell’Unione delle Camere penali italiane.
