Condannato a 4 anni e 6 mesi per aver … fatto l’avvocato (di Riccardo Radi)

Colpirne uno per educarne cento”: è il sentimento che aleggia nell’aria del tribunale di Roma dove nei conciliaboli tra gli avvocati fuori dalle aule e lungo i corridoi serpeggia sconcerto e incredulità.

Sentimenti contrastanti si confrontano: frustrazione, rabbia, in alcuni rassegnazione, ma tutti sono dalla parte di chi con la sua signorilità ed educazione è stato un faro a Piazzale Clodio.

Piergiorgio riceverà quest’anno la toga d’oro per i 50 anni di professione e la sua toga è stata infangata da schizzi indelebili che vorrebbero macchiare una carriera professionale iniziata nel lontano 1973.

Una carriera costruita giorno dopo giorno da un professionista amabile e stimato da tutti, dal più giovane degli avvocati fino al più anziano dei cancellieri e magistrati compresi.

A Piergiorgio mi lega una stima e simpatia reciproca, nata nel corso degli anni e suggellata dalla sua umanità e sincera vicinanza in un momento di mia grande difficoltà, per la malattia di mio figlio.

In quei giorni di sconforto e di lacrime che nonostante tutti gli sforzi alle volte mi uscivano copiose ho ricevuto il suo sostegno fatto di parole di incoraggiamento che mi ha aiutato a superare il brutto momento.

Quando uscì la notizia dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari che lo vedeva indagato ci siamo incontrati in tribunale e le sue parole sono state: “Riccardo non ho superato la linea, mi sono limitato a fare l’avvocato. Sono sicuro che si chiarirà tutto”.

Inutile negarlo, siamo tutti frastornati e amareggiati perché ci sentiamo tutti potenziali indagati.

Quale è la linea che segna il confine che un avvocato non deve oltrepassare nell’esercizio del suo mandato difensivo?

A quale altezza è posta questa linea e chi stabilisce la sua misurazione?

La vicenda di Piergiorgio è sintomatica, una dimostrazione lampante che la linea è impalpabile e può assumere le forme più disparate.

L’imputazione iniziale era di “partecipazione” e alla lettura del dispositivo di condanna è divenuta di “concorso esterno”.

Nel corso della requisitoria il rappresentante della pubblica accusa ha più volte enfatizzato la circostanza che in alcune intercettazioni ambientali il nostro Piergiorgio abbia usato il “noi faremo” rivolgendosi ai suoi interlocutori e questo “noi” sarebbe la prova della sua partecipazione, ora “esterna” al sodalizio criminale.

Le parole della collega Cinzia Gauttieri, raccolte da Valentina Angela Stella per Il Dubbio” sono chiare in proposito: “Al momento c’è solo un dispositivo, in cui leggo che da una imputazione originaria di “partecipazione” si è passati al “concorso esterno”.

A questo punto sono molto curiosa di leggere le motivazioni: vedremo quale fantasiosa ricostruzione fattuale conterrà e quali interpretazioni – mi passi il termine – artistiche tireranno fuori dalla giurisprudenza per arrivare a tale conclusione. Quello che preoccupa di più è questo atteggiamento e questa modalità di attenzione molta moralista nei confronti del lavoro degli avvocati in tutta Italia. Si tratta di una concezione distorta della figura del difensore perché lo identifica con il suo assistito e con il reato da questo commesso. Sono convinta che il collega è del tutto estraneo ai fatti che gli vengono contestati”.

L’avvocato poi ricorda che “tutto questo nasce da intercettazioni ambientali durate due anni e quattro mesi. Le intercettazioni sono previste per un determinato catalogo di reati. In questo catalogo non è previsto il favoreggiamento che nelle peggiori delle ipotesi accusatorie poteva essere il reato per cui indagare il mio assistito. Allora cosa sta succedendo nei vari processi in cui sono imputati gli avvocati? Si alza il tiro e diventano concorrenti delle condotte dei loro assistiti. Questo determina la violazione dell’articolo 103 comma V del ccp (Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite, ndr)”. (per il link Penalista condannato a Roma, i colleghi: “Clima di sospetto contro l’avvocatura” (ildubbio.news) )

È tra le possibilità che la vicenda processuale si concluda senza vinti né vincitori, con una sentenza che riqualificherebbe il fatto in favoreggiamento con conseguente dichiarazione della prescrizione, un modo per non scontentare nessuno che lascerà l’amaro in bocca a tutti e in particolare al suo involontario protagonista che ha detto dopo la lettura della sentenza: “Ho sempre creduto nella giustizia. Me lo hanno insegnato i miei genitori. Me ne sono convinto facendo l’avvocato in tutti questi anni. Seppure in questo momento prevale in me un senso di scoramento, sono certo che la mia innocenza verrà riconosciuta”.

Piergiorgio, dovrai attendere i tempi della giustizia però nel frattempo la tua innocenza è stata già riconosciuta da tutta l’avvocatura che sono certo ti vorrà festeggiare quando a breve riceverai la toga d’oro, nell’occasione sarebbe bello che ci fosse una particolare vicinanza da parte di tutti noi.