Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 23954/2023, udienza pubblica del 23 marzo 2023, ricorda che la messa alla prova non può essere chiesta per la prima volta nel giudizio in cassazione e, nel caso di imputazioni plurime e cumulative, non può essere disposta solo per alcune di esse.
La ragione giustificatrice dell’istituto della messa alla prova va individuata nel favore per la risocializzazione del condannato, prima ed in via alternativa e preferibile rispetto alla sottoposizione di esso a pena. Ma, se così è, ne scaturisce, con logica ovvietà, che tale procedimento di recupero del reo non possa essere parziale, sì da essere sperimentato e consentito, in caso di imputazioni plurime e cumulative, soltanto per alcune di esse: in tal senso, la Corte di cassazione ha già avuto modo di esprimersi, stabilendo che la sospensione con messa alla prova non possa essere disposta, previa separazione dei processi, soltanto per alcuni dei reati contestati per i quali sia possibile l’accesso al beneficio, in quanto la messa alla prova tende all’eliminazione completa delle tendenze antisociali del condannato, sì che una rieducazione “parziale” sarebbe incompatibile con le finalità dell’istituto (Sez. 2^, sentenza n. 14112 del 12/03/2015).
Va inoltre ricordato che nel giudizio di impugnazione davanti alla Corte di cassazione l’imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen., perché il beneficio dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova, presuppone lo svolgimento di un iter processuale alternativo alla celebrazione del giudizio (Sez. 5^, n. 35721 del 09/06/2015 – dep. 26/08/2015, Rv. 264259 – 01, la quale, in motivazione, ha evidenziato che la mancata applicazione della disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova nei giudizi di impugnazione pendenti alla data della sua entrata in vigore, stante l’assenza di disposizioni transitorie, non determina alcuna lesione del principio di retroattività della “lex mitior“).
