Praticanti avvocati: i limiti del patrocinio sostitutivo e i riflessi disciplinari dell’attività svolta oltre tali limiti (di Riccardo Radi)

Praticanti avvocati e il rischio deontologico per aver sostituito il dominus oltre i limiti di competenza consentiti dall’articolo 41 comma 12 della Legge 247/2012.

La recentissima sentenza numero 201/2022 pubblicata il 13 marzo 2023 del Consiglio Nazionale Forense ci permette di estrarre i seguenti principi di diritto deontologico.

L’art. 41, co. 12, L. n. 247/2012, innovando rispetto alla previgente disciplina, prevede che il praticante possa svolgere attività per una durata di cinque anni e senza limiti territoriali ma esclusivamente in sostituzione del proprio dominus “e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo”, davanti agli uffici giudiziari specificamente indicati dalla legge, tra cui non è previsto il TAR ma esclusivamente il Tribunale ordinario ed il Giudice di pace (con diversi limiti a seconda che si tratti di cause civili o penali).

Non è responsabile deontologicamente e non può pertanto essere sanzionato disciplinarmente, il praticante avvocato che, indotto in errore dalle indicazioni del proprio dominus, abbia sostituito quest’ultimo all’udienza di un processo che esorbiti i limiti di competenza dettati dalla legge in tema di patrocinio sostitutivo, ove si accerti l’assenza dell’elemento psicologico (Nella specie, il praticante aveva sostituito il proprio dominus in una udienza dinanzi al TAR su delega scritta del dominus stesso. Il CNF, ritenuto accertato il metus reverentialis del praticante nei confronti del proprio “maestro”, ha escluso la presenza dell’elemento psicologico dell’illecito, pur nella sua configurazione quale suitas, ed ha conseguentemente assolto il praticante, anche in adesione al principio del favor rei).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Brienza), sentenza n. 201 del 28 ottobre 2022