Il titolo è provocatorio ma allo stato la situazione è in stallo, dopo che il comitato dei delegati di Cassa Forense ha “approvato una riforma del regolamento unico della previdenza forense, che prevede: aumento dei contributi per tutti, compresi i pensionati; diminuzione dell’ammontare delle future pensioni, incluse quelle minime; mantenimento dell’attuale elevato importo delle sanzioni e degli interessi per i ritardati pagamenti;
la delibera appare pregiudizievole per l’intera categoria degli iscritti, in quanto aggrava la situazione in cui versa la professione, tradizionalmente considerata una fonte sicura di prestigio e di reddito, ed invece ad oggi in profonda crisi, con redditi in costante calo e problemi di fatturato e di riscossione delle parcelle;
la delibera, inoltre, comporta una compressione del diritto degli avvocati ad una previdenza che garantisca un trattamento pensionistico adeguato e proporzionato alla contribuzione, così come stabilito dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 30 del 2004”.
Così si legge nell’interrogazione n. 4-00144 del senatore Germanà pubblicata il 12 gennaio 2023.
Nell’interrogazione aiMinistri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze e della giustizia, il senatore Antonino Germanà chiede:
“Premesso che:
la Cassa forense è un ente privato che si occupa della gestione del sistema previdenziale degli avvocati e il suo finanziamento avviene mediante il versamento, da parte degli iscritti, dei contributi;
benché nel 2021 sia stato approvato il miglior bilancio consolidato della Cassa forense, il comitato dei delegati ha approvato una riforma del regolamento unico della previdenza forense, che prevede: aumento dei contributi per tutti, compresi i pensionati; diminuzione dell’ammontare delle future pensioni, incluse quelle minime; mantenimento dell’attuale elevato importo delle sanzioni e degli interessi per i ritardati pagamenti;
la delibera appare pregiudizievole per l’intera categoria degli iscritti, in quanto aggrava la situazione in cui versa la professione, tradizionalmente considerata una fonte sicura di prestigio e di reddito, ed invece ad oggi in profonda crisi, con redditi in costante calo e problemi di fatturato e di riscossione delle parcelle;
la delibera, inoltre, comporta una compressione del diritto degli avvocati ad una previdenza che garantisca un trattamento pensionistico adeguato e proporzionato alla contribuzione, così come stabilito dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 30 del 2004;
molte sono le voci che si sono levate in opposizione alla delibera;
considerato che:
il mondo dell’avvocatura ha proposto una modifica del comma 24 dell’art. 24 del decreto-legge n. 201 del 2001, che ad oggi prevede che le casse private debbano “assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni”, riducendo a massimo 25 anni l’arco temporale della sostenibilità;
le associazioni dei consumatori si sono mosse a sostegno dell’avvocatura. Il Codacons ha inviato a Cassa forense una diffida ad astenersi dall’approvare la riforma, segnalando come la stessa si configuri quale atto “posto in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti”, che legittima l’azione inibitoria e che costituisce un provvedimento inopportuno nell’ottica della tutela della posizione degli iscritti;
quanto detto solleva la questione del necessario svolgimento di verifiche sul provvedimento, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 509 del 1994, che attribuisce la potestà ai Ministeri della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali di approvare gli atti fondamentali di Cassa forense ed i relativi atti modificativi o integrativi, nonché le deliberazioni di carattere e portata generale in materia di contributi e prestazioni,
si chiede di sapere in che modo i Ministri in indirizzo intendano operare e quali iniziative intendano intraprendere al fine di tutelare gli attuali e futuri iscritti alla Cassa forense”.
Sono trascorsi quasi ottanta giorni dalla presentazione dell’interrogazione, che ad oggi non ha ricevuto risposta.
A questo punto ci chiediamo: saranno i ministri a tutelare gli avvocati?
