Sindacalista che ottiene soldi da un imprenditore minacciandolo di ostacolare la procedura per la cassa integrazione: è estorsione (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 22929/2023, udienza pubblica del 9 marzo 2023, ha trattato una particolare applicazione del delitto di estorsione, in questo caso contestato ad un sindacalista accusato di avere minacciato il legale rappresentante di una società, prospettandogli che avrebbe ostacolato le trattative finalizzate all’ottenimento della cassa integrazione guadagni e della messa in liquidazione, e di avere in tal modo ottenuto da costui una somma di denaro.

Il collegio, in risposta ad uno specifico motivo di ricorso, ha ricordato che “il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, è rappresentato dalla concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà della vittima, da valutarsi con verifica “ex ante”, che prescinde dalla effettiva realizzabilità del male prospettato” (Sez. 2^, sentenza n.11453 del 17/02/2016, Rv. 267124 – 01).

Ha quindi considerato certo che il comportamento dell’imputato fosse idoneo ad impedire l’ottenimento da parte della società della cassa integrazione guadagni, posto che era in grado di orientare, nella sua qualità di sindacalista, il comportamento degli operai, che poteva portare ostacolo allo svolgimento delle trattative, considerando anche che il sindacato partecipa alle stesse.