Revoca e nomina nuovo difensore e richiesta termine a difesa: il giudice può legittimamente rigettare l’istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 7798 depositata il 22 febbraio 2023 ha stabilito che quando l’imputato revoca il difensore di fiducia e ne nomina uno nuovo che chiede un termine a difesa, il giudice può legittimamente rigettare la contestuale istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante, attesa la permanenza nell’incarico del primo difensore, il cui mandato mantiene efficacia fino alla decorrenza del termine a difesa, in forza di quanto previsto dagli artt. 107 e 108 cod. proc. pen.

La Suprema Corte rileva che non sussiste la dedotta violazione del diritto di difesa per mancanza di concessione del relativo termine, in quanto genericamente riferita ad un’indimostrata preclusione di poter prendere visione degli atti processuali e dei motivi di impugnazione proposti del precedente difensore; non risulta, infatti, specificato il concreto pregiudizio derivato alle ragioni della difesa, come – a titolo esemplificativo – la necessità di approfondimenti per la laboriosità delle imputazioni o per la complessità delle tesi avverse (sul difetto di specificità del motivo in assenza dell’indicazione del concreto pregiudizio derivante al diritto di difesa, v. Sez. 6, n. 34558 del 10/05/2012, Rv. 253276 – 01; Sez. 6, n. 28971 del 21/05/2013, Rv. 255629 – 01; Sez. 2, n. 1668 del 09/09/2016, dep. 2017, Rv. 268785 – 01).

In tema di mancata concessione del termine a difesa, la cassazione ha affermato che la rinuncia/revoca del mandato del difensore di fiducia non ha effetto finché la parte non sia assistita da un nuovo difensore, come nel caso in cui non sia decorso il termine a difesa concesso, ai sensi dell’art. 108 c.p.p., al nuovo difensore nominato, con la conseguenza che, in tale ipotesi, deve ritenersi legittima la trattazione del dibattimento alla presenza del precedente difensore rinunciante, in quanto la pendenza del termine a difesa funge da condizione sospensiva dell’efficacia della rinuncia al mandato ai sensi del terzo comma dell’art. 107 c.p.p. (Sez. 5, n. 38944 del 13 aprile 2015, Rv. 265503).

Ed ancora, si è affermato che quando l’imputato revoca il difensore di fiducia e ne nomina uno nuovo che chiede un termine a difesa, il giudice può legittimamente rigettare la contestuale istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante in ragione di un concomitante impegno professionale, e nominare per la celebrazione dell’udienza un difensore d’ufficio in sostituzione di quello originario non comparso, attesa la permanenza nell’incarico del primo difensore, il cui mandato mantiene efficacia fino alla decorrenza del termine a difesa, in forza di quanto previsto dagli artt. 107 e 108 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15778 del 17/03/2015 – dep. 16/04/2015, Rv. 263831).

A ciò si aggiunga che anche l’indirizzo giurisprudenziale della cassazione (Sez. 5, sentenza n. 38239 del 06/04/2016 Rv. 267787) che avversa un’interpretazione che tenda a vanificare il termine a difesa, riconosce che, comunque, la concessione del termine a difesa non debba comportare necessariamente la sospensione del procedimento per tutta la sua durata.

L’art. 108 non lo stabilisce espressamente – come ad esempio previsto nei casi disciplinati dagli artt. 519 e 520 c.p.p. -, ma nemmeno implicitamente, che altrimenti a perdere di significato sarebbe proprio il terzo comma dell’art. 107 c.p.p.

Non si comprenderebbe, infatti, la stessa ragione della proroga del difensore revocato o rinunziante se alcuna attività processuale dovesse essere svolta a causa della sospensione del procedimento, nel mentre proprio la previsione di tale proroga dimostra come il legislatore abbia, invece, presupposto che, nelle more del decorso del termine, possano essere compiuti atti che richiedono la presenza del difensore, anche al fine di evitare un uso strumentale della sostituzione del difensore funzionale a determinare la paralisi del processo (ipotesi che la prassi insegna non essere solo scolastica). L’apparente e latente conflitto tra gli interessi sottesi alle disposizioni citate deve dunque trovare un bilanciamento, il cui primo riferimento è proprio la scelta dei codificatori di non esprimere una regola rigida come quella di imporre la sospensione necessaria del procedimento.

L’urgenza processuale in grado di prevalere sull’effettività del termine a difesa non va quindi legata esclusivamente a determinate categorie di atti indifferibili per loro stessa natura, ma può rivelarsi in riferimento a qualsiasi adempimento processuale, spettando alla prudente valutazione del giudice individuare la regola di bilanciamento da applicare in relazione alle condizioni del caso concreto ed all’esito della comparazione tra l’urgenza dell’incombente e la compressione del diritto di difesa effettivamente imposto per procedervi, così come è sua facoltà, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, perfino negare la stessa concessione del termine a difesa ex art. 108 c.p.p. qualora ritenga che l’avvicendamento del difensore abbia natura strumentale alla mera dilatazione dei tempi processuali traducendosi in un abuso del diritto (Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, Rv. 251497).

Quindi, pure a voler considerare tali aspetti del ragionare, che collidono con una indiscriminata facoltà del giudice di procedere, in ogni caso, avvalendosi del difensore revocato o rinunziante, o di rigettare l’istanza di concessione di termine a difesa o di modularne la durata, in materia di diritto di difesa, il termine previsto dall’art. 108 cod. proc. pen. è, funzionale ad assicurare una difesa effettiva, e, tuttavia, non determina il diritto dell’imputato ad ottenere il rinvio dell’udienza in ogni caso di nomina tardiva rispetto all’udienza, dovendo lo stesso essere bilanciato con il principio della ragionevole durata del processo (Sez. 4, n. 48020 del 12/07/2018 – dep. 22/10/2018, W, Rv. 27403601; Sez. 5, Sentenza n. 32135 del 07/03/2016 Ud. (dep. 25/07/2016) Rv. 267804).

Si può chiosare rilevando che secondo la Suprema Corte, spetta alla prudente valutazione del giudice individuare la regola di bilanciamento da applicare in relazione alle condizioni del caso concreto ed all’esito della comparazione tra l’urgenza dell’incombente e la compressione del diritto di difesa effettivamente imposto per procedervi, così come è sua facoltà, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, perfino negare la stessa concessione del termine a difesa ex art. 108 c.p.p. qualora ritenga che l’avvicendamento del difensore abbia natura strumentale alla mera dilatazione dei tempi processuali traducendosi in un abuso del diritto.

Bisognerà augurarsi di trovare un giudice che abbia la capacità di una “prudente valutazione”.