Bancarotta per distrazione: condizioni che consentono di escluderla nelle operazioni infragruppo (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 18333/2023, udienza dell’1° dicembre 2022, ha riguardato un caso di bancarotta per distrazione.

Nella giurisprudenza di legittimità la nozione di distrazione è collegata al distacco di un bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno dei creditori), che può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene, attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela (Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Rv. 241830; conf. Sez. 5, n. 30830 del 05/06/2014, Rv. 260486), come pure alla specifica offensività insita nel distogliere attività alla loro naturale funzione di garanzia dei creditori (Sez. 5, n. 7555 del 30/01/2006, Rv. 233413, in motivazione), impedendo così che il bene distaccato sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori (Sez. 5, n. 10220 del 19/09/1995, Rv. 203006).

Alla nozione di distrazione pertiene infine una funzione residuale, tale da ricondurvi qualsiasi fatto (diverso dall’occultamento o dalla dissimulazione, distruzione, dissipazione di beni e dalla fraudolenta esposizione di passività inesistenti), che determini la fuoriuscita del bene dal patrimonio del fallito e ne impedisca l’apprensione da parte degli organi del fallimento (Sez. 5, n. 8755 del 23/03/1988, Rv. 179047; conf. Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984, Rv. 165673), estensione, questa, che rinvia comunque agli altri fatti di bancarotta delineati dalla norma incriminatrice.

Nello specifico caso delle operazioni di distrazione infragruppo, si è consolidato un orientamento (tra le altre, Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017, Rv. 269702) per il quale, in caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione all’interno del medesimo gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi, che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali.

Tale vantaggio compensativo richiede tuttavia non solo l’esistenza di un “gruppo”, da intendersi come un soggetto economico unitario, ma anche la produzione di effetti vantaggiosi, sia pure indiretti, sia per il gruppo stesso che per la fallita nei sensi dell’art. 2634, comma 3, cod. civ., rispetto a quelli immediatamente negativi dell’operazione, e spetta all’interessato offrire la prova di tale condizione (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Rv. 268675; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, Rv. 253031).

Occorre infine ricordare che la natura distrattiva dell’operazione infragruppo non è affatto esclusa dalla giurisprudenza di legittimità, allorché si invochi la provenienza dal patrimonio personale dell’imprenditore della liquidità destinata ad una società appartenente allo stesso gruppo di quella fallita, quando questa si trovava già in difficoltà finanziaria, posto che il denaro, una volta immesso nel patrimonio della società, le appartiene ed è destinato alla garanzia dei suoi creditori (Sez. 5, n. 39043 del 29/05/2019, Rv. 276960).