Patteggiamento per reati contro la p.a. e poteri discrezionali del giudice riguardo alle pene accessorie (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 6^, sentenza n. 14238/2023, udienza dell’11 gennaio 2023, affronta il tema dei poteri e doveri del giudice del patteggiamento riguardo all’applicazione delle pene accessorie previste dall’art. 317-bis, cod. pen.

Vicenda giudiziaria e ricorso per cassazione

Due persone accusate di reati contro la pubblica amministrazione sono state sottoposte ad applicazione concordata della reclusione in misura superiore a due anni. Gli sono state inoltre irrogate le pene accessorie  dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e della incapacità perpetua di contrattare con la pubblica

amministrazione.

I loro difensori hanno fatto ricorso per cassazione deducendo per ciò che qui interessa i vizi di violazione di legge e assenza di motivazione riguardo all’applicazione immotivata ed automatica delle pene accessorie.

Decisione della Corte di cassazione

…Complesso normativo pertinente al thema decidendum

Il collegio della sesta sezione penale ha esposto in premessa le disposizioni normative pertinenti, in questi termini:

Per effetto dell’art. 1, comma 4, lettera d), della L. n. 3 del 2019 è stato aggiunto all’art. 444 c.p.p. il comma 3-bis, ai cui sensi, nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis c.p., “la parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne  l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’art. 317-bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie. In questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta”.

Con l’art. 1, comma 4, lettera e), numeri 1) e 2), della legge indicata, inoltre, il legislatore ha, rispettivamente, modificato il comma 1 dell’art. 445 c.p.p., e introdotto nella stessa norma un nuovo comma 1-ter.

La prima modifica, incidente sulla disposizione che prevede il beneficio della esenzione dalle pene accessorie per i casi in cui il rito si concluda con l’applicazione di una pena detentiva non superiore ai due anni (cosiddetto “patteggiamento ordinario”), introduce la specificazione in forza della quale “nei casi previsti dal presente comma è fatta salva l’applicazione del comma 1-ter”.

La seconda modifica aggiunge all’art. 445 c.p.p. il comma 1-ter, in cui si stabilisce che “con la sentenza di applicazione della pena di cui all’art. 444, comma 2, del presente codice per taluno dei delitti previsti dagli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale, il giudice può applicare le pene accessorie previste dall’art. 317-bis del codice penale”.

Quanto all’ambito applicativo della nuova disciplina, non è in contestazione che essa incida sul “patteggiamento ordinario”; in tal senso depone il rinvio all’art. 445, comma 1-ter, contenuto nella clausola aggiunta al comma 1, norma quest’ultima che, come detto, si riferisce alle pene patteggiate di entità non superiore ai due anni di reclusione“.

…Effetti delle modifiche introdotte dalla L. n. 3/2019: l’esenzione dalle pene accessorie ex art. 317-bis cod. pen. non è più automatica

Il collegio ha proseguito l’analisi, questa volta mettendo a fuoco gli effetti prodotti dalla cosiddetta Legge “Spazzacorrotti.

Ha osservato in primo luogo che, per effetto delle modifiche introdotte dalla L. n. 3 del 2019, gli imputati per i reati contro la pubblica amministrazione non si giovano più automaticamente, in caso di “patteggiamento ordinario”, del beneficio della esenzione dalle pene accessorie previste dall’art. 317-bis c.p., poiché la valutazione sul punto è ora rimessa al giudice.

In tal senso, il primo dato che emerge dalla novellata disposizione normativa è che le modifiche apportate art. 445 cod. proc. pen. incidono su uno dei principali profili di premialità tradizionalmente tipici del patteggiamento ordinario.

Nella versione previgente, il principio generale contenuto nell’art. 445, comma 1, c.p.p. era quello del divieto di applicazione delle pene accessorie nei casi in cui la pena applicata fosse contenuta nel limite di due anni di reclusione soli o congiunti a pena pecuniaria.

…Potere discrezionale affidato al giudice

La nuova clausola di salvezza posta al termine della disposizione in esame, richiamando in modo simmetrico la previsione normativa che ha introdotto il potere del giudice del patteggiamento di decidere, per alcune tipologie di reati contro la pubblica amministrazione, se applicare o meno le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 445, comma 1-ter, c.p.p.), implica che, nei casi ed entro i limiti indicati, l’applicazione delle pene accessorie, da oggetto di un rigido divieto, viene attualmente rimodulata ad opzione decisoria, rimessa alla valutazione discrezionale del giudice.

Per effetto dell’intervento legislativo, si è realizzato un sistema obiettivamente mutato in quanto il combinato disposto dei commi 1 e 1-ter dell’art. 445 così come modificati dalla legge in esame implica, infatti, che il giudice “non è più confinato al ruolo di mero veicolo di decisioni – id est, applicazione obbligatoria, nella generalità dei casi; divieto di applicazione, nel caso di patteggiamento ordinario – prese a monte dal legislatore alle quali egli, pertanto, può solo passivamente conformarsi, ma assurge all’inedito ruolo di organo chiamato a decidere, su base discrezionale, …..sull’an di applicazione delle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione“.

…Il potere discrezionale del giudice si estende anche ai casi di patteggiamento cosiddetto “allargato”

Quanto alla estensione di tale potere discrezionale del giudice anche al patteggiamento cosiddetto “allargato”, in cui l’accordo processuale si riferisce a pene detentive di entità superiore ai due anni, la Corte Costituzionale ha già fatto notare che “mentre i lavori preparatori della L. n. 3 del 2019 potrebbero orientare verso la soluzione negativa – la relazione illustrativa al disegno di legge AC n. 1189 afferma, infatti, che si intendeva rimettere alla “valutazione discrezionale del giudice l’applicazione delle sanzioni accessorie, nel caso di irrogazione di una pena che non superi i due anni di reclusione” – la stessa conclusione non è affatto autorizzata dal tenore letterale degli artt. 444, comma 3-bis, e 445, comma 1-ter, c.p.p.” (in tal senso, cfr., Corte Cost. n. 231 del 2021).

Nessuna delle due disposizioni indicate contiene in effetti un esplicito riferimento, così come verosimilmente il legislatore intendeva, a specifiche soglie di pena detentiva concordata tra le parti.

La frattura tra il contenuto della relazione di accompagnamento al disegno di legge e il testo normativo era stata segnalata. 

Infatti proprio l’assenza di distinzione tra le diverse forme di patteggiamento era stata evidenziata in sede di parere sul citato disegno di legge AC n. 1189 dal Consiglio superiore della magistratura che aveva evidenziato come la formulazione del proposto art. 444, comma 3-bis, c.p.p., “che richiama specificamente e senza limitazioni di pena (taluni) delitti contro la p.a., rende possibile un’interpretazione che includa nel suo ambito di operatività non solo il caso del patteggiamento a pena contenuta nei due anni (…) ma anche le ipotesi di patteggiamento a pena superiore a due anni di reclusione” (Parere del 19 dicembre 2018 sul disegno di legge AC n. 1189 “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici).

Nonostante le segnalazioni in questione, il legislatore non ha ritenuto di intervenire; dunque la lettera della legge, nel delineare il raggio d’azione delle nuove disposizioni, fa leva solo sul riferimento a determinati reati, con la sola aggiunta – nel caso dell’art. 445, comma 1-ter, c.p.p. – del rinvio all’art. 444, comma 2, c.p.p.

Ne è conseguito un sistema per cui, da una parte, l’introduzione del potere del giudice di decidere se applicare o meno le pene accessorie per il patteggiamento non allargato rivela il venir meno di uno dei principali profili di premialità generalmente riconosciuti dalla legge – id est, il divieto di applicazione delle pene accessorie -, ma, dall’altra, con particolare riguardo al caso di patteggiamento allargato, si sono delineati per l’imputato vantaggi altrimenti non previsti.

Ne deriva che, in ragione del dato letterale della norma, la novella attrae nella sua sfera di efficacia non solo i casi di sentenze che applichino una pena non superiore ai due anni di reclusione ma anche le ipotesi di patteggiamento c.d. allargato (in tal senso, Sez. 6, n. 18510 del 22/04/2022, non massimata, Sez. 6, n. 6614 del 19/11/2020, dep. 2021, non massimata).

…Esito

Sulla base delle predette argomentazioni, ed avendo rilevata la radicale assenza di motivazione della decisione impugnata in punto di pene accessorie, il collegio l’ha coerentemente annullata, demandando al giudice del rinvio di valutare, applicando i principi indicati, se gli imputati debbano essere condannati alle pene accessorie previste dalla legge.