Avvocati, ricordiamo sempre che in caso di revoca dei nostri testi a difesa dobbiamo immediatamente dedurre a verbale la nullità dell’ordinanza altrimenti decadiamo come è accaduto nel caso esaminato.
Il principio di diritto è stato ribadito dalla cassazione sezione 1 con la sentenza numero 23191/2022 che ha ricordato la necessità da parte della difesa presente in udienza di dedurre immediatamente la nullità dell’ordinanza che revoca l’ammissione di testi in difetto di motivazione in merito alla superfluità.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che la revoca dell’ordinanza ammissiva dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità produce una nullità di ordine generale a regime intermedio, integrando una violazione del diritto della parte di “difendersi provando“, stabilito dall’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., corrispondente al principio della “parità delle armi” sancito dall’art. 6, comma 3, lett. d), della CEDU, al quale si richiama l’art. 111, comma 2, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti (da ultimo, Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Rv. 279166).
Alla luce della disciplina prevista dal codice di rito, detta nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., con la conseguenza che in caso contrario essa è sanata.
Infatti, il disposto dell’articolo 180, cod. proc. pen., secondo cui la nullità di ordine generale verificatasi nel corso del giudizio è deducibile dalla parte, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo, trova un limite nella disposizione dell’articolo 182, comma 2, cod. proc. pen., che prevede una eccezione alla regola della deducibilità appena illustrata, con riferimento al caso in cui la parte assista al compimento dell’atto nullo.
Per tale ipotesi è sancito che la parte, se non può eccepire la nullità prima del compimento dell’atto stesso, deve farlo immediatamente dopo.
Di conseguenza, anche volendo ritenere la motivazione dell’ordinanza del Tribunale che revocava tutti i testimoni indicati dalla difesa, in precedenza ammessi, sostanzialmente apparente e, quindi, insussistente (in effetti, la motivazione del provvedimento è particolarmente sintetica), correttamente la Corte territoriale ha ritenuto sanata la (negata) nullità del provvedimento per non essere stata dedotta né nell’immediatezza né in sede di precisazione delle conclusioni.
Questa soluzione non contrasta con il principio sancito dal codice di rito secondo cui le ordinanze emesse nel corso del dibattimento devono essere proposte unitamente all’impugnazione della sentenza (art. 586, cod. proc. pen.).
In effetti, con l’atto di appello la difesa dell’imputato deduceva la nullità di un’ordinanza che era già stata sanata, cosicché l’impugnazione non poteva che essere rigettata sotto questo profilo.
