Il Tribunale di Milano con ordinanza del 10 marzo 2023 ha accolto istanza difensiva tesa al riconoscimento di un periodo di fungibilità ex articolo 657 cpp, per i giorni trascorsi con la misura dell’obbligo di dimora accompagnato dal divieto di uscire dalla propria abitazione dalle ore 18,00 alle ore 09,00.
L’ordinanza ha rilevato la particolare afflizione della misura paragonabile agli arresti domiciliari e pertanto ha stabilito la detrazione dalla pena residua da espiare del periodo trascorso con l’obbligo di dimora.
In proposito ricordiamo la sentenza della cassazione sezione 1 numero 8172/2021 che ha stabilito:” Ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell’art. 657 cod. proc. pen., con la pena inflitta, salvo che sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari”.
La Suprema Corte ha evidenziato che l’elemento caratterizzante l’assimilazione delle due misure consiste nell’imposizione arbitraria dell’obbligo della permanenza domiciliare per un lasso temporale eccedente sia le specifiche esigenze cautelari che quello usualmente trascorso nella dimora per le ordinarie necessità di vita, riposo e cura della propria ed altrui persona.
La giurisprudenza di legittimità è da tempo orientata ad affermare che “ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, qualora sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari (nella specie, la previsione del divieto di allontanarsi dall’abitazione estesa all’intera giornata) è fungibile con la pena inflitta” (Sez. 1, n. 3664 del 19/01/2012, Rv. 251861).
Si è anche chiarito, così sottolineando la necessità che la misura cautelare sia incentrata sulla estesa protrazione dell’obbligo di permanenza domiciliare, che “ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell’art. 657 c.p.p., con la pena inflitta, salvo che sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari” (Sez. 1, n. 36231 del 08/11/2016 – dep. 2017, Rv. 271043).
Nella sentenza suindicata la cassazione ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso la fungibilità con riferimento al periodo in cui il condannato era stato sottoposto all’obbligo di dimora con il divieto di allontanarsi dall’abitazione per undici ore notturne.
Da tali pronunce, espressione di un orientamento consolidato, si desume che l’elemento discretivo in grado di assimilare agli arresti domiciliari le restrizioni subite in forza della sottoposizione alla misura cautelare dell’obbligo di dimora con annesso obbligo di permanenza domiciliare devono essere anzitutto arbitrarie, cioè non giustificate da specifiche necessità cautelari, e inoltre di tale estensione temporale da limitare, per la maggior parte della giornata, la libertà di uscire dall’abitazione.
Il fulcro della possibilità di assimilare agli arresti domiciliari l’obbligo di dimora è, cioè, rappresentato dalla imposizione del connesso divieto di allontanamento dall’abitazione ex art. 283 c.p.p., comma 4, per un lasso temporale quotidiano che risulti eccedente, per un verso, le specifiche esigenze cautelari e, per altro verso, l’arco di tempo che usualmente viene trascorso nella dimora per le ordinarie necessità di vita, riposo e cura della propria o altrui persona, così oltrepassandosi quella naturale soglia di sacrificio che deriva necessariamente dalla sottoposizione a una misura cautelare.
