Falso avvocato: si configura l’esercizio abusivo di professione per l’attività stragiudiziale (di Riccardo Radi)

Periti, studi tecnici di infortunistica stradale: attenzione a non invadere le competenze degli avvocati, nel caso specifico la procedura di mediazione prodromica ad un giudizio civile.

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 15423 depositata il 12 aprile 2023 ha stabilito che è configurabile l’esercizio abusivo della professione forense per l’attività stragiudiziale (procedura di mediazione) esercitata dalla ricorrente, in difetto dell’apposito titolo abilitativo, connessa a quella giudiziaria civile ed essendosi tale esercizio prolungato per un periodo apprezzabile di tempo.

La Suprema Corte ha ritenuto che integra il reato di cui all’articolo 348 c.p. il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato, Cassazione Sezioni Unite n. 11545 del 15 dicembre 2011, depositata 2012, Cani, Rv 251819.

In sostanza la cassazione ricorda che tutte le attività destinate a sfociare in un contenzioso giudiziario (nel caso di specie procedura di mediazione per un sinistro stradale) sono riservate ai soli avvocati.

È vero che l’articolo 1 Legge 14.01.2014, n. 4, nel disciplinare la “professione organizzata in ordini o collegi”, precisa (comma 2) che per tale “si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo”.

Lo stesso comma prevede, tuttavia – immediatamente di seguito e per quanto rileva – l’espressa “esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del codice civile”.

Ora, premesso che nella riserva dell’articolo 2229 c.c. rientra l’attività forense, l’articolo 2, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel disciplinarne l’esercizio, sancisce che “fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati”

Ebbene nel caso che ci occupa risulta che A. avesse incardinato presso la Camera di Commercio una procedura specificatamente definita di “mediazione”, per legge obbligatoriamente prodromica e dunque “connessa” all’attività giurisdizionale.

Risultando “dunque l’attività stragiudiziale esercitata dalla ricorrente, in difetto dell’apposito titolo abilitativo, connessa a quella giudiziaria civile ed essendosi tale esercizio prolungato per un periodo apprezzabile di tempo, deve concludersi che la condotta di A. integra il delitto di cui all’articolo 348 c.p.”.