Di epidemie prevedibili e alluvioni imprevedibili: due visioni agli antipodi (di Vincenzo Giglio)

Ogni qualvolta si manifesta un evento critico di grandi dimensioni e dalle conseguenze letali la reazione più diffusa è la paura ed è quella di chi si accorge di quanto sia illusorio il sentimento della razza umana di dominio sul pianeta di cui in realtà è solo un’ospite.

Non basta. Perché poi, di fronte allo scatenarsi di forze incontrollabili, nasce il bisogno di attribuire colpe e vendicarsi: che paghi chi avrebbe dovuto capire e fare e non ha capito e non ha fatto.

Paura e vendetta: entrambe vecchie quanto è vecchio l’uomo.

Comprensibili come elementi scatenanti di folle indistinte, inaccettabili come criteri guida di politiche e decisioni pubbliche.

La distinzione dovrebbe esser chiara, giunti nel terzo millennio dopo Cristo.

Eppure non è così, non in politica, non nella giustizia.

Gli esempi sono assai vicini.

Ricordiamo ancora le dichiarazioni di Antonio Chiappani, procuratore della Repubblica di Bergamo, all’indomani della chiusura delle indagini sulla gestione della pandemia da Covid-19 nel territorio di competenza del suo ufficio: il lavoro svolto dal suo ufficio aveva accertato omissioni ed errori in mancanza dei quali si sarebbero potute salvare migliaia di vite (per l’esattezza 4.148 secondo le stime del suo consulente tecnico); l’inchiesta serviva a dare risposte ai familiari delle vittime e all’intera cittadinanza bergamasca e, soprattutto, a capire come agire in futuro a fronte di emergenze simili (ne avevamo già parlato su TF, a questo link).

E leggiamo oggi le dichiarazioni di Giuseppe Amato, procuratore della Repubblica di Bologna, in un’intervista concessa al quotidiano Il Corriere della Sera (a questo link).

Dice che non avvierà un’indagine per gli eventi alluvionali che hanno colpito il capoluogo emiliano, che il compito del PM non è quello di cercare colpe per ogni evento naturale che si verifica ma semmai chiedersi se si poteva far qualcosa per prevederlo ed impedirlo e se la riposta è no, non si poteva, fermarsi perché i processi sono una cosa seria, non una ricostruzione filosofica rispetto alla quale chiunque può dire tutto e il contrario di tutto.

Due visioni agli antipodi, lo si dice nel titolo di questo post.

Noi di TF pensiamo che Giuseppe Amato abbia ragione da vendere perché crediamo che la giustizia non ha il compito di predire nulla, di rappresentare volontà di rivalsa, di cercare colpe laddove la vastità dei fenomeni sia tale da renderne pressoché impossibile il ritrovamento.

E già che ci siamo, avendo letto sulla stampa che il dr. Amato è tra i più autorevoli candidati alla guida della procura di Napoli, ci auguriamo che il CSM sappia valorizzarlo come merita.