Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 20859/2023, camera di consiglio dell’ 1° marzo 2023, chiarisce i parametri per l’uso legittimo dei dati acquisiti inoculando un GPS in un dispositivo cellulare.
La vicenda giudiziaria ed il ricorso per cassazione
Il procedimento sottostante al ricorso ha ad oggetto la contestazione di una violazione dell’art. 12, d. lgs. n. 286/1998.
Due indagati hanno subito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per essere stati trovati a bordo di un’imbarcazione sulla quale erano anche presenti dodici cittadini iracheni.
Sebbene avessero riferito che si trattava di un viaggio a scopo turistico, gli elementi acquisiti avevano dimostrato che negli ultimi otto anni l’imbarcazione aveva compiuto ben 96 viaggi lungo la stessa rotta.
Era inoltre risultato che, pochi mesi prima, uno degli indagati era stato trovato a bordo di un’altra imbarcazione poche ore dopo lo sbarco irregolare di altri migranti iraniani ed iracheni.
Dai messaggi rinvenuti nella chat Whatsapp del suo telefono cellulare, costui sembrava prendere ordini da un cittadino turco che gli aveva dato l’ordine di distruggere i documenti di viaggio.
Respinta la richiesta di riesame dal competente tribunale, le difese degli indagati hanno fatto ricorso per cassazione.
Tra i motivi di ricorso posti all’attenzione del collegio di legittimità ve ne è uno che eccepisce l’inutilizzabilità dei dati ottenuti previa inoculazione di un GPS nel dispositivo cellulare del suddetto indagato in occasione del menzionato controllo.
Sostiene a questo proposito la difesa che tali dati, nella parte attinente al tracciamento della posizione dell’imbarcazione fuori dal mare territoriale nazionale, sono inutilizzabili in quanto ottenuti senza una rogatoria internazionale.
La decisione della Corte di cassazione
Il collegio di legittimità ha espresso il convincimento che il codice di rito penale non prevede la necessità di passare sempre attraverso rogatoria internazionale, o strumenti equivalenti, quando si compie una attività di indagine all’estero.
Proprio perché la rogatoria è tecnicamente una richiesta di assistenza giudiziaria rivolta alle autorità giudiziarie di altro Stato, tale strumento non deve essere usato quando tale assistenza non è necessaria, perché l’attività di indagine può essere effettuata in autonomia direttamente dal territorio dello Stato.
È principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che sono utilizzabili le intercettazioni, effettuate senza rogatoria internazionale, di utenze che si trovano all’estero quando l’attività di captazione sia effettuata in Italia (cfr. Sez. 3^, sentenza n. 25833 del 03/03/2016, Rv. 267090, secondo la quale “in tema di intercettazioni telefoniche, non è necessario esperire una rogatoria internazionale allorquando l’attività di captazione e di registrazione del flusso comunicativo avvenga in Italia e tanto sia nel caso di utenza mobile italiana in uso all’estero, sia nel caso di utenza mobile straniera in uso in Italia, richiedendosi il ricorso alla rogatoria solo nell’ipotesi in cui l’attività captativa sia diretta a percepire contenuti di comunicazioni o conversazioni transitanti unicamente su territorio straniero“; in senso conforme, Sez. 3^, sentenza n. 10788 del 29/01/2016, Rv. 266490).
Più di recente, è stato ritenuto che anche l’intercettazione ambientale delle conversazioni che avvengono in una autovettura non necessiti di rogatoria internazionale nel momento in cui l’autovettura si sposta all’estero (Sez. 2^, sentenza n. 51034 del 04/11/2016, Rv. 268514, secondo la quale “l’intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguita a bordo di una autovettura attraverso una microspia installata nel territorio nazionale, dove si svolge altresì l’attività di captazione, non richiede l’attivazione di una rogatoria per il solo fatto che il suddetto veicolo si sposti anche in territorio straniero ed ivi si svolgano alcune delle conversazioni intercettate“).
Nello stesso senso è stato ritenuto, ancora più di recente, che finanche l’intercettazione ambientale a mezzo “captatore informatico” installato in Italia non necessiti di rogatoria internazionale nel momento in cui il dispositivo su cui è installato si sposta all’estero (Sez. 2^, sentenza n. 29362 del 22/07/2020, Rv. 279815, in cui si afferma che “l’intercettazione ambientale a mezzo “captatore informatico” installato in Italia su telefono collegato ad un gestore nazionale, non richiede l’attivazione di una rogatoria internazionale per il solo fatto che le conversazioni siano eseguite in parte all’estero, e temporaneamente registrate tramite wi-fi locale, a causa dello spostamento dell’apparecchio sul quale è inoculato il ” malware”, atteso che la captazione ha avuto origine e si è comunque realizzata in Italia, attraverso le centrali di ricezione presso la procura della Repubblica“).
Ne consegue che, in conformità ai principi affermati più volte dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che a fortiori anche nel caso del GPS, strumento di ricerca della prova meno invasivo della intercettazione telefonica o ambientale o di quella tramite captatore, se lo stesso viene collocato nel territorio dello Stato su veicolo o altra cosa che poi successivamente si sposta all’estero, l’utilizzazione dei risultati del tracciamento degli spostamenti avvenuti all’estero non necessiti di rogatoria internazionale.
