Inammissibilità dell’impugnazione per “difetto di sottoscrizione digitale”: avvocati alle prese con “l’incongruenza digitale” (di Riccardo Radi)

Il tribunale di Roma sezione 8 ha emesso l’11 aprile 2023 la prima ordinanza di inammissibilità dell’appello (allegata alla fine del post) ai sensi dell’articolo 591 cpp per “difetto di sottoscrizione digitale”.

Il provvedimento ci risulta essere il primo caso di inammissibilità dichiarata dal tribunale di Roma.

Il collega che ha segnalato l’ordinanza è interdetto per quanto accaduto e si dice frastornato.

Difatti, l’impugnazione è stata inoltrata via PEC all’indirizzo indicato per il deposito atti della cancelleria ed il file è stato firmato digitalmente.

Tutto bene, si direbbe, e invece no perché occorre ancora fare i conti con la sanzione di inammissibilità di nuovo conio per “incongruenza digitale”.

La situazione è ben rappresentata dalle parole del collega Giovanni Ferrari, protagonista suo malgrado della vicenda, che mi scrive: “dopo aver ricevuto la notifica sono andato immediatamente a parlare con il Giudice, che in realtà mi ha rimandato dal dirigente della Cancelleria. 

Il file è firmato digitalmente, non ci sono dubbi. Quando io apro infatti il file, a me risulta l’apposizione del timbro generato da Lextel. La firma, in Pades, non supera però la verifica del software Aruba, in uso alla cancelleria.

Ho fatto presente che si tratta di una disfunzione telematica, che probabilmente il loro software non è aggiornato. E ho dovuto fare una istanza (in allegato al contributo) per richiedere la revoca dell’ordinanza. Ma chissà cosa accadrà…

Siamo nelle mani di un file…

Le ultime parole fotografano la situazione paradossale generata.

Lo scopo di implementare forme di deposito degli atti digitalizzate, al fine di ridurre l’impatto di presenze negli uffici giudiziari ed economizzare costi e tempi dei servizi per la giustizia si rileva spesso per gli avvocati un ulteriore colpo alle coronarie già debilitate da una vita professionale stressante e che per adesso il processo telematico nel penale non agevola.

A tale proposito, abbiamo già segnalato al collega la seguente pronuncia della cassazione sezione 5 che con la sentenza numero 8158 depositata il 23 febbraio 2023 ha esaminato la questione dell’inammissibilità dell’impugnazione in riferimento alla disciplina speciale di cui all’art. 24 d.l. 137/2020 e art.591 cod. proc. pen.

La Suprema Corte premette che, in tema di impugnazioni, viene in rilievo l’art. 24, comma 6-novies, del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020.

Questa disposizione richiama il precedente comma 5 per cui l’atto inviato a mezzo PEC da parte del difensore deve essere registrato dal personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari nell’apposito registro.

Si tratta di un adempimento strumentale a consentire la verifica della tempestività dell’atto e l’effettiva sua riconducibilità ad un soggetto legittimato a proporre l’impugnazione.

Nel caso di specie, la difesa lamenta che l’invio della PEC è avvenuto in data 14 maggio 2021 alle ore 18,46 dall’indirizzo PEC del difensore avv. L.G. all’indirizzo del Tribunale di Lecco individuato per il deposito degli atti penali (depositoattioenali.tribunale.lecco@giustiziacert.it).

L’invio è avvenuto firmando il ricorso digitalmente, con la procura e il documento allegato nel formato consentito “Cades” acquistando così l’estensione “pdf.p7m”, con la ulteriore precisazione nella missiva di invio che si trattava del deposito dell’appello nell’interesse di A.G.

Il giorno successivo in data lunedì 17 maggio 2021 alle ore 9,56 il difensore avv. L.G. riceveva una PEC dalla cancelleria del Tribunale di Lecco, a firma del cancelliere A.C. con la quale il funzionario dava atto del deposito avvenuto telematicamente in data 14 maggio 2021, chiedendo tuttavia un nuovo invio dell’appello con firma digitale dal momento che non riusciva ad aprire il file (allegato al ricorso).

Il difensore, dunque, in data 17 maggio 2021, alle ore 10,45, “al fine di cortesia nei confronti della cancelleria del Tribunale”, rinviava gli atti di appello in formato PADES e non CADES, formato PADES egualmente utilizzabile al pari del CADES e che tuttavia la cancelleria non era riuscita ad aprire.

In base all’art.24 comma 4 del d. I. n.137/2020, il deposito degli atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della Giustizia 21 febbraio 2011 n.44 ha valore legale.

La Suprema Corte rileva che l’impugnazione risulta tempestivamente presentata, essendo stata inviata di venerdì oltre l’orario di apertura dell’Ufficio, il giorno prima della scadenza; il giorno successivo 15 maggio 2021, sabato, l’atto si doveva considerare conosciuto dall’Ufficio.

Le modalità di trasmissione erano state rispettate, in quanto risulta dagli atti che il difensore dell’indagato aveva inoltrato la sua richiesta all’indirizzo PEC corretto, inviando un file firmato digitalmente come attestato dall’estensione che identifica le firme digitali eseguite con il sistema CADES ricevendo l’attestazione di ricezione notoriamente utilizzata per indicare che il documento in PDF è munito della predetta firma digitale.

Né conduce a differenti conclusioni la circostanza che la segreteria del Tribunale avesse ricevuto quel file PDF e non fosse riuscito a leggerlo perché è ben possibile che il file sia stato ricevuto da un programma informatico che non rilevava l’esistenza di quella firma digitale in formato CADES che, come detto, dalla mail trasmessa risulta aver qualificato il file in PDF trasmesso in allegato.

La firma CADES permette quindi di firmare qualsiasi file, è facilmente riconoscibile dalla sua estensione, ma per la lettura necessita di un apposito programma di firma e non permette di aggiungere una firma visibile all’interno del documento.

La firma PADES, invece, consente di firmare esclusivamente file.PDF (Portable Document Format) e crea una busta crittografica avente sempre estensione.PDF; pertanto, a differenza di quanto avviene nella firma CADES, il file firmato non muta estensione, rimanendo quindi .PDF.

Di conseguenza, ad un primo impatto, tale modalità di firma è meno riconoscibile ma al contempo consente di aggiungere una firma grafica, quindi visibile, all’interno del file firmato il quale gode del grande vantaggio di poter essere aperto e letto da un qualsiasi lettore di file PDF.

Il successivo inoltro di copia con sottoscrizione PADES appare essere stato realizzato su richiesta della cancelleria, per mera cortesia.

Anche l’invio delle copie ulteriori ex art. 164 disp. att. cod. proc. pen., come richiesto dalla cancelleria appare essere un mero, formale, riferimento alla norma, da reputarsi superato dall’inoltro telematico dell’atto.

Recentemente, la cassazione ha chiarito che “In tema di impugnazioni, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da COVID-19, non costituisce causa d’inammissibilità dell’appello la mancata rilevazione, da parte del programma informatico in dotazione dell’ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore con il sistema CADES sull’atto in formato “pdf” trasmesso a mezzo PEC.” (Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, (2022) Rv. 282490)

Il provvedimento impugnato, pertanto, deve essere annullato, con rinvio alla Corte di appello di Milano perché proceda al giudizio di impugnazione.

Il nostro collega riuscirà nell’impresa di far revocare l’ordinanza di inammissibilità del giudice?

Ci auguriamo di sì ma noi di Terzultima Fermata ci limitiamo ad aggiungere che la previsione della sanzione dell’inammissibilità per criticità tecniche appare abnormemente sproporzionata per eccesso, non tiene conto delle difficoltà comportate dalla transizione digitale (ancora oggi ben lontana da un’efficiente messa a sistema per cause imputabili alle istituzioni competenti ben più che agli utenti) e, ciò che più conta, fa pagare in modo drammatico alla parte privata il prezzo di un errore ad essa non imputabile.

Ci pare che sia un’ulteriore tappa di una deriva che, dietro la facciata efficientistica, maschera la voglia di soluzioni sbrigative a questioni complesse e nelle quali comunque vengono in rilievo i beni più preziosi degli esseri umani coinvolti nei procedimenti penali.

Davvero un brutto spettacolo.