Si segnala una interessante sentenza della cassazione sezione 5 numero 3336/2023 che in tema di falso materiale in atto pubblico, ha stabilito che le annotazioni sulla cartella clinica redatte da un medico specializzando non hanno carattere definitivo, necessitando del controllo del medico responsabile che ha svolto l’attività o alle cui direttive e indicazioni lo specializzando si è attenuto, sicché solo all’esito di tale verifica e delle correzioni eventualmente apportate dal medico responsabile l’atto assume rilievo pubblicistico e solo a partire da tale momento ogni successiva alterazione può integrare, sussistendone gli ulteriori requisiti normativi, la fattispecie di cui all’art. 476 cod. pen.
Nel caso esaminato la cartella clinica presentava delle vistose correzioni e cancellature con bianchetto e la Corte territoriale ha rilevato come – tenuto conto della prassi di far compilare la cartella clinica dagli specializzandi, alla luce dell’inquadramento giuridico della figura del medico in formazione specialistica, ai sensi dell’art. 38 d. lgs. 17/07/1999 n. 268 -, in riferimento ai falsi materiali relativi alla fase dell’intervento chirurgico, le relative annotazioni concernevano mere integrazioni della documentazione clinica, non ancora uscita dalla sfera di disponibilità del medico strutturato, che, in ogni caso, quale responsabile della prestazione sanitaria, aveva ogni potere di verifica e di integrazione delle annotazioni stesse, materialmente poste in essere da una specializzanda, ma riferite alla prestazione da lui eseguita.
In particolare, la sentenza impugnata ha ricordato come “In linea con lo spunto testuale fornito dal comma 3 del citato art. 38, la dottrina e la giurisprudenza, anche costituzionale, parlano della progressiva e graduale acquisizione da parte degli specializzandi di competenze e responsabilità nell’ambito del programma di formazione, attraverso la partecipazione a tutte le attività mediche dell’unità alla quale sono assegnati, come di una ‘autonomia vincolata’. La loro attività, infatti, si svolge sempre sotto la vigilanza e il supporto formativo del tutor o comunque del medico strutturato col quale, di volta in volta, sono chiamati a collaborare.“
Presentava ricorso la Procura Generale citando la cassazione Sez. 5, n. 55385 del 22/10/2018, Rv. 274607, secondo cui “Integra il reato di falso materiale in atto pubblico l’alterazione di una cartella clinica mediante l’aggiunta, in un momento successivo, di una annotazione, ancorché vera, non rilevando, infatti, a tal fine, che il soggetto agisca per ristabilire la verità, in quanto la cartella clinica acquista carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata.“.
In tal senso si sono espresse anche: Sez. 5, n. 37314 del 29/05/2013, P., Rv. 257198; Sez. 5, n. 35167 del 11/07/2005, Rv. 232567.
La cassazione nel respingere il ricorso della Procura Generale osserva che in realtà, come si evince dalla lettura delle relative motivazioni, in tutti i casi esaminati dai precedenti citati, le annotazioni contenute in cartella erano state effettuate, e poi modificate, da un medico strutturato, ossia da un soggetto direttamente responsabile delle annotazioni medesime e, quindi, delle loro successive modifiche, immutazioni e alterazioni, costituenti, per i principi indicati dalla giurisprudenza citata, altrettante falsificazioni.
A differenza di quanto verificatosi in tali vicende, quella in esame, come visto, presenta la peculiarità dell’essere state le annotazioni modificate dal C. poste in essere da una specializzanda – non identificata in sede di ricovero ed individuata nella dott.ssa P. nel caso del diario operatorio -, sicché ciò che viene in rilievo non è il profilo – del tutto incontestato – della irrilevanza del fine, volto a ristabilire la verità, in funzione del quale il soggetto agisce, bensì la circostanza – chiaramente evidenziata dalla Corte di merito – che le specifiche modalità redazionali dei documenti sanitari in esame non avessero acquisito alcuna connotazione di definitività, in relazione alle singole annotazioni, nel momento in cui il C. vi aveva apportato le modifiche esaminate.
In sostanza, come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, la cartella clinica contenente annotazioni materialmente redatte da uno specializzando – sia in riferimento ad attività operatorie cui abbia assistito, sia in riferimento ad attività svolte nell’ambito della limitata autonomia prevista dalla normativa di settore, su indicazione o seguendo le direttive del tutor – non possono mai ritenersi definitive ed immodificabili prima del controllo del medico responsabile, bensì costituiscono un atto logicamente equiparabile ad una bozza, il cui autore formale può e deve essere ritenuto esclusivamente il medico strutturato che ha svolto l’attività o alle cui direttive ed indicazioni lo specializzando si è attenuto; il medico, quindi, deve personalmente verificare la regolarità e la correttezza delle annotazioni, proprio al fine di verificarne la conformità non solo con il proprio operato, ma anche con le direttive impartite, a seconda delle tipologia delle annotazioni, e solo all’esito di tale verifica l’atto può essere ritenuto completo dal punto di vista del suo rilievo pubblicistico e solo a partire da tale fase ogni successiva alterazione può integrare, sussistendone gli ulteriori requisiti normativi, la fattispecie di falso materiale di cui all’art. 476, comma secondo, cod. pen.
Quindi non è configurabile il falso materiale in atto pubblico se la cartella clinica è stata redatta con annotazioni apposte da medico specializzando ed è stata corretta successivamente al controllo da parte del medico responsabile.
