L’incriminazione dell’on. Delmastro Delle Vedove per rivelazione di segreto d’ufficio, l’opinione di Nordio e le parole della Corte costituzionale (di Vincenzo Giglio)

Il Ministro della Giustizia, on. Carlo Nordio, si è presentato per il question time alla Camera (a questo link per la notizia riportata da GNewsonline.it e per accedere al video dell’evento) per rispondere ad un’interrogazione di vari parlamentari del Movimento Cinque Stelle che chiedevano notizie su eventuali iniziative volte alla revoca dell’incarico di sottosegretario di Stato all’on. Andrea Delmastro Delle Vedove.

La posizione degli interroganti, condensata in una dichiarazione dell’on. Cafiero De Raho (a questo link per il reportage del quotidiano Il Dubbio), è che il sottosegretario dovrebbe essere rapidamente rimosso dal suo incarico per avere rivelato atti segreti, a prescindere dal fatto che sia anche indagato dalla Procura di Roma per la relativa ipotesi di reato, formulata in relazione alla divulgazione di un’informativa del DAP sul contenuto di conversazioni intrattenute da Alfredo Cospito con altri detenuti anch’essi soggetti al regime ex art. 41-bis Ord. Pen.

Il Ministro Nordio è di tutt’altro avviso. Ribadisce nel question time quanto aveva già dichiarato in precedenza: l’atto cui è legata l’apertura del procedimento penale non è classificato secondo uno dei quattro livelli previsti dall’ordinamento (riservato, riservatissimo, segreto, segretissimo) e gli era stata semplicemente apposta la dicitura “a limitata divulgazione” che non implica alcuna segretezza o riservatezza ma una mera indicazione ad uso amministrativo. Aggiunge che la classificazione è di esclusiva competenza dell’autorità istituzionale che forma l’atto e si creerebbe una contraddizione di sistema se l’autorità giudiziaria potesse sindacare l’uso o il non uso che l’autorità competente fa del suo potere di classificazione. Lascia intendere che se tale sindacato venisse esercitato determinerebbe un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato che giustificherebbe la chiamata in causa della Corte costituzionale.

Questi i fatti.

Va subito detto che la posizione del Ministro Nordio è formalmente ineccepibile e trova una solida sponda normativa nella Legge n. 124/2007.

Ulteriori confermi si rinvengono nella giurisprudenza di legittimità.

Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 13649/2022 (udienza del 9 settembre 2021) si è occupata di temi affini, sollecitata dal ricorso di un ufficiale della Marina accusato di spionaggio politico e militare.

Vari passaggi della decisione rafforzano la tesi del Ministro.

Vi si riconoscono infatti il rilievo formale della classificazione e delle ragioni normative che la giustificano e si richiama la sentenza n. 106/2009 con la quale la Corte costituzionale risolse il conflitto di attribuzioni nato dal caso della cosiddetta extraordinary rendition di Abu Omar.

Sono quanto mai significative le argomentazioni usate in quel caso dalla Consulta sulla spettanza del potere di segretazione che, implicitamente, si estendono anche al non uso di quel potere:

ferme restando le competenze di questa Corte in sede di conflitto di attribuzioni – qualsiasi sindacato giurisdizionale non solo sull’an, ma anche sul quomodo del potere di segretazione, atteso che «il giudizio sui mezzi idonei e necessari per garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica e, quindi, mentre è connaturale agli organi ed alle autorità politiche preposte alla sua tutela, certamente non è consono alla attività del giudice». Pervenire, difatti, a differente conclusione «significherebbe capovolgere taluni criteri essenziali del nostro ordinamento» (a cominciare da quello secondo cui «è di regola inibito al potere giurisdizionale di sostituirsi al potere esecutivo ed alla P.A. e, quindi, di operare il sindacato di merito sui loro atti») e, soprattutto, «eliminare praticamente il segreto» (sentenza n. 86 del 1977). Le modalità di esercizio del potere di segretazione restano, dunque, assoggettate ad un sindacato di natura parlamentare, tale essendo «la sede normale di controllo nel merito delle più alte e più gravi decisioni dell’Esecutivo», giacché «è dinanzi alla rappresentanza del popolo, cui appartiene quella sovranità che potrebbe essere intaccata (art. 1, secondo comma, della Costituzione), che il Governo deve giustificare il suo comportamento ed è la rappresentanza popolare che può adottare le misure più idonee per garantire la sicurezza» a presidio della quale, come si è visto, si pone la disciplina in materia di segreto (ancora sentenza n. 86 del 1977)“.

Non pare ci sia altro da aggiungere.