Roberto Vecchioni ha conosciuto il carcere per l’errore di un “Signor giudice” (di Riccardo Radi)

La canzone “Signor giudice” di Roberto Vecchioni è ispirata alla vicenda che vide protagonista di un errore giudiziario, suo malgrado, il cantautore.

Era il 17 agosto 1979 quando venne eseguito nei suoi confronti un mandato di cattura emesso da un giudice del tribunale di Marsala.

L’accusa era di spaccio di sostanze stupefacenti. Vecchioni venne arrestato a Milano dove abitava e due giorni dopo venne trasferito nella casa circondariale di Marsala, al numero 1 di piazza Castello.

L’edificio era stato un castello, la sua costruzione risaliva al Medioevo.

Quando Vecchioni varcò il portone del carcere si rese conto di essere entrato in una struttura fatiscente con spazi angusti, dove l’ora d’aria veniva trascorsa nell’unico cortile centrale.

Nelle celle, che ospitano sei o sette detenuti ciascuna, servizi igienici e letti si trovano gli uni accanto agli altri.

Roberto Vecchioni restò in carcere in attesa di essere interrogato dal giudice che dopo aver firmato il mandato di cattura pensò bene di andare in ferie.

Vecchioni in attesa del suo giudice provò l’esperienza di una giustizia ottusa che dispensa la galera con facilità.

Nel suo caso il giudice C. ritenne dimostrata la cessione di uno spinello ad un ragazzo alla fine di un concerto che si era tenuto a Marsala nel giugno del 1977, durante la festa dell’Unità.

Pare che un ragazzo si fosse avvicinato chiedendogli da fumare e che il cantautore gli avesse semplicemente risposto: “mi dispiace, non fumo”.

Il giovane aveva messo in piedi la montatura, salvo ritrattare immediatamente appena messo a confronto.

Pensate che l’ipotetico fatto sarebbe avvenuto due anni prima dell’arresto e si parlava di cessione di uno spinello, ciò nonostante il solerte magistrato dispose addirittura la custodia cautelare per poi partire per le vacanze.

Signor giudice le stelle sono chiare per chi le può vedere magari stando al mare”.

Rientrò non prima del mese successivo per procedere con l’interrogatorio: “Signor giudice lei venga quando vuole, più ci farà aspettare più sarà bello uscire”. Fortunatamente Roberto Vecchioni aveva riacquistato la libertà in attesa del verdetto finale.

Fu interrogato da libero: “Quel giorno quando verrà giudichi senza pietà, ci vergogniamo tanto d’essere uomini così così”.

Ovviamente alla fine della vicenda Vecchioni fu assolto.

Un paio di mesi dopo la sua avventura giudiziaria, pubblicò l’album Robinson, come salvarsi la vita.

La canzone Signor giudice era dedicata al giudice C. e a tutta quella magistratura che interpreta in modo opinabile il proprio mandato.

Signor giudice

Le stelle sono chiare

Per chi le può vedere

Magari stando al mare

Signor giudice

Chissà chissà che sole

Si copra per favore

Che le può fare male

Immaginiamo che avrà

Cose più grandi di noi

Forse una moglie
Troppo giovane
E ci scusiamo con lei
D’importunarla così
Ma ci capisca
In fondo siamo uomini così così
Abbiamo donne abbiamo amici così così
Leggiamo poco leggiamo libri così così
E nelle foto veniamo sempre così così

Signor giudice
Lei venga quando vuole
Più ci farà aspettare
Più sarà bello uscire
Signor giudice
Si compri il costumino si mangi l’arancino
coi suo pomodorino
Noi siamo tanti siam qua, già la chiamiamo papà
Di quei papà
Che non si conoscono

Non era la sola canzone che si riferiva al suo episodio penitenziario.

Proprio durante i giorni trascorsi in cella, il cantautore aveva composto anche la sua Lettera da Marsala.

Lettera da Marsala
ad un’ipotesi di donna
che non ricorda più in che posto sia
lettera da Marsala
per dirle che la penso sempre
ma non è proprio tutta ‘a vita mia
e fuori ci sarà qualcuno
(‘a vita mia m’a porto ‘n pietto)
qualcuno fuori ascolterà
(‘o core mio fa o
oilì oiià)

mica saremo tutti…
Lettera da Marsala
solo tre righe di biglietto
il resto l’ho pensato ma non l’ho scritto
lettera da Marsala
a un’amicizia ch’è finita
ma che m’mporta io canto e chesta è ‘a vita
la vita mia m’a porto ‘n pietto
(e fuori ci sarà qualcuno)
o core mio fa oilì oiià
(mica saremo tutti qua)
e nun va rongo pe’ dispetto
‘sta libertà…

Vecchioni ha serbato il ricordo di quei giorni e in una occasione ha paragonato le sensazioni provate al protagonista del film Le ali della libertà:

E quando ti mettono nella tua cella, e senti sbattere il cancello, allora capisci che è tutto vero.

L’intera vita spazzata via in quel preciso istante.

Non ti resta più niente, solo una serie interminabile di giorni per pensare.

Molti novizi danno quasi i numeri la prima notte, e ce n’è sempre qualcuno che si mette a piangere.

Succede ogni volta.

L’unica domanda è: chi sarà il primo?”