Cass. pen., Sez. 6^, sentenza n. 13461/2023, udienza del 22 febbraio 2023, si occupa del sempre delicato tema dei criteri per la valutazione delle dichiarazioni etero-accusatorie rese da collaboratori di giustizia.
Le difese dei ricorrenti hanno richiesto l’attenzione del collegio su una questione prioritaria: quale sia l’impegno richiesto al giudice che procede allorché siano prodotte in atti sentenze pregresse emesse in altri procedimenti che affermano l’inattendibilità del dichiarante/accusatore.
Non sono tuttavia mancate, come si vedrà, ulteriori questioni di dettaglio e le si esporrà per prime (selezionando quelle maggiormente pertinenti) per poi soffermarsi sul tema cruciale.
Decisione della Corte di cassazione
…Le difese non sono legittimate a sentire i collaboratori di giustizia a titolo di indagine difensiva
Un difensore ha dedotto la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e di tutti gli atti successivi perché gli è stato impedito di sentire i collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni accusatorie sono risultate decisive per la condanna del suo assistito ed è stata respinta anche la sua richiesta di esperire al medesimo fine un incidente probatorio.
Il collegio di legittimità ha ritenuto inammissibile il motivo.
Ha ricordato sul punto che nella fase delle indagini preliminari solo il PM è legittimato ad acquisire il contributo dichiarativo dei collaboratori.
La richiesta difensiva di svolgere analoga attività ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. pen. confligge infatti con gli obblighi e con gli impegni assunti dal collaboratore ex art. 12, comma 2, d.l. n. 8/1991 convertito nella L. n. 82/1991 e come modificato dall’art. 5, L. n. 45/2001, tra i quali è compreso quello di non rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria, dalle forze di polizia e dal proprio difensore dichiarazioni concernenti fatti, comunque, di interesse per i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione.
Il collegio ha rilevato che la disciplina delle collaborazioni di giustizia deve essere considerata un corpus normativo speciale sicché prevale sulle norme in tema di investigazioni difensive.
…Il rigetto della richiesta di incidente probatorio non è un atto abnorme
I giudici di legittimità hanno richiamato l’orientamento ampiamente maggioritario che esclude l’abnormità dell’ordinanza con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio, trattandosi di provvedimento che non si pone al di fuori del sistema processuale, che rimette al potere discrezionale del giudice la decisione sulla fondatezza della istanza e non determina la stasi del procedimento (Sez. 6^, n. 46109 del 28/10/2021, Rv. 282354; Sez. 3^, n. 29594 del 28/05/2021, Rv. 281718).
…Conseguenze derivanti dall’omessa valutazione di una pregressa sentenza da cui risulta un giudizio di inattendibilità del collaboratore di giustizia
Tra gli atti acquisiti al fascicolo procedimentale sul cui contenuto e con le forme del rito abbreviato si sono pronunciati i giudici di merito è compresa una decisione emessa da un ufficio giudiziario diverso.
I difensori dei ricorrenti hanno tutti censurato il mancato confronto della Corte territoriale con il giudizio di inattendibilità ivi espresso riguardo ad uno dei collaboratori che la stessa Corte ha ritenuto al contrario pienamente attendibile.
Il collegio di legittimità ha ritenuto utile a tal fine un riepilogo del percorso interpretativo che ha progressivamente messo a fuoco i criteri valutativi dei quali è tenuto a servirsi il giudice allorché disponga di elementi conoscitivi derivanti da dichiarazioni accusatorie rese da collaboratori di giustizia.
Ha quindi preso in considerazione la decisione capostipite (Sezioni unite, sentenza n. 1653 del 21/10/1992, Marino, Rv. 192465) la quale ha precisato che ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità ai sensi del disposto dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., il giudice deve in primo luogo sciogliere il problema della credibilità del dichiarante in relazione, tra l’altro, alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in correità ed alla genesi remota e prossima della sua risoluzione alla confessione ed alla accusa dei coautori e complici; in secondo luogo deve verificare l’intrinseca consistenza e le caratteristiche delle
dichiarazioni del chiamante, alla luce di criteri quali, tra gli altri, quelli della precisione, della coerenza, della costanza, della spontaneità; infine, egli deve esaminare i riscontri cosiddetti esterni. L’esame del giudice deve esser compiuto seguendo l’indicato ordine logico perché non si può procedere ad una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli “altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità” se prima non si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sé, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa.
È seguito il richiamo ad un’ulteriore pronuncia dello stesso organo (Sezioni unite, n. 20804 del 29/11/2012, Aquilina, Rv. 255145), la quale ha sottolineato che la metodologia a cui il giudice deve conformarsi nella valutazione nella chiamata in correità o in reità, non può che essere quella indicata dalle Sezioni unite nella decisione Marino, ma ha contestualmente chiarito che la sequenza valutativa non deve essere intesa come una serie di passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente. Nell’occasione, comunque, le Sezioni unite hanno avuto cura di precisare che il giudice, ancor prima di accertare l’esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva delle sue dichiarazioni.
È quindi un suo compito prioritario e preliminare il controllo della credibilità soggettiva del dichiarante.
Così tracciate le coordinate interpretative, il collegio ha rilevato come la Corte territoriale abbia trascurato il dato, emergente dalla sentenza pregressa prodotta in atti, della patente di inattendibilità ivi attribuita al collaboratore.
Non si trattava beninteso – ha precisato il collegio della sesta sezione penale – di un giudizio vincolante per la Corte ma la sua esistenza le imponeva, anche alla luce dei rilievi difensivi, un’analisi più attenta in punto di credibilità soggettiva o quantomeno una valutazione della ritenuta irrilevanza di tale apprezzamento.
Ciò perchè, in tema di dichiarazioni rese da collaboratore di giustizia, qualora sia dedotta l’inattendibilità sulla base di quanto affermato in una precedente sentenza, il giudice procedente, pur non essendo vincolato a tale valutazione, deve motivare adeguatamente e specificamente il proprio diverso apprezzamento (Sez. 6^, n. 2900 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 258247) e non può pertanto omettere di esprimersi sul punto, dovendo tener conto della valutazione espressa in altra sentenza, fornendo una puntuale motivazione ove intenda discostarsi dal precedente giudizio (Sez. 2^, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Rv. 281127 – 04).
Lo stesso errore, secondo i giudici di legittimità, ha compiuto la Corte territoriale allorché ha riduttivamente considerato il dispositivo, anch’esso acquisito in atti, di un’ulteriore sentenza emessa in altro processo dal quale risultava che l’ufficio giudiziario che lo aveva emesso aveva disposto la trasmissione degli atti al PM in relazione alla posizione del medesimo collaboratore.
Quest’ultima decisione è stata ritenuta dal giudice di appello assolutamente ininfluente sul giudizio di credibilità del collaboratore, atteso che, in mancanza della motivazione, non poteva stabilirsi se l’iniziativa del giudice che ha trasmesso gli atti fosse da ricondurre ad un reato di natura dichiarativa o ad un altro reato commesso dal collaboratore ma non contestato in quel processo.
Tale considerazione – hanno rilevato i giudici di legittimità – è stata inadeguata e inappagante per avere eluso il tema posto dalle difese, non potendo il dato considerarsi neutro e privo di ricadute sull’attendibilità intrinseca del collaboratore.
…Non spetta al giudice di legittimità la verifica della credibilità del collaboratore di giustizia
I limiti del sindacato di legittimità non consentono di effettuare nel giudizio di cassazione la verifica richiesta dai difensori sulla credibilità del collaboratore alla luce del giudizio tranciante espresso nella sentenza acquisita, trattandosi di valutazione propria del giudizio di merito, nell’ambito del quale dovrà essere svolta una nuova ponderazione valutativa, che, senza alcuna automatica estensione del giudizio espresso nelle sentenze irrevocabili acquisite, dovrà condurre ad un giudizio più completo ed esaustivo.
…Importanza cruciale del giudizio sulla credibilità soggettiva del collaboratore che accusa
Il giudizio sulla credibilità soggettiva nell’ambito della complessiva e unitaria valutazione della chiamata in reità, ha una funzione primaria di determinazione del livello di rigore necessario per il controllo delle dichiarazioni, sicché se il dichiarante ha la propensione a mentire, si impone la massima cautela nella valorizzazione dell’apporto probatorio fornito e il massimo scrupolo nella confutazione delle obiezioni difensive sulla tenuta del racconto (Sez. 1^, n. 19759 del 17/05/2011, Rv. 250244).
…Esito
Il collegio ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.
