Diffamazione o ingiuria nel caso di trasmissione televisiva con possibilità per l’offeso di intervenire (di Riccardo Radi)

Se, nel corso di una diretta televisiva, l’intervistato rilascia delle espressioni offensive nei confronti di persona che segue la trasmissione via video, la possibilità esercitata dall’offeso di intervenire per replicare agli insulti ricevuti esclude la configurabilità della diffamazione?

Il tema è quello del criterio della “parità delle armi” quale distinguo tra l’ingiuria e la diffamazione nel caso di offesa effettuata nel corso di un’intervista televisiva con replica della persona offesa a mezzo “sms” inviato al conduttore.

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 5982/2023 ha esaminato la questione se la percezione diretta delle offese a mezzo video con intervento dell’offeso in trasmissione è paragonabile alla presenza virtuale ed è pertanto esclusa la diffamazione.

La cassazione ha stabilito che integra il delitto di diffamazione aggravato da mezzo di pubblicità diverso dalla stampa, e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, la dichiarazione offensiva resa nel corso di un’intervista televisiva, alla quale il destinatario, non presente, abbia replicato parzialmente inviando un “sms” al conduttore, in quanto, ai fini della configurabilità dell’ingiuria, è necessario che tra l’offensore e l’offeso si instauri un rapporto diretto, reale o virtuale, che garantisca a quest’ultimo un contraddittorio immediato, attuato con modalità tali da assicurare una sostanziale “parità delle armi“.

La Suprema Corte ha ricordato che fra l’ingiuria, ora non prevista più come reato, e il delitto di diffamazione, la differenza rilevante per la clausola di salvezza prevista dall’esordio dell’art. 595, comma 1, cod. pen., è nella assenza — presupposto del delitto contestato — del destinatario delle espressioni offensive.

La diffamazione si caratterizza per l’«altruità» della reputazione anche rispetto alle persone presenti, mentre l’ingiuria richiede che l’offesa al decoro e all’onore avvenga nei confronti di una «persona presente».

Nel caso in esame, dalla sentenza impugnata emerge che le espressioni indicate nell’imputazione furono pronunciate nel corso della trasmissione televisiva e C., che la seguiva quale spettatore ‘a distanza’, inviò un sms al conduttore per una prima replica alle affermazioni di F., che lo aveva definito ‘mercenario’.

Ebbene, la Corte di appello correttamente ritiene configurata la diffamazione.

Va qui richiamato il principio in forza del quale l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, Rv. 276502 – 01 in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva qualificato come diffamatorie le espressioni profferite dal ricorrente ad alta voce, in assenza della persona offesa, che tuttavia le aveva udite, perché impegnata in una conversazione telefonica con uno dei soggetti presenti nella stanza in cui le parole offensive erano state pronunciate).

Il caso di Sez. 5 non è dissimile da quello in esame, ove il destinatario non è fisicamente presente all’interno dello studio televisivo, ovvero nel luogo ove vengono pronunciate le offese diffamatorie, ma le percepisce in modo indiretto.

C. non era presente nello studio televisivo, né la sua assenza fisica può ritenersi sostituita dalla percezione diretta delle offese a mezzo video, in quanto la ratio della presenza attiene proprio alla possibilità della immediatezza della replica e, per così dire, di una «parità delle armi» fra offensore e offeso.

In tal senso, è stato ritenuto che anche l’invio di messaggi contenenti espressioni offensive nei confronti della persona offesa, che è partecipe di una “chat” condivisa anche da altri soggetti, e però non ha percepito nell’immediato le offese, in quanto non connessa al momento del loro recapito, integri diffamazione (Sez. 5, n. 28675 del 10/06/2022, Rv. 283541 – 01).

Tale ultima decisione, richiamando e confermando Sez. 5, n. 13252 del 04/03/2021, Rv. 280814 – 01, delinea quale sia il concetto di “presenza” rispetto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che, accanto alla presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso, autore del fatto e spettatori, vi siano, poi, situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (cali conference, audioconferenza o videoconferenza), in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni offensive.

Occorrerà, dunque, valutare caso per caso: se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato) (come deciso da Sez. 5, n. 10905 del 25/02/2020, Rv. 278742).

Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” (in accezione estesa alla presenza “virtuale” o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della diffamazione, come la giurisprudenza della cassazione ha più volte affermato quanto, per esempio, all’invio di e-mail (cfr. Sez. 5, n. 29221 del 06/04/2011, Rv. 250459; Sez. 5, n. 44980 del 16/10/2012, Rv. 254044; Sez. 5 n. 12603 del 02/02/2017, non massimata sul punto; Sez. 5, n. 34484 del 06/07/2018, non massimata; 8 Sez. 5., n. 311 del 20/09/2017, dep. 2018, non massimata; Sez. 5, n. 14852 del 06/03/2017, non massimata).

A ben vedere, pur a fronte della immediatezza della percezione, la trasmissione televisiva nel caso di specie non ha consentito l’immediatezza della replica, neanche avvenuta con una telefonata in diretta da parte di C., bensì solo con un sms al conduttore, che ne dava lettura, al quale seguiva per altro una replica ancora più offensiva da parte di F.

L’assenza fisica di C. non può venire sostituita dall’invio di un sms, che non ha consentito un contraddittorio reale, ma una forma assolutamente limitata di interlocuzione: in sostanza la presenza, che sia reale o virtuale, deve comunque essere paritaria per garantire un effettivo contraddittorio.

Peraltro, che la nozione di presenza non comprenda anche il caso in esame, quello dello spettatore che osservi l’intervista televisiva in diretta, nel corso della quale vengano lanciate offese nei propri confronti, lo si trae anche dal dato letterale della norma che delinea la condotta di ingiuria: l’art. 594 cod. pen., abrogato dall’art. 1, comma 1, lett. c) d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, come pure l’art. 4, stesso decreto, che introduce il corrispondente illecito amministrativo.

In entrambi i casi l’ingiuria viene ritenuta tale anche se commessa quando il fatto avvenga mediante comunicazione telegrafica o telefonica, con scritti o disegni diretti alla persona offesa.

In sostanza sia il codice penale nella sua originaria previsione, che la ben più recente disciplina che depenalizza l’ingiuria, analogamente a quanto previsto dall’art. 341 cod. pen. poi abrogato, indicano limitate situazioni equiparate alla presenza, che devono però essere caratterizzate comunque da un rapporto diretto fra offensore e offeso, o ancora meglio, implicano che l’offensore si sia messo in rapporto diretto con l’offeso, tanto che autorevole dottrina evidenziava come non fosse sufficiente la direzione ideale, ma necessaria la direzione materiale, tanto che la pubblicazione di una lettera aperta su di un giornale, ovvero un disegno ingiurioso su di un muro, prospiciente l’ambiente in cui abitualmente si trova l’offeso, non consentono di ritenere integrato il requisito della presenza, cosicché si verserebbe sempre in tema di diffamazione.

Altrettanto accade nel caso in esame, in quanto la comunicazione a mezzo televisione non può certamente ritenersi espressiva di un rapporto diretto, tanto più che tale media non è neanche citato per l’ingiuria, quale modalità di comunicazione integrante comunque una equipollente presenza fisica, cosicché si resta al di «fuori dai casi indicati» dall’art. 594 cod. pen., rientrando nel delitto di diffamazione.