Ricorso ad impianti esterni per le intercettazioni: obblighi giustificativi del PM (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 5409/2023 (udienza del 21 dicembre 2023), interviene sulla questione dell’indicazione dell’impianto presso il quale si conducono le operazioni di intercettazione.

Motivi di ricorso

Il difensore di due imputati ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte territoriale che ha confermato la loro condanna per la violazione dell’art. 73 DPR n. 309/1990.

Tra i vari motivi, per ciò che qui interessa, ve ne è uno che deduce la violazione dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen. e la mancanza di motivazione in merito al relativo motivo d’appello che prospettava l’inutilizzabilità di tutte le intercettazioni in ragione della detta violazione.

Il difensore evidenzia al riguardo che il PM aveva disposto che “le operazioni di ascolto e registrazione, qualora si accerti la inidoneità ovvero la indisponibilità di impianti e/o postazioni presso la sala intercettazioni di questa Procura, vengano effettuate con apparecchiature in dotazione o comunque nella disponibilità del Reparto Operativo Nucleo Operativo del Comando Provinciale dei CC di B.“. In pari data, il PM “delegava per la esecuzione delle operazioni di intercettazione, gli ufficiali di P.G. del Comando Provinciale dei CC di B., i quali iniziavano le predette operazioni effettivamente presso la Sala Ascolto .. e già nella medesima data autorizzava il noleggio di una apparecchiatura Mod. Sid“.

Secondo il difensore, così operando il PM non avrebbe valutato ex ante l’insufficienza o l’inidoneità degli impianti ubicati presso la procura della Repubblica ma disposto il compimento delle operazioni d’intercettazione mediante impianti in dotazione alla polizia giudiziaria senza alcuna motivazione; nonostante ciò, la Corte territoriale avrebbe rigettato lo specifico motivo d’appello, peraltro con motivazione sul punto sostanzialmente mancante.

Decisione della Corte di cassazione

Il collegio di legittimità ha accolto il motivo.

Ha posto come necessaria premessa il chiarimento reso dalle Sezioni unite penali con la decisione Gatto (sentenza n. 919 del 26/11/2003, dep. 2004, Rv. 226487), secondo la quale, ai fini della legittimità del decreto del PM che dispone, a norma dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria, la motivazione relativa alla insufficienza o alla inidoneità degli impianti della procura della Repubblica non può limitarsi a dare atto dell’esistenza di tale situazione ma deve anche specificare la ragione della insufficienza o della inidoneità, sia pure mediante una indicazione sintetica, purché questa non si traduca nella mera riproduzione del testo di legge, ma dia conto del fatto storico, ricadente nell’ambito dei poteri di cognizione del PM, che ha dato causa a essa.

Ha ulteriormente ricordato che già in precedenza le stesse Sezioni unite (sentenza n. 32 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093), avevano precisato che l’onere giustificativo posto a carico del PM può essere assolto mediante mero richiamo per relationem di altri atti, purché quanto richiamato prospetti idonea giustificazione per l’uso degli apparati esterni, faccia parte del medesimo procedimento e sia conoscibile dall’interessato.

Date queste coordinate interpretative, osserva il collegio che il quesito di diritto posto dai ricorrenti è se sia possibile sostenere – come ha sostanzialmente ritenuto la Corte territoriale – che uno dei presupposti legittimante il ricorso all’impiego degli impianti esterni nel caso di intercettazioni disposte previa autorizzazione del GIP, in particolare l’indisponibilità e/o inidoneità degli impianti esistenti presso la procura della Repubblica, possa essere indicato dal PM solo come eventuale o ipotetico e, quindi, non certo nella sua esistenza.

La risposta – dicono i giudici della quarta sezione penale – deve essere negativa poiché in caso contrario si legittimerebbe una motivazione solamente apparente che si risolverebbe nella delega agli organi di polizia giudiziaria di verificare l’impossibilità e/o l’inidoneità degli impianti e di operare di conseguenza in termini di autorizzazione in bianco, tale da rimette all’organo esecutivo la verifica dei detti presupposti, con conseguente elusione del disposto dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., che, invece attua la riserva di legge rinforzata dall’obbligo di motivazione a opera dell’autorità giudiziaria procedente, prevista nell’art. 15, comma 2, Cost. (sul punto si veda, in fattispecie per certi versi non dissimile rispetto alla presente, Sez. 5^, n. 32569 del 11/07/2006, non massimata).

La sentenza impugnata è stata conseguentemente annullata con rinvio.

Massima

Il ricorso all’impiego degli impianti esterni nel caso di intercettazioni disposte previa autorizzazione del GIP non può essere indicato dal PM solo come eventuale o ipotetico e, quindi, incerto nella sua esistenza poiché, attraverso questa prassi, si legittimerebbe una motivazione solamente apparente che si risolverebbe, in realtà, nella delega agli organi di polizia giudiziaria di verificare l’impossibilità e/o l’inidoneità degli impianti e di operare, di conseguenza, in termini di autorizzazione in bianco, tale da rimettere all’organo esecutivo la verifica dei detti presupposti, con conseguente elusione del disposto dell’art. 268, comma 3, c.p.p., che, invece attua la riserva di legge rinforzata dall’obbligo di motivazione a opera dell’autorità giudiziaria procedente, prevista nell’art. 15, comma. 2, Cost.