Avvocato: non pagato e “mazziato” (di Riccardo Radi)

Difensore che non partecipa alle udienze, sospeso per un anno per “comportamento non scusabile”.

La decisione del CNF è ineccepibile nella forma ma ci permette di fare alcune considerazioni sul rapporto “tossico” che alle volte si crea tra avvocato e assistito.

Nel caso esaminato il collega rappresenta che l’assistita non avrebbe più risposto alle sue chiamate: “L’avvocato si difendeva rilevando che nonostante avesse assistito la sig.ra …, partecipando all’udienza di convalida dell’arresto, ottenendo per essa l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, presentando poi istanza di revoca della misura, accolta dal Tribunale, non aveva più avuto sue notizie, né era stato più contattato dalla cliente che, invero, riprese a telefonargli soltanto a seguito dell’azione intrapresa dalla parte civile per ottenere l’esecuzione delle statuizioni civili.

Tale argomentazione che sottende un chiaro ed inequivocabile non detto: “Non mi hai pagato e me ne sono fregato” non giustifica in alcun modo il collega.

Il collega avrebbe potuto procedere alla rinuncia al mandato, previa comunicazione alla parte, invece ha mantenuto la difesa (probabilmente nella pia illusione che l’assistita sarebbe ricomparsa a studio).

Nella realtà l’assistita ricompare solo dopo aver ricevuto un precetto dalla parte civile costituitasi in un giudizio avanti il giudice di pace ed allora si rivolge al COA segnalando il “disinteresse” dell’avvocato alla sua difesa.

Da qui la decisione che ha rimarcato che la mancata partecipazione alle udienze e non aver coltivato la difesa dell’assistito nel frattempo “sparito” dai radar dell’avvocato non è giustificabile in alcun modo, ed anche la circostanza che non ci siano state concrete conseguenze negative ed anzi “presenza di vantaggi per il proprio assistito” non rileva.

Non solo è del tutto irrilevante che l’assistita non abbia corrisposto l’onorario o si sia negata all’avvocato.

L’avvocato si difendeva rilevando che nonostante avesse assistito la sig.ra …, partecipando all’udienza di convalida dell’arresto, ottenendo per essa l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, presentando poi istanza di revoca della misura, accolta dal Tribunale, non aveva più avuto sue notizie, né era stato più contattato dalla cliente che, invero, riprese a telefonargli “soltanto a seguito dell’azione intrapresa dalla parte civile per ottenere l’esecuzione delle statuizioni civili.

Decisione

Il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per un anno con la decisione numero 107/2022 del 25 giugno 2022: 2022-107.pdf (codicedeontologico-cnf.it)

In difetto di un legittimo impedimento, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante trascuratezza” (art. 26 cdf), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista.

Inoltre, con particolar riferimento alla prescrizione dell’azione disciplinare, l’illecito deontologico in parola ha natura istantanea e non permanente.

Dalla decisione è estraibile anche il seguente interessante principio: “Il parziale accoglimento dell’impugnazione non impone una corrispondente riduzione della sanzione disciplinare”:

Il parziale accoglimento dell’impugnazione (nella specie, per prescrizione di uno degli illeciti contestati) non impone una corrispondente riduzione della sanzione comminata dal Consiglio territoriale, giacché questa è determinata non già per effetto di un mero computo matematico né in base ai principi codicistici in tema di concorso di reati, ma in ragione dell’entità della lesione dei canoni deontologici e della immagine della avvocatura alla luce dei fatti complessivamente valutati, sicché non sussiste violazione del divieto di reformatio in peius allorché la sanzione sia confermata in sede di gravame pur se una delle contestazioni precedentemente ritenuta sia venuta meno (Nel caso di specie, in implicita applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha confermato la sanzione disciplinare comminata dal CDD pur dichiarando prescritti alcuni dei capi di incolpazione).

In senso conforme, Corte di Cassazione (pres. Virgilio, rel. Stalla), SS.UU, sentenza n. 20383 del 16 luglio 2021 (che ha superato il proprio precedente orientamento espresso con la sentenza n. 2506 del 4 aprile 2020), nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Corona), sentenza n. 81 del 28 aprile 2021, Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Corona), sentenza n. 81 del 28 aprile 2021, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vannucci, rel. Pasqualin), sentenza n. 130 del 17 luglio 2020, nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Savi), sentenza n. 156 del 7 dicembre 2019.