Rito abbreviato “condizionato”: non è consentita al giudice la revoca dei mezzi di prova ammessi (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 6158/2023 (udienza dell’1° febbraio 2023) esclude che il giudice possa revocare i mezzi di prova alla cui assunzione è condizionata la scelta del rito abbreviato, fatta eccezione per i casi di impossibilità giuridica o materiale.

Vicenda e motivi di ricorso

Il difensore di un imputato ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte territoriale che ha confermato la sua condanna ad opera del giudice di primo grado.

Deduce tra l’altro una nullità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale e per vizio della motivazione con riferimento alla violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio dell’imputato per errata applicazione della legge penale e mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento agli artt. 589 cod. pen. e 438 n. 5 cod. proc. pen.

Il vizio denunciato nasce dal fatto che la difesa aveva chiesto, e ottenuto, in sede di udienza preliminare, che il procedimento venisse celebrato con rito abbreviato condizionato all’audizione di tre testi. Il giudice di primo grado aveva ammesso la richiesta ma, nel corso del giudizio, uno dei tre testi era stato impossibilito a presentarsi in quanto sottoposto a trattamento chemioterapico.

Il difensore aveva insistito per l’audizione della teste e non aveva rinunciato ad esso ma il giudice aveva revocato l’ordinanza ammissiva.

Con l’atto di appello il difensore aveva chiesto la rinnovazione dell’istruttoria affinché il teste fosse sottoposto ad esame ma la Corte di appello, senza adeguata motivazione, aveva respinto la richiesta, ritenendo non assolutamente necessario procedere all’esame della teste.

Nel motivo di ricorso la difesa indica su quali circostanze il testimone avrebbe dovuto essere sentito, allegando che, essendo il giudizio abbreviato condizionato all’escussione del teste, l’aver impedito l’esame incrociato dello stesso ha impedito l’assunzione di una prova decisiva.

Decisione della Corte di cassazione

Il collegio decidente ha accolto il motivo di ricorso.

Ha ricordato in premessa che con riferimento alla domanda condizionata di rito abbreviato, che le Sezioni unite penali (Sez. U., n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253211), ne hanno evidenziato la struttura autonoma rispetto a quella della richiesta di ammissione al rito senza condizioni, sottolineando che “L’imputato, nel formulare la richiesta di accesso al rito “condizionato”, subordina l’efficacia della domanda all’assunzione di elementi di prova specificamente indicati, tanto che il giudice deve ammettere le prove sollecitate o, in alternativa, rigettare in toto la richiesta. Si può, pertanto, affermare che la domanda condizionata di rito abbreviato ha una struttura composita, in quanto comprende una richiesta principale, funzionale ad introdurre il rito, e una accessoria, volta all’ammissione di determinati mezzi di prova; il mantenimento della richiesta principale è subordinato all’accoglimento di quella accessoria“.

Per altro verso, le Sezioni unite hanno escluso la revocabilità dell’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato condizionato in quanto l’unico caso disciplinato in proposito dal legislatore è quello di cui all’art. 441-bis, comma 4, cod. proc. pen., il quale prevede un’ipotesi di revoca obbligatoria dell’ordinanza su richiesta dell’imputato in presenza di nuove contestazioni ai sensi dell’art. 423, comma 1, cod. proc. pen., da considerare norma eccezionale, dunque non suscettibile di interpretazione estensiva né analogica.

Le Sezioni unite, escludendo la revocabilità dell’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato condizionato per sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova, hanno anche chiarito che “o l’assunzione della prova risulta effettivamente impossibile e, come tale, non determina alcuna lesione del diritto di difesa, poiché […] l’impossibilità connoterebbe anche il giudizio celebrato nelle forme ordinarie, oppure la decisione del giudice di soprassedere all’assunzione della prova risulta illegittima e, in quanto tale, sindacabile in sede di gravame ed emendabile con l’assunzione della relativa prova in grado d’appello“.

Emerge in tal modo la differente situazione che si verifica allorché il giudice ometta di provvedere all’assunzione della prova già ammessa, che integra una nullità di ordine generale da ritenere sanata se non eccepita prima della chiusura della fase di assunzione della prova (Sez. 2^,  sentenza n. 50194 del 26/10/2018, Rv. 274718 – 01; Sez. 5^, sentenza n. 37551 del 25/06/2008, Rv. 241953 – 01), rispetto alla situazione in cui ritenga impossibile procedere alla prova, che implica un giudizio sindacabile in sede di gravame ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen.

Ancora più di recente – ricorda il collegio – la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “In tema di giudizio abbreviato, la valutazione in ordine all’impossibilità di assumere la prova, all’ammissione della quale la richiesta di rito accolta dal giudice è stata condizionata, deve essere particolarmente rigorosa” (Sez. 2^,  sentenza n. 49506 del 29/10/2019, Rv. 277934 – 01), anche perché la doverosità dell’ammissione della richiesta integrazione probatoria ne riflette il connotato di indispensabilità ai fini della decisione e trova il suo limite nella circostanza che un qualsiasi aspetto di rilievo della regiudicanda non rimanga privo di solido e decisivo supporto logico-valutativo (Sez. U, sentenza n. 44711 del 27/10/2004, Wajib, Rv. 229173).

La prova alla cui ammissione è subordinata l’istanza di rito abbreviato presenta, dunque, una connotazione particolare per quanto concerne il giudizio di completezza dell’istruttoria, nel senso che una volta pronunciata l’ordinanza ammissiva (del rito e della prova alla quale la richiesta era condizionata), non è più consentita la revoca, neppure parziale, del provvedimento. L’unica valutazione che può essere posta a base della mancata assunzione della prova alla quale è condizionato il rito abbreviato è, di conseguenza, l’impossibilità del suo espletamento. Tale regola è, peraltro, coerente con le disposizioni previste per l’udienza preliminare, richiamate dall’art. 441, comma 1, cod. proc. pen., tra le quali non è compresa alcuna disposizione che ammetta la revoca dell’ordinanza ammissiva di prove superflue prevista dall’art. 495, comma 4, cod. proc. pen., e con i poteri officiosi, funzionali all’integrazione e non allo snellimento dell’istruttoria, riconosciuti al giudice dall’art. 441, comma 5, cod. proc. pen.

Il giudice di appello, al quale sia stata richiesta l’integrazione istruttoria mediante assunzione di una prova alla quale era condizionata la richiesta di rito abbreviato, sul presupposto del venir meno dell’impossibilità dell’assunzione accertata in primo grado, è quindi tenuto a verificare se ciò risulti possibile (giuridicamente o materialmente).

Nel caso in esame la difesa, che ha comunque presentato rituale opposizione alla revoca dell’ordinanza ammissiva della prova testimoniale, ha poi proposto istanza di rinnovazione istruttoria in grado di appello.

La Corte territoriale, tuttavia, senza previamente accertare l’impossibilità di procedere all’espletamento della prova, ne ha affermato illegittimamente l’inutilità ai fini della decisione, formulando un nuovo giudizio inerente all’indispensabilità della prova ai fini del decidere inconferente allorché l’imputato sia già stato ammesso al rito abbreviato condizionato.

Il collegio ha pertanto annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Massima

La prova alla cui ammissione è subordinata l’istanza di rito abbreviato presenta una connotazione particolare per quanto concerne il giudizio di completezza dell’istruttoria, nel senso che una volta pronunciata l’ordinanza ammissiva (del rito e della prova alla quale la richiesta era condizionata), non è più consentita la revoca, neppure parziale, del provvedimento. L’unica valutazione che può essere posta a base della mancata assunzione della prova alla quale è condizionato il rito abbreviato è, pertanto, l’impossibilità del suo espletamento. Tale regola è, peraltro, coerente con le disposizioni previste per l’udienza preliminare, richiamate dall’art. 441, comma 1, cod. proc. pen., tra le quali non è compresa alcuna disposizione che ammetta la revoca dell’ordinanza ammissiva di prove superflue prevista dall’art. 495, comma 4, cod. proc. pen., e con i poteri officiosi, funzionali all’integrazione e non allo snellimento dell’istruttoria, riconosciuti al giudice dall’art. 441, comma. 5, cod. proc. pen.

Commento

La sentenza di legittimità qui commentata è condivisibile senza riserve.

Fa infatti giustizia di una concezione “proprietaria” del giudizio in virtù della quale il giudice che ne ha la disponibilità ritiene di poter sovvertire le regole che presidiano all’accordo sottostante alla scelta del rito abbreviato condizionato all’ammissione di specifici e predeterminati mezzi di prova.

Come spesso accade, la decisione dei giudici di merito sembra radicata nella scarsa tolleranza verso gli eventuali ostacoli alla definizione del giudizio nati dal rispetto delle esigenze difensive.

Bene ha fatto la Cassazione a ricordare che il giudice non è il proprietario del processo e delle sue regole, essendone soltanto il custode.