La cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 4572/2023 ha stabilito che in tema di misure precautelari, il divieto di avvicinamento di cui all’art. 384-bis cod. proc. pen. è applicabile nel caso in cui la convivenza tra l’agente e la vittima, intesa come coabitazione, non sia più in atto, ma sussistano concreti elementi che inducano a ritenere una perdurante e non occasionale frequentazione del domicilio domestico da parte del primo, al fine di ripristinare, contro la volontà della seconda e anche con modalità violente, la pregressa situazione di condivisione dell’abitazione.
Ricordiamo che lo stesso principio di diritto è rinvenibile nella misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare articolo 282 bis c.p.p. ove la condizione di “coabitazione” non rileva perché la situazione da tutelare è l’incolumità della persona, sembra ovvio ma è necessario ribadirlo.
Il principio della cassazione sezione 6 sentenza numero 17950/2016 che indica che il presupposto per l’applicazione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, di cui all’art. 282 bis cod. proc. pen., non è costituito dalla condizione di “attuale” coabitazione dei coniugi, bensì dall’esistenza di una situazione – che non deve necessariamente verificarsi all’interno della casa coniugale – per cui all’interno di una relazione familiare si manifestano condotte in grado di minacciare l’incolumità della persona.
