Circostanze attenuanti: la provocazione cosiddetta “per accumulo” (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 19150/2023, udienza del 16 febbraio 2023, ha avuto ad oggetto la circostanza attenuante della provocazione (art. 62, n. 2), cod. pen.) nella specifica forma “per accumulo”.

Rileva al riguardo il collegio di legittimità, richiamando il precedente di Sez. 1^, sentenza n. 21409 del 27.3.2019, Rv. 275894, che ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono:

a) lo “stato d’ira“, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”;

b) il “fatto ingiusto altrui“, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale;

c) un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta.

Non si richiede la proporzione tra fatto ingiusto della vittima e reazione del reo, bensì, in conformità al dato testuale, un rapporto di causalità psicologica, in altre parole che il fatto ingiusto sia stato causa dello stato d’ira e della conseguente reazione.

A fronte della molteplicità delle spinte emotive all’azione, spesso presente in chi reagisce alla condotta altrui, è necessario un criterio per distinguere i casi in cui il fatto ingiusto altrui sia solo occasione o pretesto per l’azione violenta dai casi in cui il fatto ingiusto altrui sia stato effettivamente la causa dello stato d’ira e della reazione violenta.

A questo fine, la sussistenza di un rapporto di adeguatezza o proporzionalità tra fatto ingiusto e reazione è significativo indicatore di una relazione di causalità psicologica.

Ed ancora, il “fatto ingiusto altrui”, ai fini dell’art. 62 n. 2) cod. pen., può essere integrato anche da una realtà complessa, caratterizzata da pregresse condotte che hanno determinato l’insorgere di una forte contrapposizione personale vissuta con esasperazione e da una ulteriore condotta, direttamente scatenante il fatto-reato, anche non grave, ma tale, inserendosi nel contesto di esasperazione, da determinare uno stato d’ira e una condotta violenta.

Si è quindi ritenuto che “Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. per accumulo, si richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo” (Sez. 1^, n. 4695 del 13/01/2011, Rv. 249558).

Ne deriva che, a fronte di un contesto di esasperata conflittualità, sfociato in una grave condotta violenta, non basta verificare la relazione tra la condotta  violenta e l’atteggiamento, immediatamente precedente, della vittima, ma è necessario leggere la rilevanza causale dell’ultima manifestazione della vittima nel contesto della conflittualità esistente con l’imputato per verificare se quell’ultima azione, magari in sé meno grave di altre, avesse avuto, nella percezione soggettiva del reo, una valenza potenziata da tutta conflittualità pregressa e quindi avesse fatto insorgere uno stato d’ira che ha mosso il reo alla reazione.

Anche nella provocazione così detta per accumulo è dunque necessario verificare se vi sia stata relazione di causalità psicologica tra fatto ingiusto della vittima e reazione, ma nella valutazione del fatto ingiusto l’ultima condotta non va isolata dal contesto nel quale si è verificata.