Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 21452/2023, udienza del 21 aprile 2023, ha affrontato la questione della colpa sportiva e delle condizioni necessarie perché dia luogo ad un illecito penale.
La vicenda giudiziaria
In entrambi i gradi di merito un’imputata è stata riconosciuta responsabile di lesioni colpose.
Il fatto-reato, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, era avvenuto durante una partita tra due squadre di rugby femminile, in una delle quali giocava l’imputata mentre nell’altra giocava la parte offesa.
Nella fase successiva ad un placcaggio da parte di quest’ultima, entrambe le giocatrici erano cadute a terra e l’imputata, che si trovava sopra, aveva alzato il braccio destro a squadra e aveva colpito con il gomito al volto l’avversaria, procurandole la frattura della parte inferiore mediale dell’orbita destra, con incarceramento del muscolo oculare, causandole lesioni che necessitavano di un ricovero ed un intervento chirurgico di riduzione della frattura del pavimento orbitario destro, scarcerazione del muscolo orbitario e ricostruzione della parete mediale con mash (il termine corretto in realtà è mesh e si tratta di una micro-griglia utilizzata per interventi di osteo-sintesi; NDR) in titanio.
La Corte territoriale ha ritenuto rilevante la circostanza che il fatto lesivo è stato posto in essere subito dopo un placcaggio ed ha affermato che l’imputata ha colpito la persona offesa con una gomitata, violando la regola specifica sportiva e comunque esercitando una forza sicuramente sproporzionata ed esorbitante a quella strettamente necessaria per rimettersi in piedi.
I giudici di appello, pur confermando la decisione di primo grado, hanno revocato le statuizioni civili a carico della imputata, poiché la parte offesa/parte civile dopo la sentenza di primo grado aveva instaurato un giudizio civile azionando in tale sede la medesima domanda risarcitoria.
Il ricorso per cassazione
Il difensore dell’imputata ha fatto ricorso per cassazione, deducendo plurimi motivi.
In questa sede si prende in considerazione uno solo di essi con il quale il difensore prospetta un vizio di motivazione in relazione alla mancata indicazione della regola cautelare specifica violata e al travisamento della prova testimoniale in quanto non è certo che la gomitata sia stata sferrata e ciò alla luce di alcune dichiarazioni testimoniali specificatamente indicate e lamenta inoltre che erroneamente non è stata ritenuta applicabile alla condotta dell’imputato la scriminante del c.d. “rischio consentito” posto che non è stata indicata la regola di gioco che l’imputata avrebbe violato.
La decisione della Corte di cassazione
Il collegio di legittimità rileva che il nucleo principale delle contestazioni mosse dalla ricorrente attiene all’individuazione dei confini dell’area del penalmente rilevante in rapporto alla condotta lesiva dell’altrui integrità fisica.
…Il “rischio consentito”
Ricorda a tal fine una decisione recente (Sez. 4^, n. 8609 del 28/10/2021 (dep. 15/03/2022) Rv. 282764 – 02) ove è stato affermato il principio secondo cui il “rischio consentito” è quello accettato dall’atleta in relazione al rispetto delle regole tecniche per la pratica sportiva di riferimento, sicché l’esorbitante violazione di tali regole ricondurrebbe la condotta antisportiva nell’area del penalmente rilevante, derivandone una lesione non previamente accettata dall’atleta. Nella stessa decisione si è detto che quel principio non risolve il problema di delineare i criteri giuridici da seguire per affermare se un fatto lesivo commesso nel corso di un’attività sportiva sia concretamente una condotta tipica penalmente (e/o civilmente) rilevante.
…e la sua inadeguatezza
Il collegio richiama un’ulteriore decisione (Sez. 4^, n. 32899 del 08/01/2021, Rv. 281997-17) secondo la quale nell’analisi dell’eventuale responsabilità dell’atleta per fatti dannosi commessi durante l’attività sportiva deve essere abbandonato l’orizzonte del cd. “rischio consentito” e dell’agente modello, foriero di eccessive incertezze nell’applicazione giudiziale, per approdare ai consueti criteri di accertamento della responsabilità penale nei reati caratterizzati dall’evento: verifica oggettiva del fatto dannoso (azione e nesso causale) e configurabilità della colpevolezza dell’agente, sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa.
L’attività sportiva, così come altre attività umane potenzialmente pericolose ma consentite per evidenti ragioni di utilità sociale (si pensi all’attività medico-chirurgica), non si sottrae all’indagine di responsabilità colposa (o dolosa) in caso di eventi lesivi della vita o dell’integrità fisica delle persone, accaduti nel corso o in occasione del suo esercizio.
In tale prospettiva, non serve ragionare in termini di discriminante, atteso che l’attività sportiva costituisce di per sé un’attività lecita, rispetto alla quale i partecipanti accettano di correre determinati rischi, sempre che la loro integrità fisica non sia da altri deliberatamente lesa o danneggiata colposamente a seguito della violazione di predeterminate regole cautelari.
Per la colpa generica in particolare – ma anche per la colpa specifica, in caso di regole cautelari c.d. elastiche, in cui cioè la regola non è dettagliata ma è determinata in base a circostanze contingenti – si tratta di applicare i consueti principi che caratterizzano la valutazione della colpevolezza colposa. In un recente arresto, è stato efficacemente ribadito che in sede di accertamento della colpa il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi specificare quale sia – sulla base della diligenza, prudenza e perizia – in concreto ed “ex ante” il comportamento doveroso prescritto.
…Ordinari criteri di cui all’art. 43 cod. pen. con riscontro dell’eventuale violazione di una regola cautelare
La verifica della colpa sportiva non potrà, insomma, prescindere dagli ordinari criteri stabiliti dall’art. 43 cod. pen., in particolare riscontrando l’eventuale violazione della regola cautelare, generica o specifica, non corrispondente alla regola tecnico-sportiva in astratto applicabile.
Ne discende che sono, per contro, illeciti quei comportamenti che non sono riconducibili al gioco, pur nelle sue espressioni pericolose, o perché intenzionalmente diretti a procurare danno alla persona oppure perché, siccome in contrasto con il principio di lealtà sportiva, sono estranei all’ambito di applicazione delle regole del gioco – che quel principio presuppongono e sono quindi disciplinati dalle ordinarie regole di diligenza, dei quali costituiscono violazione.
È evidente, infatti, che per ciascun contesto indicato i singoli atleti faranno affidamento su atti degli avversari aventi caratteristiche e intensità diverse (maggiore per i professionisti rispetto ai dilettanti, minore per gli allenamenti rispetto alle gare ecc.), cui potrà conseguire l’operatività di una diversa regola cautelare pertinente alla situazione sportiva obiettivamente acclarata.
Fondamentale è la regola generale che impone agli atleti di improntare il proprio comportamento ai doveri di lealtà e correttezza sportiva nonché di rispetto dell’avversario, che va però coordinata ai principi della colpevolezza colposa. Nell’accertamento della sussistenza della colpa non ha rilievo la entità del danno specifiche e obiettive modalità della condotta dell’atleta, avuto riguardo alle caratteristiche dell’azione nell’ambito del contesto agonistico di riferimento.
Nella valutazione della colpa sportiva assume centralità l’analisi della situazione di fatto in rapporto al contesto e allo sviluppo dinamico dell’azione sportiva lesiva.
…I giudici di merito non hanno individuato una predeterminata regola cautelare che sarebbe stata violata
I giudici di appello hanno fondato il giudizio di responsabilità muovendo dalla ritenuta gratuità dell’azione fallosa affermando che doveva ritenersi superato il rischio consentito dall’espletamento dell’attività sportiva specifica in quanto l’azione non era avvenuta in una fase di concitamento e comunque l’azione posta in essere con il gomito era sproporzionata come violenza rispetto alla necessità di rialzarsi da terra mentre il corpo dell’avversaria era sotto di lei e che l’imputata ha sferrato una gomitata in violazione della regola sportiva regolamentare dell’attività agonistica.
Ritiene il collegio che si tratta di considerazioni generali che potrebbero valere per qualsiasi contesto agonistico, ma che non affrontano il nodo centrale della questione, che è quello, appunto, di stabilire se nel caso concreto vi sia un comportamento colposo giuridicamente rilevante, in quanto commesso in violazione di una predeterminata regola cautelare, che nel caso non è stata in alcun modo evocata né individuata dal giudice del merito. Anzi nella sentenza di primo grado che ha derubricato il reato in lesioni colpose, si legge che il giudice sportivo, dando atto che nemmeno da video è individuabile l’esatto svolgimento dei fatti essendo visibile solo un movimento scomposto, ha scritto che “dalla memoria del Presidente della società xxx si dà atto che la giocatrice xxx, essendo trattenuta a terra dalla giocatrice yyy, si divincolava e nell’alzarsi la colpiva accidentalmente”.
…La rilevabilità della prescrizione
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate successivamente rispetto alla sentenza impugnata; nel caso di specie per rilevare d’ufficio l’intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine di prescrizione massimo.
In presenza di una causa di estinzione del reato, secondo quanto affermato dalle Sezioni unite di (Sezioni unite, n. 35490 del 28/05/2009, (dep. 15/09/2009) Rv. 244275-01) in caso di annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe a dover dichiarare la immediata declaratoria della causa di estinzione del reato e ciò anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva, così come precisato da Sezioni unite, 28 novembre 2001 n. 1021/02, Cremonese, rv 220511.
…Esito
Deve essere conseguentemente dichiarato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.
