L’annullamento delle sentenze di corte d’assise per superato limite di età dei giudici popolari (di Riccardo Radi)

Si segnala una sottile questione procedurale (per molti forse un cavillo) che ha comportato l’annullamento di numerose sentenze di corte d’assise per il superamento dell’età di 65 anni da parte di un giudice popolare nel corso del procedimento.

In pratica, l’intervenuto superamento dell’età da parte di un giudice popolare nel corso del procedimento determina la nullità della sentenza che la corte d’assise andrà ed emettere se non procede all’immediata sostituzione del giudicante non togato.

La materia è regolata dalla Legge 87 del 1951 e successive modifiche ed integrazioni.

Il mese scorso in Sicilia, due diverse Corti d’assise d’appello (Palermo e Messina) hanno “annullato” la condanna di imputati accusati di reati gravissimi (in sintesi, in un caso si trattava di omicidi correlati a fatti di mafia, e nell’altro di un caso di contagio volontario da AIDS) sul presupposto che due giudici popolari avevano superato i 65 anni di età al momento della pronuncia della sentenza.

La questione del superamento dell’età del giudice popolare e della conseguente necessaria sostituzione in corsa pena la nullità della sentenza emessa è stato oggetto di una interrogazione al Senato presentata dalla senatrice Musolino con il numero 3-00141.

Le segnalate sentenze di annullamento probabilmente verranno seguite da altre come indicato nell’interrogazione, in particolare risulta pendente un ulteriore appello avverso una sentenza della Corte d’assise di Messina, con la quale è stato inflitto l’ergastolo all’autore di un odioso caso di femminicidio (che tanto sconvolse l’opinione pubblica anche perché il delitto venne consumato durante l’oscuro periodo della pandemia) ai danni di una giovanissima studentessa universitaria specializzanda in medicina.

La questione giuridica nasce dalla interpretazione della Legge 87 del 1951, e successive modifiche ed integrazioni che sancisce all’art. 3 che i magistrati ed i giudici popolari costituiscono un unico collegio giudicante e prevede espressamente l’obbligo di sostituzione dei giudici popolari solo in caso di loro assenza, impedimento o per i casi di astensione o ricusazione (art. 26), mentre in alcuna disposizione normativa (né all’interno della legge né in altre disposizioni) è previsto l’obbligo di sostituzione dei giudici popolari che nel corso del dibattimento abbiano superano il limite del 65° anno di età;

La mancata previsione di tale obbligo di sostituzione non è da imputare ad una dimenticanza, né ad un errore di coordinamento normativo, costituendo al contrario espressione della chiara volontà del legislatore che, nel corso dell’esame del disegno di legge, volle rendere chiaro che il requisito dell’età (ovvero il limite dei 65 anni) doveva ricorrere al momento in cui i giudici popolari assumevano l’incarico, e non già al momento precedente (ossia nella fase della loro iscrizione nelle liste di giudici popolari), né in quello successivo (ossia in quello in cui i giudici partecipavano al dibattimento).

La volontà del Legislatore si evince dai lavori parlamentari di cui alla seduta del 4 maggio 1950 della III Commissione della Camera dei deputati, nel corso della quale il deputato Riccio (relatore per la maggioranza) così dichiarava: “Vorrei chiarire che il requisito della età è richiesto per l’assunzione dell’ufficio di giudice popolare, e non per l’iscrizione nelle liste. È evidente che il requisito dell’età si riferisce al momento in cui deve essere costituito il collegio; e quindi, se in quel momento una persona ha superato il 65° anno di età, egli non potrà far parte del collegio“;

Nonostante l’evidente volontà del legislatore, il chiaro dettato normativo, l’assenza di un’espressa previsione di decadenza e di obbligo di sostituzione, le due Corti d’assise d’appello (a Messina anche su parere conforme del procuratore generale facente funzioni) si sono uniformate ad una interpretazione costante della cassazione, tra le altre si segnala cassazione sezione 1 numero 5284/1998 che se pur affrontando un caso di astensione del giudice popolare ha stabilito: “Il requisito dell’età, al pari delle altre condizioni di capacità dei giudici popolari, deve sussistere sino al momento della definizione del processo, e non può essere inteso come riferito esclusivamente al momento della iscrizione negli albi comunali o, al massimo, fino al successivo momento della estrazione per la formazione del collegio. (Nella fattispecie era stata presentata dichiarazione di astensione da parte di un giudice popolare per motivi di opportunità – rapporti di amicizia con una delle parti – ed il Presidente del Collegio non aveva adottato il provvedimento di cui all’art.31 legge 10 aprile 1951 n.287 relativo all’astensione, ma quello, diverso, di dispensa, motivato, in via esclusiva, con il rilievo che quel giudice avrebbe sicuramente compiuto i 65 anni prima del ragionevole e prevedibile termine del procedimento, così superando il limite di età indicato quale requisito dall’art.51 della citata legge. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso in cui era stata, tra l’altro, eccepita la nullità dell’ordinanza con la quale il Presidente della Corte d’Assise aveva disposto la sostituzione di quel giudice popolare, ha enunciato il principio di cui in massima, ed ha ritenuto che, essendo entrambi i provvedimenti – quello sull’astensione, nella specie da accogliere, e quello sulla dispensa, esattamente adottato – finalizzati a garantire il corretto svolgimento del procedimento, previa sostituzione del titolare con il supplente, fosse da escludere qualsiasi nullità del genere di quella invocata con il ricorso)”.

Successivamente a questa sentenza la cassazione si è sempre uniformata a questo indirizzo come il Ministro Nordio ha confermato al Senato il 16 febbraio 2023 rispondendo all’interrogazione.

 Il Ministro sottolinea che l’interrogazione “pone effettivamente un problema molto complesso e nello stesso tempo delicato.

È vero che quelle sentenze sono state annullate dalle corti di appello per nullità assoluta, perché la composizione del collegio era in contrasto con la legge.

Lei ha riassunto bene i termini del problema e, quindi, non li voglio adesso ripetere. Si tratta di giudici popolari che avevano compiuto il sessantacinquesimo anno di età nel momento in cui sono stati chiamati a decidere.

Quindi, la corte ha ritenuto di annullare per difetto assoluto quelle condanne. Questo è un orientamento consolidato da parte della Corte di cassazione.

Avrei qui tutta una serie di sentenze; l’ultima è la sentenza della Cassazione del 6 ottobre 2003. Ce ne sono molte altre, ma le do per lette. Mi creda: è un orientamento costante della Corte di cassazione quello di ritenere che la piena assimilazione della figura del giudice popolare con quella del giudice togato riguardi anche l’età.

Così come il giudice togato cessa a tutti gli effetti di essere tale a settant’anni, compreso il sottoscritto, che a suo tempo è stato “rottamato” (come si dice), tanto vale anche per i giudici popolari. L’orientamento consolidato della Cassazione impedisce qualsiasi attività ispettiva, perché le corti si sono adeguate a tale orientamento consolidato e, quindi, a una sorta di interpretazione autentica che danno le sezioni unite della Corte di cassazione. Non bisogna, però eludere il problema; il problema rimane.

Qui si tratta di intervenire in due modi. Il primo è dare un’interpretazione autentica della legge, come lei pare suggerire.

Ma io sarei più propenso a una rimodulazione totale della legge: è una legge del 1951 – per chi non lo sapesse – e oggi non ha più senso.

Oggi i giudici togati vanno in quiescenza a settantacinque anni e possono diventare Ministri della giustizia a settantasei, come il sottoscritto; quindi è abbastanza irrazionale che a sessantacinque anni uno non possa esercitare la funzione di giudice popolare.

Le posso assicurare pertanto che saranno nostro compito e nostro intendimento non tanto dare un’interpretazione autentica, che potrebbe a questo punto anche complicare le cose, quanto rimodulare completamente la legge, in modo da allineare l’età dei giudici popolari con quella dei giudici togati

Il resoconto dell’interrogazione e della risposta del Ministro Nordio: Resoconto seduta n. 39 – Revisione stampato n. 1 (senato.it)