Pubblicazioni di immagini personali non autorizzate: quando non è necessario il consenso della persona ritratta (di Riccardo Radi)

In tema di autorizzazione dell’interessato alla pubblicazione della propria immagine, le ipotesi previste dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 97, comma 2, ricorrendo le quali l’immagine può essere riprodotta senza il consenso della persona ritratta, sono giustificate dall’interesse pubblico all’informazione, determinando una pretesa risarcitoria solo se da tale evento derivi pregiudizio all’onore o al decoro della medesima. (Cass. Civ., sez. III, ord. 25 gennaio 2023, n. 2304)

La cassazione osserva che il quadro normativo entro cui occorre ricondurre la vicenda in esame si muova attorno al combinato disposto dell’art. 10 c.c. (relativo al c.d. abuso dell’immagine altrui), artt. 96 e 97 (riguardanti l’esposizione, la riproduzione o la messa in commercio del ritratto di una persona) e del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 136-137 (c.d. codice della privacy) nel testo applicabile ratione temporis (26/3/2005) (riguardanti il trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica); -secondo l’art. 10 c.c.: “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni“; -secondo la L. n. 633/41, art. 96, comma 1, “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente“.

Secondo la L. n. 633/41, art. 97: “Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”.

Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta.

Secondo il D. Lgs. n. 196 del 2003, art. 137 (vigente al 26/3/2005):

1. Ai trattamenti indicati nell’art. 136 (relativi all’attività giornalistica, n. d.e.) non si applicano le disposizioni del presente codice relative:

a) all’autorizzazione del Garante prevista dall’art. 26;

b) alle garanzie previste dall’art. 27 per i dati giudiziari;

c) al trasferimento dei dati all’estero, contenute nel Titolo VII della Parte I.

2. Il trattamento dei dati di cui al comma 1 è effettuato anche senza il consenso dell’interessato previsto dagli artt. 23 e 26.

3. In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all’art. 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’art. 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.

Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico“.

In relazione a tali temi vale inoltre considerare come, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, ai sensi dell’art. 10 c.c., nonché degli artt. 96 e 97 della L. n. 633/1941 sul diritto d’autore, la divulgazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato è lecita soltanto se ed in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, non anche quando sia rivolta a fini pubblicitari (Sez. 1, Sentenza n. 1748 del 29/01/2016, Rv. 638444 – 01; anche Sez. 1, Ordinanza n. 19515 del 16/06/2022, Rv. 664972 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 8880 del 13/05/2020, Rv. 657866 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1748 del 29/01/2016, Rv. 638444 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17211 del 27/08/2015, Rv. 636902 – 01).

Peraltro, in tema di autorizzazione dell’interessato alla pubblicazione della propria immagine, le ipotesi previste dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 97, comma 2, ricorrendo le quali l’immagine può essere riprodotta senza il consenso della persona ritratta, sono giustificate dall’interesse pubblico all’informazione, determinando una pretesa risarcitoria solo se da tale evento derivi pregiudizio all’onore o al decoro della medesima.

La Cassazione ha avuto modo di affermare che, a tale stregua, la persona colta da una ripresa televisiva (poi mandata in onda), senza il suo consenso, in una stazione ferroviaria ed in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, tra cui anche numerosi partecipanti alla manifestazione nota come gay pride, avvenimento di interesse pubblico, non ha diritto al risarcimento, non essendo invero configurabile la sussistenza di un danno, in quanto in relazione al contesto la possibilità di essere individuato costituisce “un rischio della vita” che non ci si può esimere dall’accettare (v. Sez. 3, Sentenza n. 24110 del 24/10/2013, Rv. 628877 – 01).

Tanto premesso, osserva la Suprema Corte come la sentenza impugnata si sia correttamente inserita entro l’essenziale perimetro normativo e giurisprudenziale sin qui sinteticamente richiamato, avendo il giudice d’appello diligentemente sottolineato come l’immagine diffusa dagli originari convenuti si presentasse con caratteristiche tali da escludere in radice ogni possibile pregiudizio all’onore, al decoro o alla reputazione del A.A., essendo stata tratta da una cerimonia svoltasi in pubblico (circostanza di fatto sulla cui ricostruzione probatoria non è evidentemente consentito discutere in questa sede di legittimità), ed essendo risultata, nel contesto complessivo della pubblicazione entro la quale fu inserita, sostanzialmente dotata di ‘essenzialità’ rispetto al contenuto informativo di interesse pubblico dell’articolo di accompagnamento (“la foto (…), nel testimoniare un clima di amicizia tra residenti e immigrati risulta più che proporzionata rispetto all’articolo di riferimento“.

La valutazione operata dal giudice di merito, circa la coerenza del ritratto oggetto d’esame con la pubblica diffusione di informazioni concernenti una cerimonia pubblica connessa al tema dei rapporti tra la popolazione residente e il fenomeno dell’immigrazione (tema ritenuto tale da giustificare, in termini di ragionevole condivisibilità, la considerazione del pubblico interesse), deve ritenersi pertanto operata nel pieno rispetto delle norme richiamate, oltre che adeguatamente giustificata, in fatto, sulla base dei dati oggettivi in concreto riscontrati, sì da sottrarsi integralmente alla censura in questa sede avanzata dal ricorrente.