Ignoranza inevitabile della legge penale: i parametri della sua rilevanza secondo la Cassazione (di Riccardo Radi)

Quand’è che l’ignoranza della legge penale assume rilevanza?

All’interrogativo ha risposto la cassazione sezione 4 con la sentenza n. 37184/2022 ha ricordato che l’ignoranza del precetto può assumere rilevanza sotto un duplice profilo: o come ignoranza della legge extrapenale, nell’ottica delineata dall’art. 47, comma 3, c.p.; o come ignoranza inevitabile della norma penale, ai sensi dell’art. 5 c.p., nel testo risultante da Corte cost. n. 364 del 24 marzo 1988.

In ordine alla prima ipotesi, occorre osservare come la giurisprudenza, come è noto, distingua fra norme extrapenali integratrici del precetto che, essendo in esso incorporate, sono da considerarsi legge penale, per cui l’errore su di esse non scusa, ai sensi dell’art. 5 c.p.; e norme extrapenali non integratrici del precetto, ossia disposizioni destinate in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale, non richiamate, neppure implicitamente, dalla norma penale.

L’errore che cade su di esse esclude il dolo, generando un errore sul fatto, a norma dell’art. 47 c.p., comma 3 (ex plurimis, Sez. 5, 20- 2-2001, Martini; Sez. 6, 18-11- 1998, Benanti).

In ordine all’ignoranza inevitabile della legge penale – prospettazione che occorre sempre riguardare con cautela, nella vastissima area dei mala quia prohibita – è invece da osservare come la giurisprudenza, sulla scia della citata pronuncia della Corte costituzionale, abbia elaborato tre criteri:

il criterio oggettivo;

il criterio soggettivo;

il criterio misto.

Il criterio oggettivo è basato su una marcata spersonalizzazione, nel senso che esso opera laddove debba ritenersi che qualsiasi consociato, in quella determinata situazione di tempo, di luogo ed operativa, sarebbe incappato nell’ignoranza o nell’errore sulla norma penale.

Ciò può dipendere dall’oscurità o dalla contraddittorietà del testo legislativo; da un generalizzato caos interpretativo; dall’assoluta estraneità del suo contenuto precettivo ai valori correnti nella società.

Si esula dunque dal caso in disamina allorché ci si trovi in presenza di norme dal contenuto precettivo sufficientemente chiaro, che non presenta particolari asperità ermeneutiche e che non si discosta dai valori correnti nella società in misura tale da non trovare nessuna rispondenza nella c.d. “sfera parallela laica “.

In ogni caso, Sez. U, 10-61994, Calzetta, ha stabilito che l’inevitabilità dell’ignoranza della legge penale può essere ravvisata ogniqualvolta il cittadino abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto “dovere di informazione“, attraverso l’espletamento di qualsiasi accertamento utile per conseguire la conoscenza della normativa vigente.

Il parametro soggettivo è invece basato sulle caratteristiche personali dell’agente che abbiano influito sulla conoscenza del precetto, come l’elevato deficit culturale, alla luce ad esempio, della condizione di straniero proveniente da aree socio-culturali molto distanti dalla nostra e da poco in Italia; o l’incolpevole carenza di socializzazione (Cass., 9-5-1996, Rv. 205513; Cass. 4-51995).

Il parametro c.d. misto comprende invece tutte le ipotesi in cui operano, in varia misura e con diverso spessore, criteri oggettivi e soggettivi, in combinazione tra loro. In quest’ottica, la giurisprudenza ha evidenziato come l’esimente della buona fede possa trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente, al quale quindi non possa essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza.

Conseguentemente, non è sufficiente ad integrare gli estremi dell’esimente il semplice comportamento passivo dell’agente, essendo invece necessario che egli si adoperi al fine di adeguarsi all’ordinamento giuridico, ad esempio, informandosi presso gli uffici competenti o consultando esperti in materia (Sez. 1, n. 25912 del 18-12- 2003, Rv. 228235; Sez. 5, n. 41476 del 25-9-2003, Rv. 227042).

Quindi sussiste un’ipotesi di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, quando la normativa presenti connotati di cripticità tali da poter essere ricondotta all’ottica dell’oscurità del precetto oppure nel caso sia riscontrabile una situazione di caos interpretativo o di assoluta estraneità del contenuto precettivo delle norme alla sensibilità del cittadino.