Prove documentali acquisibili (ex artt. 234 e 238 c.p.p.) nel giudizio penale (di Riccardo Radi)

Le sentenze non definitive, le ordinanze cautelari e le consulenze tecniche di ufficio disposte nel giudizio civile, possono essere acquisite nel processo penale?

All’interrogativo risponde la cassazione sezione 5 con la sentenza numero 8113 depositata il 23 febbraio 2023 che ha ricordato che alla luce del diritto vivente e dell’estensione del concetto di prova documentale enucleabile alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità si è pervenuti ad un’interpretazione estremamente ampia del concetto di prova documentale acquisibile nel processo penale, in base ad una sistematica lettura dell’art. 234 cod. proc. pen.

Fatto

In sede di gravame la difesa aveva dedotto la violazione dell’art. 234 cod. proc. pen. in relazione all’omessa acquisizione del provvedimento del Tribunale del riesame, della consulenza tecnica redatta dallo studio M. & P., dell’ordinanza emessa dal Tribunale delle Imprese, nonché della consulenza di parte svolta nell’ambito di tale ultimo giudizio.

La Corte di merito ha condiviso le argomentazioni del primo giudice, ritenendo che l’ordinanza del Tribunale del riesame afferisse ad una fase cautelare, come tale superata; che il provvedimento adottato dal Tribunale delle Imprese fosse stata assunta nell’ambito di un giudizio cautelare civile non irrevocabile, la cui acquisizione sarebbe stata in contrasto con la disposizione di cui all’art. 238-bis cod. proc. pen., così come, per le stesse ragioni, non avrebbe potuto essere acquisita la consulenza di parte svolta in tale giudizio, mentre la consulenza dello studio M. & P. non avrebbe potuto essere acquisita, non essendo mai stato chiesto l’esame del consulente quale teste.

Decisione

La Suprema Corte dopo aver premesso che nel giudizio di appello l’acquisizione di documenti non necessita di un’apposita ordinanza che disponga a tal fine la rinnovazione parziale del dibattimento, risultando, al contrario, ineludibile che il documento venga legittimamente acquisito al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, salva, in caso contrario, l’inutilizzabilità probatoria ai sensi dell’art. 526, comma 1, cod. proc. pen., ha poi ribadito come le sentenze non irrevocabili – delle quali è certamente ammissibile la produzione e l’acquisizione al pari degli altri documenti ex artt. 234 comma 1 e 236 -, siccome non ancora assistite dalla intangibilità del decisum, sono idonee, in ragione dell’oggetto della rappresentazione incorporata nella scrittura, a documentare il (e ad essere utilizzate come prova extra- e pre-costituita limitatamente al) mero fatto storico dell’esistenza della decisione e le scansioni delle relative vicende processuali, ma non la ricostruzione, ne’ il ragionamento probatorio sui fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti, inerenti più propriamente alla regiudicanda ancora in discussione, per la cui valutazione soccorre lo specifico modulo acquisitivo dei verbali di prove di altri procedimenti predisposto dall’art. 238 del codice di rito.

A questa regola di indubbia ragionevolezza sistematica deroga infatti, limitatamente alle sentenze irrevocabili, la disposizione dell’art. 238 bis dettata da esigenze eminentemente pratiche di coordinamento probatorio fra processi.

Norma, questa, sicuramente eccezionale nell’impianto codicistico ispirato ai principi di oralità e immediatezza, rispetto alla quale si sostiene peraltro nella giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Sez. 1^, 16/11/1998, rv. 211768) che l’acquisizione agli atti del procedimento di sentenze divenute irrevocabili neppure comporta, per il giudice di detto procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fatti in esse accertati, né tanto meno dei giudizi di fatto contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia critica e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e di formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate.” (Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231676).

Appare, quindi, del tutto evidente, come le Sezioni Unite abbiano declinato un diverso regime di rilevanza probatoria delle decisioni giudiziarie definitive, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., rispetto a quello delle decisioni non irrevocabili, non di meno legittimamente acquisibili ai sensi degli artt. 234 e 236 cod. proc. pen., sussistendone i presupposti, a prescindere da qualsiasi formalismo acquisitivo, purché nel rispetto del principio del contraddittorio.

Nel solco di tale principio ermeneutico la giurisprudenza delle sezioni semplici hanno più volte ribadito come l’acquisizione nel giudizio di appello di prove documentali, pur non implicando la necessità di una formale ordinanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, postula che la prova richiesta sia rilevante e decisiva rispetto al quadro probatorio in atti, dovendo, quanto alle modalità, svolgersi nel contraddittorio fra le parti, a pena di inutilizzabilità ai fini della deliberazione, ai sensi dell’art. 526, comma 1, cod. proc. pen. (Sez.3, n. 34949 del 03/11/2020, S., Rv. 280504; Sez. 5, n. 46193 del 26/10/2004, Rv. 230457; Sez. 5, n. 36450 del 22/04/2004, Rv. 230238).

Per quanto riguarda, in particolare, la consulenza tecnica posta in essere in un giudizio civile, parimenti è indubbia la suscettibilità di acquisizione della stessa in un procedimento penale (Sez. 3, n. 5863 del 23/11/2011, dep. 15/02/2012, Rv. 252127, in riferimento alla consulenza tecnica d’ufficio formatasi in un giudizio civile non ancora definito con sentenza irrevocabile, con affermazione applicabile anche alla consulenza tecnica di parte, trattandosi, in entrambi i casi, di prova documentale formata al di fuori del processo penale, rappresentativa di situazioni e cose).

La cassazione è, quindi, senza dubbio pervenuta ad un’interpretazione estremamente ampia del concetto di prova documentale acquisibile nel processo penale, in base ad una sistematica lettura dell’art. 234 cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 6, n. 5880 del 09/01/2013, Rv. 254244 in tema di acquisizione di memoria difensiva depositata in un procedimento civile).

Ne discende che la motivazione della sentenza impugnata – secondo cui né la sentenza emessa nel giudizio civile né la consulenza di parte ivi svolta sarebbero acquisibili, in quanto ciò contrasterebbe con l’art. 238-bis cod. proc. pen. – appare palesemente erronea e frutto di un’interpretazione del tutto irragionevolmente avulsa dai canoni ermeneutici delineati dalla cassazione, oltre che in palese violazione della disposizione di cui all’art. 234 cod. proc. pen., come delineata alla stregua del diritto vivente.

Quanto alla motivazione circa l’omessa acquisizione del provvedimento adottato dal Tribunale del riesame, l’argomentazione addotta – secondo cui il provvedimento in questione riguardava una fase processuale esaurita – risulta meramente apparente, in quanto la rilevanza di tale documentazione avrebbe dovuto essere apprezzata, congiuntamente agli altri documenti di cui veniva chiesta l’acquisizione, alla luce delle argomentazioni poste a sostegno della richiesta difensiva.

In tal senso, quindi, il punto di partenza per considerare la rilevanza o meno della documentazione, in funzione della sua acquisizione, era costituito dalla possibilità di pervenire ad un ulteriore tassello probatorio in vista della dimostrazione, o della smentita, che la fabbricazione del macchinario oggetto di imputazione fosse avvenuta con usurpazione del titolo di proprietà industriale.

In riferimento, infine, alla consulenza dello studio M. & P., la Corte di merito non ha considerato come il termine perentorio per il deposito della lista testimoniale è stabilito, a pena di inammissibilità, soltanto per la prova diretta e non anche per la prova contraria (Sez. 1, n. 10395 del 04/03/2022, Rv. 282962; Sez. 5 n. 416662 del 14/04/2016, Rv. 267863).

Non vi è alcun dubbio, quindi, che la motivazione della sentenza impugnata risulta, sul punto, manifestamente carente, posto che – proprio alla luce del diritto vivente e dell’estensione del concetto di prova documentale enucleabile alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Sez. 6, n. 22417 del 16/03/2022, Rv. 283319; Sez. 6, n. 33751 del 27/05/2021, Rv. 281981; Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021, Rv. 280758) -, non vi è alcun dubbio che il diniego di acquisizione di documentazione in funzione di prova debba passare attraverso la valutazione e la motivazione della sua irrilevanza ed ininfluenza ai fini decisori.

Di detta motivazione non si rinviene alcuna traccia nella sentenza impugnata; quest’ultima, pertanto, va annullata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello che, impregiudicata ogni valutazione circa la effettiva rilevanza e decisività della documentazione oggetto delle deduzioni difensive, dovrà, tuttavia, colmare la lacuna motivazionale sul punto, alla luce dei principi di diritto sin qui esposti.