La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 15444 depositata il 13 aprile 2023 è tornata ad occuparsi del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio ed ha annullato la sentenza di condanna che si basava su una prova di laboratorio incerta.
La Suprema Corte ha stabilito che la sentenza di condanna che si fondi su un risultato probatorio incerto deve dare adeguata spiegazione delle ragioni per le quali, a fronte della richiesta dell’imputato di perizia, gli esiti degli accertamenti sfavorevoli al reo vengano ritenuti esaustivi e incontrovertibili, giacché la regola di giudizio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” impone al giudice l’adozione di un metodo dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria.
Nel caso esaminato si trattava di vendita di vino adulterato, in cui gli esiti delle analisi svolte su campioni del medesimo prodotto, avevano dato esiti diversi presso laboratori ufficiali.
Dalla lettura degli atti allegati al ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza, risulta che quattro aliquote campionate del vino trasportato dall’autobotte, proveniente dalla cantina della società amministrata dall’imputato e diretta ad un’azienda vitivinicola in provincia di P., vennero inviate due al laboratorio di x e due al laboratorio xx, mentre una venne consegnata al vettore.
Risulta che, mentre presso il laboratorio xx l’esito della analisi era stato sfavorevole derivando l’alcool anche dalla fermentazione di zucchero di canna, diversamente il laboratorio x aveva accertato che il prodotto non risultava arricchito, essendo quindi consentito il superamento del limite di 15% v/v per il titolo alcolometrico totale, in deroga al Reg. UE 1308/13, all. VII, parte II, punto 1, lett. c).
Entrambi i laboratori, peraltro, avevano accertato che il campione invece doveva considerarsi irregolare sotto il 4 profilo volumetrico, ossia riscontrando una difformità tra quanto contenuto nel DDT e quanto effettivamente trasportato, senza tuttavia che ciò rivesta rilevanza penale ai sensi e per gli effetti degli artt. 515 e 516, c.p.
L’esistenza di tale, oggettiva, difformità, ben avrebbe quindi giustificato l’espletamento della richiesta perizia, che si rendeva necessaria proprio per la difforme risultanza degli accertamenti analitici, in merito alla circostanza dell’arricchimento con zucchero di canna del vino trasportato, non potendo certamente ritenersi soddisfacente la motivazione dell’impugnata sentenza, secondo cui il mancato esercizio della richiesta di revisione delle analisi in sede amministrativa nei quindici giorni dalla data di comunicazione dell’esito sfavorevole giustificava il diniego della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello mediante espletamento di una perizia tesa a superare l’oggettivo dubbio emergente dagli atti, tenuto conto che inspiegabilmente due laboratori che avevano analizzato i medesimi campioni, prelevati lo stesso giorno sul luogo, avevano fornito, circa l’arricchimento del prodotto con zucchero di canna, risultati diametralmente opposti.
