Intercettazioni: legittimo il noleggio di server da fornitori esterni purché installati presso i locali della procura (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 6^, sentenza n. 2596/2023, udienza pubblica del 6 dicembre 2022, ha affrontato plurime eccezioni difensive in punto di asserita inutilizzabilità di intercettazioni telefoniche.

La vicenda giudiziaria e i motivi di ricorso per cassazione

Un imputato è stato riconosciuto responsabile in entrambi i gradi di merito del delitto di favoreggiamento aggravato.

Il suo difensore ha fatto ricorso per cassazione deducendo l’inutilizzabilità delle intercettazioni sotto tre distinti aspetti: sarebbero state eseguite su server pressi a noleggio da una ditta esterna; non risulterebbero redatti i verbali di inizio e fine delle operazioni; i decreti di proroga sarebbero stati redatti solo dopo la scadenza del termine iniziale.

La decisione della Corte di cassazione

Le intercettazioni sono state svolte mediante registrazione su un server collocato presso i locali della Procura della Repubblica e con apparecchiature ivi collocate dalla società xxx.

L’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., prescrive che le intercettazioni siano effettuate con impianti «installati nella procura della Repubblica», ma ciò non impedisce che i predetti impianti siano forniti da soggetto esterno e concessi in uso mediante contratto di noleggio, come avvenuto nel caso di specie.

In tal senso va richiamata una recente pronuncia secondo cui il decreto che dispone l’esecuzione delle operazioni con l’utilizzo di impianti noleggiati da imprese private, ed installati presso i locali della Procura della Repubblica, non deve essere motivato quanto alla ricorrenza di eccezionali ragioni di urgenza e alla insufficienza o inidoneità degli impianti, in quanto assume rilievo, agli effetti di cui all’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., solo il luogo di utilizzo degli impianti, e non il titolo della loro disponibilità (Sez. 1^, n. 2707 del 24/9/2020, dep.2021, Rv. 280972).

Parimenti manifestamente infondata è l’ulteriore questione di inutilizzabilità proposta con riguardo alla presunta mancanza dei verbali di inizio e fine delle operazioni.

Anche su tale aspetto, il motivo di ricorso non si confronta con le puntuali considerazioni contenute nella sentenza impugnata, lì dove si afferma che in atti sono «presenti i verbali di fine intercettazione in cui risultano riportati i dati sul giorno di inizio delle operazioni e sul giorno conclusivo».

Tale dato non è stato espressamente confutato dal ricorrente, non avendo indicato specificamente i verbali asseritamente assenti in relazione ai singoli decreti autorizzativi delle intercettazioni.

È pur vero che, a fronte di una doglianza di natura processuale, la Cassazione ha accesso agli atti del procedimento, tuttavia, tale potere va coniugato con le esigenze di necessaria specificità del ricorso.

Si è affermato, infatti, che la specifica indicazione degli “altri atti del processo”, richiesta dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., può essere soddisfatta nei modi più diversi quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, finalizzata ad una ricerca esplorativa degli elementi a supporto del ricorso, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d), e 591 cod. proc. pen. (Sez. 4^, n. 3937 del 12/1/2021, Rv. 280384).

Per le ragioni anzidette risulta inammissibile anche l’ulteriore questione di inutilizzabilità posta in relazione alla presunta adozione dei decreti di proroga dopo la scadenza del termine iniziale.

Il ricorrente, infatti, si è limitato a richiamare il principio per cui vi deve essere continuità tra il decreto autorizzativo e le successive proroghe, ma non ha specificamente indicato in quali casi tale principio non sarebbe stato rispettato.

Peraltro, l’onere di analitica indicazione era ancor più impellente ove si consideri che la Corte di appello, nel rispondere ad analoga doglianza, aveva già affermato che il motivo era stato formulato genericamente e, comunque, non trovava riscontro dall’esame degli atti.