La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 9850 depositata l’8 marzo 2023 ha stabilito che l’esito positivo della messa alla prova comporta la restituzione all’imputato del bene oggetto del sequestro preventivo a prescindere dall’avvenuto risarcimento del danno alla persona offesa e dei crediti indicati dall’articolo 316 cpp (in allegato la sentenza).
Ritorna il principio relativo alla natura della sentenza di estinzione del reato a seguito del procedimento di messa alla prova, che esclude che essa sia idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità.
La Suprema Corte premette che l’art. 323 cod. proc. pen. prevede che la restituzione del bene oggetto del sequestro preventivo non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’art. 316 cod. proc. pen.
La giurisprudenza di legittimità ha precisato che il sequestro preventivo disposto sui beni dell’imputato ai sensi dell’art. 321, comma primo, cod. proc. pen. può essere convertito in sequestro conservativo su richiesta del pubblico ministero o della parte civile, ma ciò esclusivamente nel caso in cui sia intervenuta sentenza di condanna (Sez. 2, n. 16608 dell’8 aprile 2011, 250111, relativa a declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; in senso conforme – sempre in relazione al proscioglimento per prescrizione – Sez. 4, n. 15154 del 1° febbraio 2017, EI Idrissi, non massimata, che sul punto ha così motivato: “l’istituto del sequestro conservativo di cui agli artt. 316 e segg. cod. proc. pen. è strumentale al mantenimento delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali ovvero al soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, sicché la sua conferma presuppone una sentenza di condanna, la cui irrevocabilità determina la conversione del sequestro in pignoramento, secondo quanto previsto dall’art. 320 cod. proc. pen.
E’ dunque evidente che ín assenza di una pronuncia di condanna, gli effetti del sequestro conservativo cessano, come espressamente previsto dall’art. 317, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui ciò avviene «quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”.
Pertanto, la cassazione ritiene che il principio vada confermato anche in riferimento al proscioglimento dell’imputato per esito positivo della messa alla prova.
Invero, non può essere condivisa la tesi, sostenuta dalla parte civile INPS nella memoria depositata in vista dell’udienza, secondo la quale la decisione che dichiara estinto il reato per esito positivo della messa alla prova non potrebbe essere assimilata ad una ordinaria sentenza di proscioglimento in quanto “la probation … ha di certo una componente afflittiva che garantisce comunque una funzione social preventiva e di risocializzazione e persegue, tra l’altro, finalità riparatorie comprese quelle del risarcimento del danno all’offeso“.
La Suprema Corte ha giù affrontato il tema relativo alla natura della sentenza di estinzione del reato a seguito del procedimento di messa alla prova, escludendo che essa sia idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (sul punto: Sez. 2, n. 53648 del 5 ottobre del 2016, Rv. 268635, che ha precisato come tale sentenza non possa essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale; Sez. 3, n. 53640 del 18 luglio 2018, Rv. 275183, e Sez. 3, n. 39455 del 10 maggio 2017, Rv. 271642, che hanno escluso che l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva da parte del giudice penale, prevista dall’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, possa essere adottato in sede di declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter cod. pen., in quanto il relativo provvedimento non può essere equiparato ad una sentenza di condanna in quanto prescinde da un accertamento di penale responsabilità; da ultimo, Sez. 5, n. 49478 del 13 novembre 2019, Rv. 277519, che ha escluso che la confisca prevista dall’art. 474-bis, comma 4, cod. pen., possa essere disposta con sentenza ex art. 464-septies cod. pen., non avendo questa natura di condanna).
In riferimento, poi, allo specifico tema dell’azione civile, si è già ritenuto che è illegittimo il capo della sentenza che, dichiarando l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen., condanni l’imputato al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, atteso che il risarcimento della vittima, unitamente alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, costituisce un presupposto imprescindibile dell’istituto; ne consegue che, qualora le prescrizioni imposte dal giudice ai sensi dell’art. 464-quinquies cod. proc. pen. non rispondano alle pretese della parte civile, quest’ultima potrà tutelarsi nell’ambito di un autonomo giudizio civile, senza subire alcun effetto pregiudizievole dalla sentenza di proscioglimento che, non essendo fondata su elementi di prova, non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (Sez. 5, n. 33277 del 28 marzo 2017, Rv. 270533).
Per le suesposte ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente al disposto mantenimento in sequestro dell’immobile del quale va ordinata la restituzione all’avente diritto.
