Richiesta di trattazione orale dell’appello: non è necessario ribadirla in caso di rinvio o differimento dell’udienza (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 2^,  sentenza n. 3090/ (udienza del 27 ottobre 2022) tratta il tema degli effetti della richiesta di trattazione orale dell’appello.

Nella vicenda sottostante la difesa degli imputati aveva chiesto che il giudizio d’appello fosse tenuto nella forma dell’udienza partecipata ed aveva inoltre espressamente precisato che la richiesta era riferita all’intero giudizio e non soltanto all’udienza di trattazione.

Tenutasi la prima udienza secondo modalità conformi alla richiesta, la stessa era stata rinviata preliminarmente, mancando la prova della notifica ad uno degli imputati del decreto di citazione per il giudizio di appello.

All’udienza di rinvio, la Corte territoriale dava atto della mancanza di richiesta di trattazione orale da parte della difesa, della presenza delle conclusioni scritte del PG e dell’assenza di conclusioni scritte della difesa e riservava la decisione.

La difesa degli imputati ha impugnato la sentenza di secondo grado deducendo la nullità dell’intero giudizio di appello, in quanto definito all’udienza conclusiva sull’erroneo presupposto che non vi fosse istanza di discussione orale, procedendosi alla trattazione cartolare, in violazione del disposto dell’art. 23, comma 3, del d.l. n. 149 del 2020, in concreto, così incorrendo in una violazione del diritto di difesa.

Il collegio di legittimità ha accolto il motivo di ricorso.

Ha rilevato anzitutto che, in regime di ordinaria trattazione cartolare dei procedimenti pendenti dinanzi alle corti di appello, nell’ambito della disciplina emergenziale di contenimento della pandemia da Covid-19, la difesa ha tempestivamente assolto il proprio onere di richiesta di trattazione orale, in conformità al disposto di cui all’art. 23, comma 1, entro il temine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza, inoltrandola attraverso i canali telematici, come individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati in conformità al combinato disposto di cui ai commi 2 e 4 del medesimo art. 23.

Ha quindi ritenuto irragionevole la pretesa che la richiesta dovesse essere reiterata per le udienze successive, essendo previsto dall’art. 23, comma 1, cit. che la trattazione scritta – suscettibile di deroga a richiesta della parte – deve valere per la «decisione degli appelli» e non per le singole udienze; sicché anche la richiesta di trattazione orale non poteva che essere riferita alla decisione (e dunque all’intero procedimento che di norma si esaurisce in unica udienza in sede di gravame) e del resto la prima udienza, celebrata in presenza, confermava la correttezza del rito partecipato.

Ha richiamato precedenti conformi, essendo già stato chiarito che «in tema di disciplina emergenziale per il contrasto alla pandemia da COVID-19, la richiesta di discussione orale ai sensi dell’art. 23, comma 3, del d.l. 9 novembre 2020, n. 149, riferendosi alla decisione dell’appello e non alla singola udienza, non va reiterata in caso di rinvio o differimento d’ufficio dell’udienza, con la conseguenza che, se il processo venga nondimeno definito con rito camerale non partecipato, si radica una nullità generale a regime intermedio per violazione del principio del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione» (Sez. 6^, sentenza n. 8588 del 12/1/2022, Rv. 283002; Sez. 5^, sentenza n. 44646 del 14/10/2021, Rv. 282172; da ultimo, Sez. 1^, sentenza n. 36340, del 17/6/2022, n.m.).

Ha quindi concluso nel senso che lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato nel caso in esame ha determinato una nullità generale a regime intermedio per violazione del principio del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione, in relazione al giudizio d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale di contenimento della pandemia da Covid-19, ove il difensore dell’imputato abbia inoltrato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale.

Ha conseguentemente annullato con rinvio la decisione impugnata.

Massima

Riguardo alla disciplina emergenziale per il contrasto alla pandemia da COVID-19, la richiesta di discussione orale ai sensi dell’art. 23, comma 3, del d.l. 9 novembre 2020, n. 149, riferendosi alla decisione dell’appello e non alla singola udienza, non va reiterata in caso di rinvio o differimento d’ufficio dell’udienza, con la conseguenza che, se il processo venga nondimeno definito con rito camerale non partecipato, si radica una nullità generale a regime intermedio per violazione del principio del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione.

Commento

La decisione di legittimità qui commentata fa giustizia di un atteggiamento pretenzioso e ingiustificamente formalista che troppo spesso si manifesta nelle aule giudiziarie e che non a caso è stato censurato più volte dalla Corte europea dei diritti umani, da ultimo nella sentenza Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 (rinvenibile a questo link) a proposito del diverso tema dell’autosufficienza del ricorso pretesa dalla giurisprudenza di legittimità.

La cornice di simili prassi d’aula pare essere sempre lo stessa: lo sfavore verso qualunque attività che implichi la presenza e la partecipazione attiva ed efficace della difesa al contraddittorio, l’imposizione a tal fine di oneri vessatori di pura e scadente creazione pretoria, la pretesa di lasciare le mani quanto più libere possibile al giudice sul presupposto “ideologico” che costui, senza impacci formali, restituisce una giustizia più veloce e più giusta.

Una pretesa aberrante che, almeno in questo caso, i giudici di legittimità hanno correttamente respinto.