Diritto all’oblio dopo la sentenza di proscioglimento e di non doversi procedere e il decreto di archiviazione: il regime normativo e la circolare applicativa del tribunale di Modena (di Vincenzo Giglio)

L’art. 64-ter disp. att. cod. proc. pen.

Tra le tante novità introdotte dalla riforma Cartabia e dal decreto legislativo n. 150/2022 che l’ha attuata per il versante penale è compresa l’introduzione tra le disposizioni di attuazione del codice di rito del nuovo articolo 64-ter intitolato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini“, così formulato:

1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.».

3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante.“.

Dal 30 dicembre 2022 (data di entrata in vigore del decreto legislativo) chiunque si trovi nelle condizioni previste dal primo comma dell’art. 64-ter, e dunque chiunque dopo essere stato sottoposto ad un procedimento penale sia stato liberato dall’addebito attraverso una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere o un decreto di archiviazione, può rivolgersi al giudice che ha emesso la decisione e chiedergli che sia preclusa l’indicizzazione o disposta la deindicizzazione sulla rete internet dei suoi dati personali ivi contenuti.

La natura della posizione giuridica soggettiva riconosciuta dal primo comma

Vengono in aiuto in primo luogo i “considerando” 65 e 66 del regolamento (UE) 2016/679 (meglio noto come GDPR) del Parlamento europeo e del Consiglio dei quali si riporta il testo nelle parti di interesse:

(65)Un interessato dovrebbe avere il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali che la riguardano e il «diritto all’oblio» se la conservazione di tali dati violi il presente regolamento o il diritto dell’Unione o degli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento. In particolare, l’interessato dovrebbe avere il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati […] Tuttavia, dovrebbe essere lecita l’ulteriore conservazione dei dati personali qualora sia necessaria per esercitare il diritto alla libertà di espressione e di informazione, per adempiere un obbligo legale, per eseguire un compito di interesse pubblico o nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ovvero per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria.”.

(66)Per rafforzare il «diritto all’oblio» nell’ambiente online, è opportuno che il diritto di cancellazione sia esteso in modo tale da obbligare il titolare del trattamento che ha pubblicato dati personali a informare i titolari del trattamento che trattano tali dati personali di cancellare qualsiasi link verso tali dati personali o copia o riproduzione di detti dati personali. Nel fare ciò, è opportuno che il titolare del trattamento adotti misure ragionevoli tenendo conto della tecnologia disponibile e dei mezzi a disposizione del titolare del trattamento, comprese misure tecniche, per informare della richiesta dell’interessato i titolari del trattamento che trattano i dati personali.

Di ancora maggiore rilievo è l’art. 17 del medesimo Regolamento.

Articolo 17

Diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»)

1. L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:

a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;

b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;

c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2;

d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;

e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;

f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.

2. Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali. 3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario:

a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;

b) per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;

c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e dell’articolo 9, paragrafo 3;

d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento;

e) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.“.

Si può quindi concludere nel senso che l’oblio è un diritto, come del resto riconosce la stessa rubrica dell’art. 64-ter,e la preclusione all’indicizzazione e l’ordine di deindicizzazione sono sue estrinsecazioni.

I limiti

Come si è visto, il primo comma dell’art. 64-ter ha cura di precisare che il diritto ivi sancito è esercitabile entro i limiti dell’art. 17 del Regolamento 2016/679 e ferme restando le disposizioni dell’art. 52 del d.lgs. n. 156/2003 (Codice della Privacy), rubricato “Dati identificativi degli interessati“.

Quanto ai limiti di fonte eurounitaria, ci si limita a rilevare, nell’impossibilità di un approfondimento sistematico in questo post, che quello di maggior rilievo è contenuto nel comma 2, lett. a) del citato art. 17, attiene all’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione e comporta il bilanciamento tra tale libertà e il diritto all’oblio dell’interessato.

Il richiamo dell’art. 52 Cod. Privacy riguarda in particolare la facoltà regolata dai suoi primi due commi a norma dei quali “1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l’autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d’ufficio che sia apposta l’annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.“.

Questa facoltà, la quale implica l’anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali, rimane intatta anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 64-ter.

Le due tipologie di provvedimento

Si è già visto che si tratta della preclusione all’indicizzazione e dell’obbligo di deindicizzazione.

La prima serve ad impedire per il futuro la diffusione dei dati personali dei soggetti di cui al primo comma dell’art. 64-ter, la seconda serve invece a rimuovere gli effetti dell’indicizzazione già avvenuta in passato.

È opportuno sottolineare che la deindicizzazione comporta non la rimozione o la cancellazione dei contenuti diffusi in rete ma la loro inaccessibilità attraverso i motori di ricerca esterni all’archivio digitale in cui sono conservati.

Entrambi i provvedimenti si concretano attraverso un’annotazione di cancelleria che, nel caso della deindicizzazione, “costituisce titolo per ottenere […] un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante“.

La circolare del tribunale di Modena

Il documento (allegato alla fine del post) è a firma congiunta del presidente del tribunale e del suo dirigente amministrativo.

Indica le sequenze operative poste a carico della cancelleria ed ha il pregio di essere, per quanto se ne sa, il primo atto di tale natura emesso da un ufficio giudiziario italiano, e di prescrivere la massima sollecitudine al personale che dovrà evadere le istanze ex art. 64-ter.

Una buona pratica, dunque, e un segnale di attenzione verso il diritto di riservatezza delle persone coinvolte in un procedimento giudiziario, tanto più prezioso in una stagione in cui di quella riservatezza è stato fatto spesso scempio nell’indifferenza generale.