41-bis: i numeri del rapporto 2023 del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (di Vincenzo Giglio)

Il 20 marzo 2023 Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha pubblicato il Rapporto tematico sul regime detentivo speciale ex articolo 41-bis dell’Ordinamento penitenziario (allegato alla fine del post).

È finanche superfluo ricordare l’ampiezza e la conflittualità del dibattito ideologico (e insieme politico, sociale e giuridico) attorno a questo regime.

Quali che siano la visione e la prospettiva dell’osservatore, non si dovrebbe comunque prescindere dai “numeri”, solo conoscendo i quali si ha un’idea esatta dell’incidenza del cosiddetto “carcere duro” nella realtà carceraria nazionale.

Si ritiene pertanto di rendere un servizio utile ai lettori interessati alla questione elencando i dati di maggiore rilievo desumibili dal suddetto rapporto e dalla scheda di sintesi inserita nell’homepage del sito web istituzionale del Garante.

L’ovvia avvertenza preliminare è che i dati sono aggiornati alla date di redazione del rapporto (27 febbraio 2023).

Detenuti attualmente sottoposti al regime

Sono 740 tra i quali 728 uomini e 12 donne.

Fasce d’età

Meno di 30 anni: 1

Da 30 a 39 anni: 50

Da 40 a 49: 150

Da 50 a 59: 218

Da 60 a 69: 234

Oltre 70 anni: 87.

Istituti di distribuzione

Sassari (Bancali): 88

Cuneo: 45

L’Aquila: 150

Novara: 70

Nuoro (Baddu e Carros): 3

Parma: 70

Roma Rebibbia: 44

Terni: 29

Tolmezzo: 18

Viterbo: 46

Milano Opera: 96

Spoleto: 81

Detenuti ristrette in aree riservate

Sono 35.

Si legge nella nota sintetica che le aree riservate sono in tutto 11 e si tratta di circuiti speciali con ancora maggiori restrizioni.

Le aree riservate non sono previste da alcuna norma di legge, ma giustificate in base a una specifica interpretazione dell’articolo 32 del Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario che prevede sezioni a cui sono assegnati «i detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele».

Andamento dell’applicazione del regime negli ultimi dieci anni

Il numero minimo è stato di 699 detenuti nel 2012 e quello massimo è stato di 756 nel 2020.

La posizione giuridica dei detenuti sottoposti al 41-bis

613 hanno una condanna definitiva (204 di essi sono ergastolani, 250 sono condannati a pene temporanee, 6 sono internati per misure di sicurezza dentro strutture denominate Case di lavoro).

127 sono ristretti esclusivamente per una misura cautelare.

L’osservazione del Garante

Si riportano le considerazioni di maggiore rilievo, attingendo letteralmente alla scheda sintetica.

…Rinnovo anche per decenni del regime speciale

È parte di questa riflessione l’osservazione del rinnovo anche per decenni, a carico di singole persone, del regime speciale: le motivazioni delle proroghe dei decreti di applicazione del 41-bis fanno frequentemente riferimento al reato ‘iniziale’ per cui la persona è stata condannata e la persistente esistenza sul territorio dell’organizzazione criminale all’interno del quale il reato è stato realizzato. Due elementi che, a parere del Garante nazionale, disattendono le prescrizioni di attualizzazione delle particolari esigenze custodiali espresse costantemente dalla Corte costituzionale.
Da qui alcune riflessioni:

– se il rischio del mantenimento dei collegamenti con la criminalità organizzata di provenienza viene ritenuto sussistente anche a distanza di oltre 20 anni dalla prima applicazione, quando non dall’inizio della detenzione, il dubbio sull’efficacia del sistema preventivo risulta legittimo;

– il dubbio si estende conseguentemente all’effettiva finalità perseguita con la reiterazione del regime detentivo differenziato: se non è fondata sull’effettiva permanenza dei rischi di mantenimento dei collegamenti con l’associazione criminale, risulta diretta esclusivamente a imporre una forma afflittiva di detenzione;

– la mancanza di verifiche effettive sulla permanenza attuale delle esigenze di prevenzione del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata rischia di configurare l’applicazione del regime come una misura esclusivamente afflittiva per determinate categorie di condannati.
Pertanto, il Garante nazionale ritiene che il numero delle persone attualmente soggette al regime previsto dall’articolo 41-bis comma 2 ordinamento penitenziario sia suscettibile di una profonda revisione. Tale obiettivo, che renderebbe anche equilibrio e verosimiglianza all’immagine complessiva del fenomeno della criminalità organizzata nel Paese, altrimenti rappresentata dalla presenza in carcere di oltre 700 soggetti apicali potenzialmente pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, può essere perseguito senza pregiudicare le permanenti esigenze di particolare sicurezza attraverso una migliore configurazione delle sezioni del circuito dell’Alta sicurezza 1, che assicuri la separazione dagli altri circuiti detentivi
“.

…Le condizioni detentive

L’organizzazione dello spazio delle sezioni per i detenuti in regime speciale ex articolo 41-bis comma 2 ordinamento penitenziario deve rispondere anch’essa alla finalità di tale regime, di impedire, cioè, forme di comunicazione tra gli appartenenti a organizzazioni criminali, sia all’interno dell’Istituto sia con chi si trovi in libertà. Altre limitazioni che non rispondano a tale finalità rischiano di configurarsi come afflizioni aggiuntive a quanto implicito nella stessa privazione della libertà personale, come affermato – tra l’altro – dall’articolo 3 delle Nelson Mandela Rules. In ogni caso va sempre preservato il principio di tutela di ogni persona rispetto a possibili dirette o indirette aggressioni alla sua integrità fisica o psichica nonché alla sua dignità.
Tuttavia, anche nelle recenti visite, il Garante nazionale ha riscontrato condizioni diverse che rischiano di assumere di fatto una connotazione di ‘pena corporale’, non consentita dal nostro ordinamento, anche come implicita conseguenza del comma 4 dell’articolo 13 della Costituzione: le schermature alle finestre delle stanze detentive che impediscono un sufficiente passaggio di luce e aria naturali, l’assenza di qualsiasi elemento di stimolo visivo, la miseria di molti cortili, la presenza ossessiva di grate a totale copertura degli stessi, l’angustia delle cosiddette sale di socialità.
Il Garante nazionale ha rilevato la permanenza di una serie di restrizioni, previste dalla Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2017, tuttora vigente, che incidono significativamente sulla qualità della vita delle persone ristrette. Restrizioni che non appaiono allineate alla finalità del regime: il diametro massimo di pentole e pentolini, la disponibilità oraria, con consegna al mattino e ritiro alla sera, di oggetti per l’igiene personale, il numero di matite o colori ad acquarello detenibili nella sala pittura (non oltre 12), il numero di libri (4), le dimensioni e il numero delle fotografie che si possono tenere nella camera, il divieto di affissione alle pareti e alle altre superfici di fogli e fotografie, salvo «una singola fotografia di un familiare», l’esclusione dell’acquisto di alcuni quotidiani a diffusione nazionale.

Inoltre, le ipotesi di progettazione rieducativa sembrano del tutto assenti all’interno del micro-mondo del regime speciale: la «sospensione delle regole del trattamento» prescritta dal comma 2 del 41-bis si traduce troppo spesso in ‘sospensione del trattamento’ tout court, cioè di ogni attività rieducativa, data anche l’impalpabile presenza degli operatori della funzione giuridico-pedagogica all’interno di queste sezioni. E il passo tra ‘sospensione del trattamento’ e l’abbandono della finalità costituzionale di una pena che sempre deve tendere alla rieducazione è molto breve“.

Le indicazioni e raccomandazioni del Garante

Anche per questa parte si riporta testualmente il relativo passo della scheda sintetica.

Il Garante nazionale invita preliminarmente a riflettere sulla possibilità di un limite massimo di durata della misura, sul rischio della sovrapposizione di tale regime con altre forme di separazione.
Analoga riflessione deve riguardare il mantenersi di un’ampia estensione numerica delle persone ristrette in tale regime negli ultimi dieci anni, che interroga indiscutibilmente sull’efficacia evolutiva di tale previsione normativa.

Il Garante nazionale Raccomanda alle Autorità responsabili, tra l’altro:

– che non si protragga il regime speciale previsto dall’articolo 41-bis comma 2 ordinamento penitenziario fino al termine dell’esecuzione di una pena temporanea;

– che siano abolite tutte le “aree riservate”;

 che tutti gli ambienti siano scrupolosamente riconfigurati in modo tale da permettere un sufficiente passaggio di aria fresca e di luce naturale, a partire dalla rimozione delle schermature delle finestre, salvi i casi limitatissimi in cui siano indispensabili a impedire il contatto con altri detenuti o con personale esterno;

– che siano ripensati e adeguati i cortili di passeggio in maniera da non incidere negativamente sulla capacità visiva e consentire effettivamente attività fisica e sportiva;

– che sia avviato con urgenza un percorso di alfabetizzazione e istruzione di base per coloro che ne fanno richiesta;

– che siano adottati lettori di libri elettronici, in modalità ovviamente offline, in modo da consentire un maggiore accesso alla lettura e allo studio in condizioni di assoluta sicurezza;

– che sia reso effettivo in tutti gli Istituti l’accesso all’acquisto o all’abbonamento a organi di stampa, salvo preclusioni che siano giustificate individualmente dall’eventuale rischio di possibile comunicazione con l’esterno;

– che sia emanata una nuova Circolare sulle modalità di attuazione del regime speciale con linee-guida generali che assicurino l’esclusione di misure restrittive non strettamente funzionali alla prevenzione dei collegamenti interni ed esterni con la criminalità organizzata;
– che per ogni persona internata sottoposta alla misura della sicurezza della “casa di lavoro” sia pianificato un progetto individuale nell’ambito del quale si inserisce il lavoro, nella prospettiva del rientro della persona stessa nella comunità sociale.

Infine, il Garante nazionale raccomanda nuovamente di non definire mai il regime detentivo speciale quale «carcere duro» perché questo concetto implica in sé la possibilità che alla privazione della libertà – che è di per sé il contenuto della pena detentiva – possa essere aggiunto qualcos’altro a fini maggiormente punitivi o di deterrenza o di implicito incoraggiamento alla collaborazione. Fini che porrebbero l’istituto certamente al di fuori del perimetro costituzionale“.

Ecco, ora si dovrebbe avere un’idea più chiara di cosa sia il 41-bis.