Nel procedimento davanti al giudice di pace abbiamo l’istituto della “estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie” previsto dall’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 mentre davanti al tribunale abbiamo l’istituto della “estinzione del reato per condotte riparatorie” previsto dall’articolo 162 -ter del codice penale.
Nei giudizi avanti il tribunale la dichiarazione di apertura del dibattimento è espressamente indicato quale termine massimo per l’attività riparatoria, nei giudizi avanti il giudice di pace, invece, per ottenere il beneficio di una pronuncia di estinzione del reato l’imputato deve aver provveduto alle riparazioni ancor prima di comparire in udienza.
La dicotomia è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale Corte costituzionale – Scheda Ordinanza
il Giudice di Pace di Forlì ha rimesso la questione così argomentando:
Il caso concreto sottoposto all’attenzione del giudicante pone una questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
Si pone effettivamente una questione di disparità di trattamento tra l’imputato che provveda alla riparazione del danno cagionato da reato di competenza del Tribunale e l’imputato che si attivi per la riparazione del danno da reato di competenza del giudice di pace.
La disparità di trattamento è particolarmente evidente, se si considera l’affinità fra i due istituti della «estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie» e «estinzione del reato per condotte riparatorie» previsti dall’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 e dall’art. 162 -ter del codice penale.
I due istituti, introdotti dal legislatore in momenti diversi (l’art. 35 con il decreto legislativo n. 274/2000, l’art. 162 -ter del codice penale con la legge n. 103/2017) presentano infatti moltissime similitudini: il reato contestato è procedibile a querela di parte, l’imputato deve dimostrare di aver riparato il danno cagionato alla persona offesa e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, il giudice valuta la congruità del risarcimento anche se la persona offesa non abbia accettato l’offerta risarcitoria.
In entrambi i casi il giudice, valutato l’esito positivo delle condotte riparatorie, dichiara l’estinzione del reato. Soltanto per i reati di competenza del giudice di pace è richiesta invece l’anteriorità della riparazione rispetto all’udienza di comparizione.
In altre parole, nei giudizi avanti il Tribunale la dichiarazione di apertura del dibattimento è espressamente indicato quale termine massimo per l’attività riparatoria, nei giudizi avanti il giudice di pace, invece, per ottenere il beneficio di una pronuncia di estinzione del reato l’imputato deve aver provveduto alle riparazioni ancor prima di comparire in udienza.
La giurisprudenza formatasi sull’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 ha ritenuto che «lo “sbarramento” procedimentale rappresentato dall’udienza di comparizione risponde non solo alla logica deflattiva, che pure caratterizza la disciplina dettata dall’art. 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000, ma altresì alla necessità di assicurare, per riprendere un’espressione utilizzata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. V, n. 41297 del 26 settembre 2008), la “spontaneità” della condotta dell’imputato.
È in questa prospettiva, del resto, che la Corte di cassazione ha letto l’analogo “sbarramento” previsto dall’art. 62, numero 6), codice penale (che prevede, come circostanza attenuante, la riparazione del danno prima del giudizio), ritenendo che lo stesso non dia luogo ad una “irragionevole compressione del diritto di difesa”, ma si ponga “in sintonia con la ratio dell’attenuante, che è di dare rilevanza solo a comportamenti che, precedendo gli sviluppi del giudizio e i condizionamenti derivanti dalle connesse, contingenti esigenze difensive, possano considerarsi sintomatici di ravvedimento” (Cass. pen., Sez. I, n. 3340 del 13 gennaio 1995)». (così, Corte costituzionale sent. n. 206/2011).
Tuttavia, con il progressivo affermarsi di principi ispirati dalla cd. giustizia riparativa e con la “traslazione” nel giudizio avanti il Tribunale dell’istituto già previsto dal decreto legislativo n. 274/2000, si è venuta a creare un’ingiustificata disparità di trattamento fra gli imputati di reati di competenza del giudice di pace e gli imputati di reati di competenza del Tribunale, potendo solo questi ultimi godere di un termine più ampio per evitare la celebrazione del processo e l’inflizione della pena.
ln entrambi i giudizi, peraltro, la spontaneità della condotta riparativa e la valutazione sul sincero ravvedimento sono comunque garantiti dalla anteriorità della riparazione rispetto allo svolgimento dell’attività istruttoria.
Disparità ed irragionevolezza che appare ancora più stridente se si pensa che il processo avanti il giudice di pace dovrebbe essere prioritariamente ispirato da logiche conciliative, oltre che deflattive, anche in relazione alla minor gravità dei reati trattati rispetto a quelli di competenza del Tribunale.
Appare pertanto irragionevole che, nonostante lo svolgimento in entrambi i casi di condotte riparatorie, nel processo avanti il giudice di pace l’imputato decade dall’accesso al trattamento di favore, e non potrà quindi beneficiare della pronuncia di estinzione del reato, se non abbia provveduto alle riparazioni in epoca antecedente alla prima udienza di comparizione, indipendentemente dalla dichiarata apertura del dibattimento mentre nel processo avanti il Tribunale, l’imputato gode di maggior spazio per l’accesso al beneficio.
Pare dunque rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 per contrasto con l’art. 3 della Costituzione oltre che per contrasto con il principio di ragionevolezza, nella parte in cui non prevede che l’imputato possa procedere alla riparazione del danno entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
La questione posta presenta evidente rilevanza nel presente giudizio, nel quale l’imputato ha formulato l’offerta risarcitoria astrattamente idonea ad eliminare il danno conseguente al reato contestato dopo la prima udienza, ma comunque prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, e che pertanto non può essere definito senza preliminarmente risolvere la questione della conformità alla Costituzione dell’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000, in rapporto alla disciplina approntata dall’art. 162 -ter del codice penale per un caso sostanzialmente identico.
P. Q. M.
Revoca l’ordinanza emessa in data 28 febbraio 2022; Visto l’art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, decreto legislativo n. 274/2000 per contrasto con l’art. 3 della Costituzione oltre che per contrasto con il principio di ragionevolezza (in relazione all’art. 162-ter del codice penale) nella parte in cui non prevede che l’imputato possa procedere alla riparazione del danno cagionato dal reato, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento.
Sospende il processo in corso.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimità costituzionale sollevata.
L’udienza di trattazione non è stata fissata ma seguiremo l’iter per informare i nostri lettori.
