Misure cautelari personali: la relazione del Ministro della Giustizia e i tanti elementi di riflessione (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

Il 19 maggio 2023, con notevole ritardo rispetto al termine normativamente previsto (entro il 31 gennaio), il Ministero della Giustizia ha pubblicato nel suo sito web istituzionale la relazione sulle misure cautelari per l’anno 2022 (ne abbiamo dato notizia a questo link).

Torniamo adesso sul punto per mettere a fuoco in modo più meditato le questioni salienti.

Lo facciamo seguendo l’organizzazione interna della relazione.

IN GENERALE

Metodologia del monitoraggio

Il Ministero, tramite la sua Direzione generale degli affari interni, attinge i dati necessari attraverso il SICP (Sistema informativo della cognizione penale) ma, per sua stessa ammissione, tale sistema è “prioritariamente rivolto a soddisfare le esigenze di gestione amministrativa proprie dei procedimenti penali, e non [ha] finalità di natura statistica“.

Difatti “I dati vengono estratti dalle cancellerie delle sezioni GIP e Dibattimentali tramite apposite query presenti sul SICP ed inviati al Ministero in formato excel, ove vengono successivamente elaborati e trasfusi, per ogni singolo ufficio, in dettagliati prospetti riepilogativi (i dati inviati dagli uffici in formato excel non sono infatti immediatamente fruibili, essendo costituiti da matrici alfanumeriche di grandi dimensioni)“.

Si usa quindi – ed è una debolezza strutturale – una fonte che non è stata istituita per finalità statistiche e che impone a chi estrae i dati di rielaborarli, con tutti i rischi di errore connessi.

Tasso di risposta degli uffici giudiziari

Ha risposto alla richiesta di informazioni del Ministero l”80% dei tribunali interpellati.

È sicuramente una percentuale significativa ma si continua a non comprendere come sia possibile e tollerato che uffici pubblici si sottraggano ad un adempimento obbligatorio per legge.

MISURE CAUTELARI

Dato complessivo sulle misure cautelari personali coercitive emesse nel 2022

Sono state 81.568 (erano state 81.102 nel 2021 e 82.199 nel 2020).

Percentuali per tipologia di misure

Il podio è occupato da custodia cautelare in carcere (30.2%), arresti domiciliari con e senza “braccialetto” (24,3%) e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (15,8%).

Le misure cautelari custodiali (carcere – arresti domiciliari – luogo cura) costituiscono il 57% circa di tutte le misure emesse, mentre quelle non custodiali (tutte le restanti) ne costituiscono circa il 43%.

Si ha dunque che le misure più gravi ed afflittive continuano ad essere, come negli anni precedenti, quelle privilegiate dai titolari del potere cautelare, e quella più grave in assoluto (custodia cautelare in carcere) è la più applicata tra tutte, seguita da quella immediatamente successiva in termini di capacità afflittiva.

Confronto tra i maggiori tribunali capoluogo

I tribunali in questione sono quelli di Roma, Milano, Napoli e Torino.

Emergono differenze rilevanti tra di loro.

Si consideri infatti che, limitatamente alla custodia cautelare in carcere, il tribunale di Napoli vi ricorre in una percentuale pari al 57,2% del totale, seguito da Milano (34,7%), Torino (32%) e Roma (25,9%).

Misure cautelari personali coercitive emesse nei procedimenti definiti nel medesimo anno: percentuali a seconda dell’esito dei procedimenti

Questo dato, comprensibilmente, è tra i più importanti per comprendere, sia pure a posteriori, se l’uso del potere cautelare sia stato meditato oppure no.

Si indicano a questo punto le percentuali di misure cautelari personali coercitive emesse in relazione a procedimenti conclusi con sentenze, definitive e non definitive, di assoluzione o proscioglimento o di condanna con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Condanna definitiva con sospensione condizionale della pena: 6,3%.

Condanna non definitiva con sospensione condizionale della pena: 8,2%.

Assoluzione definitiva: 1,6%.

Assoluzione non definitiva: 5,6%.

Proscioglimenti a vario titolo: 2,3%.

Nella relazione le assoluzioni e i proscioglimenti, che tutti insieme equivalgono al 9,5% del totale, vengono contrapposti a tutti gli altri esiti di condanna.

In realtà, nell’opinione di chi scrive occorrerebbe tener conto anche delle condanne a pena sospesa che ammontano al 14.5% del totale.

Ciò per l’ovvia ragione che tali esiti attestano l’assenza di un “bisogno di pena”.

Non si vuole certo ignorare che a tali esiti si arriva talvolta sulla base di elementi valutativi acquisiti nelle fasi successive a quella dell’emissione del titolo cautelare ma neanche dimenticare che in casi verosimilmente più numerosi le ragioni che hanno portato al beneficio della pena sospesa erano note fin dall’inizio.

E così quel 9,5% di assoluzioni e proscioglimenti dovrebbe essere aumentato, a spanne, di almeno un 6/7% per essere più credibile e si arriverebbe quindi a un buon 15% di esiti procedimentali che sconfessano la misura cautelare nel senso di dimostrarne la non necessità ad origine: una percentuale decisamente rilevante.

RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE

Istanze sopravvenute nel 2022

Sono state 1.180 (erano state 1.209 nel 2021 e 935 nel 2020).

Distribuzione per distretti giudiziari

Ai primi tre posti per sopravvenienze figurano i distretti di Roma (165), Reggio Calabria (163) e Napoli (115).

Esito dei procedimenti

556 istanze sono state accolte, 571 sono state rigettate e 53 sono state dichiarate inammissibili.

Ragioni dell’accoglimento

370 decisioni di accoglimento sono state motivate per il sopravvenire di sentenze di assoluzione o proscioglimento, 112 per illegittimità delle ordinanze cautelari (77 delle quali per illegittimità genetica).

Importi complessivi riconosciuti a titolo di riparazione nei singoli distretti giudiziari

L’importo complessivamente liquidato nel 2022 è stato di € 27.378.805 (era stato di € 24.506.190 nel 2021 e di € 36.958.291 nel 2020).

Ai primi tre posti figurano Reggio Calabria (€ 10.312.205), Palermo (€ 3.557.381) e Roma (€ 1.964.663).

Importo medio liquidato per singola istanza

Al primo posto figura Reggio Calabria (€ 114.850), seguita da Sassari (€ 108.185) e Palermo (€ 82.742).

PROCEDIMENTI DISCIPLINARI INTENTATI NEI CONFRONTI DI MAGISTRATI PER INGIUSTE DETENZIONI GIA’ ACCERTATE

Nel 2022 risulta promossa una sola azione disciplinare ad opera del Ministro della Giustizia.

Nessuna azione è stata promossa dall’altro titolare dell’azione disciplinare, cioè il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione.

L’esito di quell’unica azione promossa è stato una pronuncia di non doversi procedere.

CONCLUSIONI

Anche dopo una lettura analitica ed accurata delle 42 pagine della relazione ministeriale, le conclusioni negative rassegnate nel precedente post non cambiano ed anzi trovano ulteriori elementi di conferma.

Le prime ragioni di sfiducia sono tutte interne al documento e all’istituzione da cui promana: depositato in ritardo di mesi, redatto sulla base di dati parziali ed attingendo ad una fonte non nata e non immaginata per scopi statistici, completamente autoreferenziale posto che continua a tradursi in una mera osservazione dell’esistente senza stimolare alcuna misura correttiva.

Sono poi sconfortanti i dati sull’uso del potere cautelare e sulle reazioni agli abusi ad opera delle istituzioni competenti.

Le misure più afflittive continuano ad essere le più usate e dovrebbe essere il contrario.

Continua ad essere elevata la percentuale di misure restrittive della libertà personale che non avrebbero dovuto essere emesse e non dovrebbe essere così.

Lo Stato continua a pagare, sebbene meno che in passato, elevati importi per la riparazione delle ingiuste detenzioni e gran parte di essi sono ascrivibili a misure emesse nei distretti giudiziari meridionali.

Continua a non esserci alcun colpevole, a giudicare dall’inesistenza di procedimenti e provvedimenti disciplinari nei confronti di chi ha chiesto e di chi ha applicato misure rivelatesi ingiuste.

Un quadro desolante e non sembra di dover aggiungere altro.